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Dream Theater "Awake"

Full-length, Atlantic Records
(1994)
 
Il 4 Ottobre del 1994 veniva pubblicato uno dei massimi capolavori dei Dream Theater, nonché pietra miliare del progressive metal: "Awake". L’album, registrato tra maggio e luglio dello stesso anno, fu partorito non proprio sotto i migliori auspici, dal momento che l’amato tastierista della band, Kevin Moore, lasciò la band proprio dopo le registrazioni dell’album a causa di divergenze con il batterista Mike Portnoy. Per i fan fu una vera mazzata sui denti e molti, sia fan che detrattori, ritennero che la band fosse sul punto di sciogliersi definitivamente. Se aggiungiamo poi il fatto di dover eguagliare e, possibilmente, bissare il successo senza precedenti di un album come "Images And Words", non dobbiamo stupirci del clima di diffidenza che accolse questo platter. In occasione del ventennale dalla sua uscita, ho deciso di ripescare questa perla, che ancora oggi ritengo fondamentale per lo sviluppo del prog metal (e della mia formazione musicale).
 
Veniamo all’album che sin dalla prima nota, presenta notevoli differenze con il suo predecessore, a partire dal sound, molto più dark e pesante, dettato da tappeti di tastiera opprimente e riffoni di chitarra al limite, che oggi potremmo prendere d’esempio come prototipi del djent (esempio lampante è l’accoppiata "The Mirror"-"Lie"). Infatti, per la prima volta Petrucci usa una chitarra con sette corde, soluzione portatrice di nuove sonorità più cupe e incazzate, che riflettono il clima di dissidio interno alla band.
Questo enorme trip mentale di 71 minuti circa si apre con la doppietta "6:00" e "Caught in a Web", la prima caratterizzata da un groove di batteria sfasatissimo, il brano presenta poi nuove sfumature con tastiere quasi futuristiche ed elettroniche che mettono in mostra la freschezza di idee di un Moore in grande spolvero. James LaBrie canta con una voce acida e graffiante, quasi non sua. Stessa cosa vale per la seconda, "Caught in a Web", molto contorta in fase solista e che lascia spazio alla melodia solo nel ritornello. "Innocence Faded" lascia spazio alla melodia che lascia trapelare un raggio di sole in tutta la cupezza ottenebrante dell’album. Il cantato dolcissimo del buon La Brie regala brividi a non finire e tocca tonalità inarrivabili
per circa tre quarti dei cantanti metal. Mostruoso.
 
Ci troviamo di fronte alla tripletta di "Erotomania", "Voices", "The Silent Man", che costituiscono la “suite” di "A Mind Beside Itself". Il termine suite è da prendere con le pinze poichè ritengo che le canzoni si possano ascoltare anche come singole e non solo come unico brano e soprattutto sull’album c’è scritta pure la tripartizione. La prima, "Erotomania", è una strumentale epica da gustare in religioso silenzio, la seconda, "Voices", cupissima e quasi paranoica, lascia un senso di disorientamento nel suo variare per ben tre volte arrangiamento e tema musicale. Geniale.
E dopo la quiete e le atmosfere riflessive di "The Silent Man", ci rituffiamo nella cattiveria pura di "The Mirror", caratterizzata da un riff costituito da una sola nota, ripetuta con cadenze e tempi differenti, che fa da tappeto ritmico a tastiere sinistre. Il brano mette in mostra le capacità di Kevin Moore, a supporto di un La Brie stratosferico nella sua interpretazione. La successiva "Lie", da sempre un classico della band, proposta normalmente in accoppiata con la annichilente "The Mirror". Il brano, come la precedente mette però in mostra le doti del chitarristi John Petrucci, come dimostrano i due assoli presenti nella canzone. Piccola curiosità: se ascoltate attentamente il brano, poco prima del secondo assolo di chitarra, la band suona per pochi secondi il riff potante di "The Mirror". E finalmente, dopo la tempesta, la quiete: tastiere sulferee e i caldi rintocchi di basso introducono la poetica e decadente "Lifiting Shadows Of a Dream", canzone che mi ricorda molte atmosfere tipiche dei The Cure.
"Scarred" è il brano più lungo dell’intero album, ben 11 minuti di durata! Il pezzo, inizia con atmosfere psichedeliche, cresce di intensità con una sezione centrale cadenziata e pestona, dove un immenso James LaBrie tocca di nuovo note molto alte; continua in uno sfaso strumentale ad alto tasso tecnico con temi dispari e duelli di chitarra e tastiera e conclude in maniera maestosa. Arriviamo a fine album con "Space- Dye Vest", canzone molto atmosferica dove un pianoforte di ispirazione classica culla l’ascoltatore e contrasta con l’arpeggio di chitarra e le linee vocali cupe, nostalgiche e decadenti. Sembra più un brano degno dei migliori Paradise Lost, tuttavia la canzone ha una forte personalità e tocca l’animo: non c’era modo migliore di concludere l’album.

Personalmente il disco lo ritengo giusto un peletto sotto "Images and Words" per qualità e quantità, un lotto di canzoni superbe e impossibili da criticare in negativo sotto ogni punto di vista. "Awake", insieme alla pietra miliare di "Images and Words" e "Metropolis part 2: Scenes From a Memory" merita di sicuro il terzo posto tra i lavori migliori dei Dream Theater. Obbligatorio per tutti i fan del progressive, sia rock che metal.
 
Recensione di: Stefano Paparesta
Voto: 95/100
 
Tracklist:
1. 6:00 05:31 
2. Caught in a Web 05:28 
3. Innocence Faded 05:43 
4. Erotomania 06:44 instrumental
5. Voices 09:54 
6. The Silent Man 03:48 
7. The Mirror 06:45 
8. Lie 06:34 
9. Lifting Shadows Off a Dream 06:05 
10. Scarred 10:59 
11. Space-Dye Vest 07:30 

DURATA TOTALE: 01:15:01

http://www.dreamtheater.net/

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