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Cimitero “Lazaret of the Abyss”

Full-length, Gentle Exhuming Records, 2010
Genere: Death Metal

Questo combo tutto italiano chiamato Cimitero (nome tanto semplice quanto geniale a mio avviso!) è al proprio debutto, ma in realtà vi troviamo all’interno alcuni membri provenienti dai più “navigati” Mortal Fungus: stiamo parlando di Moonbeam e Frank Wells.
Come i Mortal Fungus, anche i Cimitero ci propinano un lavoro che fa dell’ignoranza e dell’intransigenza musicale e attitudinale le proprie credenziali, dove i rimandi alla vecchia scuola death metal sono tanto evidenti quanto quasi commoventi, data la passione verace che questi brani trasudano verso quei nomi che per primi hanno forgiato uno stile unico e totalmente decomposto e putrescente di metallo della morte, quindi parliamo di gente come primi Death, Autopsy, Obituary, ma anche una spruzzata di Grave o Unleashed degli albori. Detto questo la recensione potrebbe finire anche qui, le coordinate sulle quali si muovono i nostri sono credo ben chiare. Tuttavia mi preme sottolineare come la band non sia proprio banale o frutto di una operazione di un copia-incolla fatto ad arte dai nomi sopracitati, ma che ci mette un pizzico di proprio nell’affrontare questa materia.

L’apertura è di quelle che travolgono, con “Necropolis” che piazza colpi ben assestati ai nostri timpani. Il drumming è minaccioso ma mai eccessivamente veloce, la distorsione rimanda sia alla coppia d’asce degli Obituary che alla rozzezza made in Sweden e il tiro è assicurato. Con la seconda “Death and Putrefaction”, il cerchio si apre allargandosi ai mitici Celtic Frost, ma inevitabilmente si richiude dove era partito, ritornando nuovamente ai tanti discepoli che questa band ha creato in ambito estremo, così come lo stesso discorso si può fare con “Cult Of The Saints”, aperta da un buon riffing molto groovy che si aprirà molto presto verso soluzioni maggiormente d’impatto. Non male nemmeno la parti di chitarra solista, brevi ma incisive.
La band dimostra anche che quando c’è da cimentarsi in parti più articolate se la cava dignitosamente, come dimostra la buona title-track che si divincola tra diversi cambi di tempo e un buon lavoro da parte della chitarre sia in fase ritmica, con un riffing a tratti piuttosto variegato, che solista. Le parti di voce si alternano tra scream e growl, il primo ad opera di Moonbeam e il secondo affidato a Frank Wells, e a volte le due timbriche si sovrappongono creando un mood che mi ha ricordato anche i Carcass.

Penso che la solfa si sia capita, e non sarà un brano con accenni più o meno thrash come ad esempio “Ritual Incineration” a dare un’impronta diversa a quella che è l’essenza di questo disco, ovvero puro death metal. Certo, questo “Lazaret of the Abyss” non inventa nulla di nuovo, non cambia di una virgola la scena death metal per come la conosciamo e non è esente da pecche, tra cui mi permetto di citare la registrazione che non è il massimo. Sono ben conscio che un genere come questo non necessita di suoni levigati e/o artificiali, ma a volte la batteria suona davvero piatta e il sound in generale manca di carica, di potenza. A parte ciò, credo che molti "die hard fans" del genere gradiranno non poco questo disco e mi raccomando, non vi permettete nemmeno minimamente di pensare di trovare nemmeno una piccolissima traccia di modernismo qui dentro, significherebbe che nemmeno dopo aver letto bene tra le righe di questa recensione, avete capito di che death metal stiamo parlando, e questo sarebbe un po’ grave, scusate se ve lo dico.
“Lazaret of the Abyss” è un piacevole deja-vu, che con poche pretese riporta a galla ciò da cui tutto è partito.

Recensione a cura di: Kosmos Reversum
Voto: 65/100

Tracklist:
1.Necropolis
2.Death and Putrefaction
3.Cult of the Saints
4.Hallucinating Agony
5.Lazaret of the Abyss
6.Under the Tombstone
7.Ritual Incineration
8.Souls of the Dead

http://www.myspace.com/cimiterium

1 commento:

  1. Ancora grazie della rec positiva...accetto di buon grado le critiche al sound, preciso comunque che abbiamo volutamente evitato come la peste l'editing stile codice a barre che va tanto di moda, che fa suonare tutto perfettino e tremendamente asettico. Abbiamo suonato e registrato il più "live" possibile. Anzi, "dead", parafrasando gli Obituary...

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