Vuoi qui il tuo annuncio? Scrivi a: hmmzine@libero.it

Alcest "Les Voyages de l'Âme"

Full-length, Prophecy Productions, 2012
Genere: "Shoegaze"/"Avantgarde"


PREMESSA: Abbiamo fatto esaminare l'ultimo lavoro di Alcest a due recensori differenti, i quali hanno avuto sostanzialmente due pareri diversi. Riteniamo quindi interessante poter leggere entrambi i pensieri. Buona lettura.

PRIMA RECENSIONE

Mi sono preso tutto il tempo di questo mondo per recensire l'ultima uscita discografica di quello che è il mio ultimo amore in ordine d'arrivo, la creatura di Neige, sì quel Neige lì, che è stato capace, attraverso le sue precedenti creazioni di emozionarmi come pochi altri artisti.
Proprio lui, che in virtù di quella che consideravo inesauribile ispirazione riusciva a dar voce a paesaggi fiabeschi. L'uomo che ha composto la poderosa suite Ecailles de Lune (venti, memorabili, minuti di pura estasi sensoriale).

Mi ha deluso, ve lo posso anticipare immediatamente, senza uso di preliminari, di inutili preamboli: il suo blackgaze, usando un termine ora in voga nella rete per definire la sua musica, si è parso quanto di più statico, quanto di più banale potessi udire. Non manca la qualità, poiché essendo il nostro una persona di indubbio talento non permette al suo prodotto di valicare l'infame soglia dell'insufficienza, ma difetta in modo marcato l'anima perfezionista, in perpetuo anelito di miglioramento, tratto distintivo del musicista di Parigi.
Dietro ai soliti arpeggi in lieve distorsione, alle armonizzazioni fra chitarra e voce, colonne portanti della maggior parte delle composizioni del francese, impossibili da dimenticare, al lavoro incessante di un encomiabile Winterhalter dietro alle pelli, non scorgo una dimensione onirica, un ponte proteso verso le dinamiche del fantastico. (almeno ad un primo ascolto, leggere più avanti per comprendere il mio graduale mutamento).

Unicamente una piatta (a volte) ripetizione degli stilemi consolidati, che certamente si lasciano apprezzare, evidenziando se ce ne fosse bisogno, l'abilità comprovata del master mind nell'intessere complesse articolazioni, restando tuttavia fedele alla linea della semplicità. Da censurare però, ribadisco, certe derive nello stereotipo, certe stanchezze a livello di song-writing alle quali mai eravamo stati abituati: purtroppo il consueto dualismo melodia suadente,dolce contrapposta magari alla violenza della timbrica in scream, un po' fuori luogo (per tonalità), non può perennemente donare freschezza ad un percorso artistico giunto ad un episodio importante, visto che non siamo dinnanzi né ad un timido esordio, né ad un Ep di transizione, né ancora ad un lavoro composto in un momento di instabilità della line-up, come spesso capita. Quindi il risultato, a mio avviso, trattandosi di un allievo eccellente, è di molto sotto le aspettative.
Gli episodi notevoli comunque ci sono: cito per dovere di cronaca la title track, oppure la spensierata Summer's Glory in chiusura, dagli interessanti passaggi in pulito, oppure il singolo estratto ed utilizzato per la promozione Autre Temps dall'introduzione ipnotica, che assieme alle sue compagne ,donzelle che incontriamo appena scartata la confezione contenete il disco, forma un trittico di bellezza eterea. Ma sono compensati dall'altra, nefasta, metà del full, spenta, trascinata, quasi pachidermica nel suo incedere, che a lungo andare costringe l'appassionato  ad escluderla dalla sua personale playlist, correndo a rifugiarsi nelle consolatorie canzoni degli album passati.

Anche a livello di produzione, il transalpino sembra non aver centrato appieno l'obbiettivo, in quanto le vocals appaiono oltremodo sullo sfondo, esacerbando un difetto, a mio opinione, oramai atavico. Non avendo Neige la potenza necessaria per imporsi sopra il mare commosso chitarre, abbandonate prive di qualsiasi controllo, sarebbe stato proficuo curare in misura decisamente maggiore il volume concesso alla sua ugola: non è possibile dover compiere uno sforzo notevole per distinguere le parole. Può essere una scelta stilistica, che benché ne infici in parte la fruizione, potrebbe per sua stessa definizione avere una dignità intellettuale, ma resta un punto di evidente debolezza. Lo stesso discorso fa sviluppato per il basso, il quale, eccetto alcuni pregevoli passaggi, ad esempio i primi due minuti di Autre Temps dove è non solo perfettamente udibile, ma anche protagonista assieme ad una dimessa sezione ritmica, scompare nella massa informe plasmata dalle sei corde, i cui intrecci spesso e volentieri sovrastano impietosamente le acrobazie dei vicini. Purtroppo tale caratteristica si riscontra in una quantità di rilievo di lavori appartenenti in qualche modo al genere preso in considerazione, ma ciò, ovviamente, non funge da scusante. Interessante invece la resa della batteria, che aggiunge punteggio alla valutazione impegnandosi in figure ritmiche sovente avulse dalla scansione temporale degli strumenti a corda, apparendo, come già detto, cuore pulsante  ed impalcatura degli Alcest.

