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Intervista: STRANGE HERE

Oggi sulle nostre pagine sono protagonisti gli Strange Here, che hanno da poco pubblicato il loro secondo album "II", pubblicato dalla storica Minotauro Records e recensito su queste pagine. Alexander e Dom ci hanno dato alcune risposte interessanti riguardo la loro visione della musica, della loro band e altre cose. Buona lettura!

1) Ciao ragazzi e benvenuti su Heavy Metal Maniac! Avete voglia di farci una breve biografia per introdurre i lettori nell'universo Strange Here.

Alexander: Ciao Sergio, io sono cresciuto con la musica che ascoltava mio fratello maggiore Gilas e già a 4 anni dimostravo la mia predisposizione naturale suonando le percussioni. Le tastiere e gli strumenti a corda li ho avvicinati pochi anni dopo: nella sala prove di casa nostra venivano infatti regolarmente i Death SS (periodo Sanctis Ghoram) e io presenziavo sempre; poi, quando andavano via, “approfittavo” dei loro strumenti incustoditi. Sono loro che mi hanno dato l’ispirazione definitiva, che mi hanno indicato la strada, tanto che in seguito Paul Chain è diventato il mio “maestro di vita”, il mio mentore. A 15 anni ho iniziato a collaborare seriamente con lui, nel 1991 ho debuttato su “Whited sepulchres” e in seguito ho partecipato a molti altri suoi lavori e tour di quegli anni. 
Il primo nucleo degli Strange Here lo abbiamo creato insieme nel 1990 e il brano “Kiss of worms” è stato composto proprio in quel periodo. Nel corso degli anni successivi, e dopo vari cambi di formazione, la band si è trasformata nel mio progetto solista e nel 2002 ho pubblicato il CD “Strange Here?” a mio nome. Da quel momento in poi, per diversi anni, gravi problemi personali mi hanno allontanato dalla musica attiva. 
Nel 2006 ho conosciuto Dom con il quale ho immediatamente riscontrato un’ottima intesa musicale e personale, ma è soltanto a partire dal 2011 che sono riuscito a dedicarmi con più costanza a questa nuova incarnazione degli Strange Here. Dopo alcuni avvicendamenti nell’organico, dal 2012 gli Strange Here siamo io e Dom; purtroppo, a conti fatti, siamo ancora alla ricerca di un batterista fisso. 
Dom: Ciao Sergio, innanzitutto ti ringrazio per lo spazio che ci concedi. La biografia degli Strange Here è molto lunga poiché parte dal 1990 e ci sarebbe veramente molto da dire. Sicuramente, per quanto mi riguarda, posso dire che Strange Here è prima di tutto un concetto di vita che una band vera e propria. Un’esperienza artistica che porta anche a una crescita umana non indifferente.

2) Ascoltando il disco, tra l'altro molto ben accolto sulle nostre pagine, affiorano varie influenze, tutte inerenti il mondo del doom metal e della psichedelia in senso lato. Cosa vuol dire per voi suonare Doom? È solo uno stile di musica che vi piace o credete sia anche uno stile di vita e modo di intenderla?

Alexander: Il doom è prima di tutto una condizione spirituale, non esistono un genere musicale e/o stilemi a cui aggrapparsi. Da più di trent'anni io sono l'interprete di ciò che ho assimilato. Assimilo e quindi interpreto, ispirato da forze imponderabili che da molti anni mi scavano dentro, sublimandosi poi dolorosamente e artisticamente attraverso la musica, nella sua accezione più profonda. 
Dom: Non so dirti cosa significa per me suonare Doom, ma posso dirti cosa significa per me fare musica: semplicemente la mia vita, qualcosa di cui ho bisogno per crearmi uno spazio al di fuori di un mondo inquinato. Da quando a 7 anni ho preso in mano la mia prima chitarra classica, non ho mai smesso di suonare e di ascoltare musica, di tutti i generi. Questo album è nato dal nostro connubio artistico/musicale ma rappresenta anche la nostra visione della quotidianità della vita, di come la viviamo. "Strange Here II" è la simbiosi tra le nostre influenze musicali e umane. Più che influenze del Doom e della psichedelia, direi di ogni sonorità sincera e profonda.

3) Volete parlarci di come siete giunti al deal con Minotauro Records?  

Alexander: Ho esordito nel 1991 sul disco di Paul Chain "Whited sepulchres" e ho poi collaborato a numerosi lavori successivi: i suoi migliori dischi sono stati stampati dalla Minotauro e quindi in un certo senso è stata una scelta naturale. Ho sempre stimato molto l'operato di Marco Melzi, nel corso degli anni '80 ha pubblicato alcune tra le migliori band italiane… senza dubbio. 
Dom: La Minotauro Records è la storia della produzione musicale hard e metal italiana. Oltre ai grandi nomi del Doom (Paul Chain in primis) ricordiamoci il primo EP della Strana Officina, i Revenge, gli Spitfire e molte altre band storiche. Era l'unica scelta possibile per la nostra direzione artistica.

4) Il suono del vostro disco è ottimo, pesantissimo, opprimente ed evoca sensazioni quasi di distacco dal mondo terreno, come se voleste trasportare l'ascoltatore in una dimensione nuova o parallela a quella che solitamente conosciamo. Dico bene? Quali erano i sentimenti che vi hanno spinto ad incidere un album del genere?

