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Nar Mattaru "Enuma Elish"

Full-length, I, Voidhanger Records, 2012
Genere: Death Metal

Conclusioni contrastanti provengono dall’ascolto del primo full-length dei cileni Nar Mattaru: da un lato, la precisa sensazione d’aver attraversato un sulfureo universo, ben rappresentato letterariamente dai miti di H.P. Lovecraft, dall’altro d’aver sofferto per un’ora la tentazione inesorabile di fissare con sguardo avido l’orologio.L’incredibile pesantezza dell’opera rilasciata dai sudamericani e poi ripresa dai ragazzi della I, Voidhanger, è offerta dalle chitarre ribassate, dall’atmosfera creata ad arte, tramite linee vocali oltretombali, giri soffocanti di un basso le cui frequenze devastano le pareti di casa, la natura essenzialmente ruvida dei tamburi della batteria, la quale sembra provenire da un’era in cui il calendario non ha mia superato metà anni novanta, restando quindi bloccata in una sorta di metafisico limbo. Fin qui, si sottolinea, sono esposti, con veduta d’uccello, i lati tecnici positivi. Vediamo i contrappunti: tracce soporifere se somministrate ad un ascoltatore sulla media-lunga distanza. Arduo reggere episodi che sfiorano abitualmente i sette-otto minuti privi di macroscopiche variazioni o novità degne di nota rimanendo desti ed imperturbabili.

Indicibili dilungamenti le cover inserite a rimpolpare una track-list già di per sé sufficiente a garantire un minutaggio adeguato. Violenza stemperata nel fiume di riff interpretati dagli strumentisti: un assalto all’arma bianca, ignorante, tagliente, grezzo di tre minuti, duole ammetterlo da amante delle narrazioni sviluppate sull’asse temporale, svolgono il loro mestiere meglio di nove minuti di aggressione psicologica, basata, essendo l’attenzione media suscettibile di crollo verticale, sulla capacità di ipnotizzare il fruitore, avvolgendolo in spirale via via più strette. Occorre, ovviamente, un maestria che, data la presumibile giovinezza artistica, i nostri non posseggono oppure, se si desidera essere generosi, non padroneggiano con disinvoltura. Unica eccezione alla regola la monumentale prestazione in Enslaved To The Inferior World, trascinante, malsana, mozzafiato. Tuttavia essa giunge in ritardo, quando il viandante si è già imbattuto in crocicchi che hanno messo a dura prova la sua resistenza e freddezza intellettuale.

Ben interessanti, tornando a discorrere ad un livello prettamente tecnico, ad un esame attento, risultano gli incroci tra scream e cavernoso growl, benchè rari, le accelerazioni massicce della sezione ritmica (blast-beat mutuati la cui efferatezza rimanda al black), alcuni passaggi della chitarre (quattro) ritmiche e soliste, atti a donare dinamismo ad un lavoro il quale, altrimenti, si presenterebbe eccessivamente monolitico, nonché destinato a morte prematura.
Ulteriore punto su cui discutere è la produzione su cui si è scommesso: benché il risultato globale aderisca perfettamente alle tematiche affrontate dal terzetto (più due ospiti) dal paese di Allende, cioè la mitologia pre-sumera, nella quale Nar Mattaru, stando al poema epico della creazione (eponimo del titolo del disco) Enuma Elish, il Grande Oceano Sotterraneo, la resa sonora poteva (e forse doveva) essere maggiormente curata, in quanto non di rado la direzione della traccia non appare chiara e distinta.
Ciò accade in primis allorché la velocità aumenta, evidenziando i limiti tutti di un missaggio il quale penalizza vistosamente il doppio pedale (sovente un leggermente fastidioso sottofondo), e i piatti, sfrigolanti quando percossi. Non convince pienamente nemmeno il trattamento riservato ai tom impiegati di frequente nell’accompagnamento delle introduzioni al tema principale delle tracce. Non si distinguono distintamente (mentre low-tom, mid-tom, high-tom dovrebbero avere una natura differente, personale), né sono nelle vesti di sostenere adeguatamente le misurate acrobazie delle sei corde.

In conclusione, una prima fatica sulla distanza regina che procede claudicando, scevra da istanti realmente memorabili, od almeno, superiori alla media del death metal old-school, fatto di miasmi, vapori catacombali ed esoterismo. Difficile è intuire la ragione per cui la sempre attenta Voidhanger abbia preso la decisioni di accogliere nel suo roster i Nar Mattaru, pur dando per assodata la proiezione futura dell’ensemble (se contengono le divagazioni la creatura cilena sarà da seguire con attenzione, potrebbero intraprendere il sentiero dei Grave), vista il suo completo allineamento con la tradizione, concetto poco accolto nel circolo dell’etichetta siciliana (solitamente pervaso da spirito sperimentale ed avanguardistico, si veda la lista di uscite per comprendere!).
Detto quanto sopra, promozione di incoraggiamento.

Recensione a cura di: Winterstorm
Voto: 62/100

Tracklist:
1. Uttuk Xul (The Ancestral Ritual) 07:20
2. Eternal Night Dominion 09:11
3. In the Abyss of Time 06:17
4. Tirano Constrictor (Kratherion cover) 05:37
5. Twisted Mass of Burnt Decay (Autopsy cover) 02:15
6. Nar-Mattaru 08:05
7. Under Endless Spheres 07:18
8. Enslaved to the Inferior Universe 09:03
9. Abolishment of Immaculate Serenity (Incantation cover) 07:37

DURATA TOTALE: 01:02:43


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