Però, nonostante l'insieme di sensazioni contraddittorie, non riesco a separare arte e visioni suscitate da essa. Ci provo, ci riprovo, cogito attorno alla delusione, macero la carne....no non posso. L'innata dote nel trascinare anche il più scettico degli ascoltatori in un mondo ancora in equilibrio fra sofferenza, tensioni epiche, morale ed etica è qualcosa che sfugge alle mie capacità di recensore. Se qualcuno, incerto, mi chiedesse il motivo per cui bisogna acquistare un album, o quest'album, del progetto francese, non avrei dubbi. Il bosco ovattato, ammantato dalla dolce Notte, sovrana del regno dei sogni, delle inquietudini, del sospeso. L'oceano dell'animo, l'accampamento in cui trascorrere qualche ora di meritato riposo, le vette distanti, spruzzate di candore, tipico dell'infanzia. Poi le urla, gli incubi, i racconti malinconici attorno ad uno strepitante fuoco, assieme ad individui con cui mai più si avrà l'opportunità di incrociare i destini.
Oppure un viandante solitario, sposo delle nuvole e della nebbia. Certi sentimenti, pur soppesando i lati tecnici non proprio positivi, non si riesce a reprimerli, ad essere pienamente oggettivi.
Perciò, meno di così, non mi sento in cuor mio di dare (malgrado le mie iniziali perplessità!).

Recensione a cura di: Thanatos 
Voto: 80/100


SECONDA RECENSIONE:

Tanto per cominciare, premetto che recensendo un disco del genere non riesco in nessun modo a non buttarla molto sul personale, a distaccarmi da un giudizio del tutto soggettivo...Tanto rispetto per la scena francese, per essere forse quella attualmente in maggior fermento! Le band provenienti da essa sono quelle che in qualche modo tengono maggiormente alto il nome del black metal in questo momento. Ma la cosa che mi meraviglia (negativamente) è che per molti giornali, anche importanti, gli Alcest di Neige figurino tra queste sonorità!

Mi è capitato di leggere recensioni in cui parlando di una presunta corrente, di provenienza per lo più francese, che sperimenta sui ristretti canoni dell'ormai ultra-ventenne metallo nero, il nome di questa band veniva accostato a quello di band come Deathspell Omega o Glorior Belli (!); partendo dal presupposto che le etichette sono sempre un male, e che il termine "post-black" in se significa ben poco, la mia domanda in primis è: come si fa a ricondurre questa musica anche solo lontanamente al metal estremo? E qui giustamente il più elitario ascoltatore di "larghe vedute" potrebbe dire: "...E allora?". Infatti è proprio qui che voglio arrivare, a questo "Les Voyages de l'ame": la negatività del mio voto non va al genere in se (che molto mi ricorda una versione smielata degli ultimi Katatonia), perchè per recensire in una zine anche metal, bisogna per un attimo cercare di uscire dai panni del metalhead fondamentalista e incazzato; il mio giudizio è anche indulgente verso una band che in fin dei conti saprà anche comporre materiale discreto, saprà anche creare atmosfera, saprà suonare e certamente anche stupire con una melodia particolarmente d'effetto...ma ancora di più in questo ultimo album che negli altri, la loro proposta tanto melodica e ruffiana, mi sembra riconducibile a certo gothic rock leggermente malinconico, che tanto è una carta vincente verso il grande pubblico...poi potrò anche sbagliarmi!

Neige è comunque figlio di quella tendenza black francese neo-romantica e decadente che spalleggiava le Legiones Noires nella loro "ultima fase di vita", che personalmente nemmeno apprezzo perchè credo che strida fortemente con l'attitudine di fondo del genere (mi riferisco a Celestia, Peste Noire o Mortifera). Voglio quindi anche confidare nel fatto che a detta sua queste melodie sottilmente decadenti presenti nel disco, alcune magari anche piacevoli altre invece lagnose, siano la proiezione delle suggestioni oniriche di cui tanto parla nelle sue numerose interviste: a questo proposito però voglio anche ricordare che per viaggi onirici ben più forti e suggestivi esistono i dischi degli Ulver e di tante altre band simili, che incarnano un altro livello di bravura e di spirito...C'è poco altro da dire credo.

Inutile girarci intorno, inutile che citi un brano piuttosto che un altro, che preso singolarmente potrebbe pur essere un bel motivo anche originale alle orecchie di molti, ma questo è un disco che nella sua interezza è più debole di quanto sembri e può anche annoiare l'ascoltatore più erudito ed aperto.

Recensione a cura di:  Static Chaos  
VOTO: 55/100



Tracklist:
1. Autre Temps 05:50
2. Là Où Naissent les Couleurs Nouvelles 08:50
3. Les Voyages de l'Âme 07:00
4. Nous Sommes l'Emeraude 04:20
5. Beings of Light 06:11
6. Faiseurs de Mondes 07:57
7. Havens 02:11
8. Summer's Glory 08:05

DURATA TOTALE: 50:24


Nessun commento