Alexander: Siamo nati in italia, dove tutte le prodezze artistico-culturali dei secoli passati sono state oscurate dalla pochezza della società odierna: la Chiesa e il governo sono la sintesi di questo declino, e di conseguenza mi hanno ispirato quei suoni, che si perpetreranno fino a che l'oggi e il domani saranno pervasi dall'iniquità, dalla morte delle idee, ma soprattutto dalla nostra morte simbolica. Una marcia funebre per questi tempi bui. 
Dom: Nonostante la situazione difficile e complicata in cui viviamo, sono una persona che cerca di vivere col sorriso e sicuramente la musica mi aiuta tantissimo. Per musica non intendo solo l'ascolto ma anche la lettura dei testi, delle immagini e in generale tutto quello che intendeva comunicare l'artista durante l’incisione. Per quanto sia difficile da credere, questo album è stato registrato partendo solamente da un paio di tracce ("Still Alone" e "Shiftless") mentre gli altri pezzi sono stati tutti improvvisati in studio. Alex ha portato i suoi testi e le sue idee, io le mie. "Born to lose" musicalmente è nata poco prima della registrazione, mentre Alex leggeva il suo testo: ho costruito una serie di accordi con la mia chitarra acustica ed è nata così, come del resto anche "Black, Grey & White” e “Only If". L'unico brano con una struttura predefinita era "Acid Rain", che composi circa 11 anni fa. Per quanto mi riguarda, vivo profonda amarezza un mondo dove valgono di più il business e la gloria virtuale che le soddisfazioni quotidiane. Comunque più che pessimista mi definirei realista…

5) Preferite la dimensione live o da studio? E quali sono le sensazioni che volete imprimere in ognuna di queste dimensioni?

Alexander: Quest'opera è stata registrata quasi completamente live in studio, non c'è differenza alcuna tra ciò che possiamo fare in studio e quello che faremo dal vivo. La nostra ispirazione nasce a livello cosmico: siamo un tutt'uno con le energie che fluiscono dall'universo, dove la potenza di Yhwh filtra attraverso i nostri corpi che ne traducono la maestosità. Penso che non siamo gli unici a usufruire di questo potente magnetismo, l'unica differenza tra noi e loro è che noi cogliamo la parte bianca della luce. Non c'é nessuna differenza, dicevo, tra studio e dimensione live, se non per le diverse tecnologie impiegate. Oggi in sala di registrazione disponiamo di tecniche incredibili che portano qualsiasi musicista, anche mediocre, a ottenere risultati superlativi. La differenza sostanziale risiede quindi nella creatività, oggi chiunque può conquistare fugacemente la ribalta, ma nessuno dura a lungo con questi presupposti. 
Dom: Forse quella live ma non bisogna sottovalutare affatto l’esperienza in studio. Se sei con la persona giusta e con il produttore che riesce a capirti puoi fare cose grandiose. È stato il nostro caso con Enri Zavalloni. È stato bellissimo veder nascere e sviluppare le nostre idee con una persona del genere. Non è solo una questiona musicale, si tratta di alchimia... quella che c'è stata durante le registrazioni. Quindi direi che tutte e due sono esperienze fondamentali nella vita di un musicista.

6) Come nasce una canzone degli Strange Here? Avete un modus operandi collaudato o varia di volta in volta?

Alexander: L'arte, così come la composizione, non ha alcuna barriera. Sta al cuore di ognuno di noi imprimere su nastro le proprie emozioni, convinzioni e visioni. In me e Domenico permane una continua ricerca introspettiva verso la verità, verso quella luce che dal buio preme per uscire. 
Dom: Non esiste nessun metodo negli Strange Here. Perché snaturare lo spirito dell’improvvisazione? È quest'ultima che permette alla musica di nascere spontaneamente e senza alcun vincolo. Sicuramente ci conosciamo da talmente tanti anni che i nostri stili, seppur con sfumature diverse, si sono amalgamati: l’esperienza e l’affiatamento hanno portato alla registrazione di "Strange Here II".

7) Potete parlarci dei vostri testi ed in particolare di quelli presenti in "II"?

Alexander: Io scrivo poesie, ragionamenti introspettivi e cause ad affetto dall'età di 6 anni. Il buio sta alla luce come la menzogna sta a Yhwh. 


8) Pensate che le nuove leve del doom possano reggere il confronto con quelle del passato? E volete magari indicarci dei nomi che ritenete validi usciti ultimamente o comunque dagli anni Novanta in poi?

Alexander: Io non seguo il doom e le nuove tendenze, la mia cultura musicale parte da Bach, passa per Krzysztof Penderecki per arrivare a Pink Floyd, Black Sabbath, Jimi Hendrix e Blue Cheer. Gli anni '60 e '70 hanno dato la massima espressione alla musica moderna. Le cose più "recenti" che ho apprezzato sono i Nirvana e gli Alice in Chains. Credo che dalla metà degli anni '90 in poi (tranne pochissime eccezioni) non ci sia nessuno che meriti di essere menzionato. Ti confesso tuttavia (e questo è certamente un mio limite) che da una decina di anni a questa parte ascolto pochissima musica, e questo limita necessariamente le mie considerazioni al periodo precedente. 
Dom: Devo ammettere che non seguo molto la scena poiché non ho molto tempo a disposizione. Una band che rispetto molto sono l’Impero delle Ombre dei fratelli Cardellino, e devo ringraziare un mio caro amico di Milano che me li ha fatti conoscere. Li rispetto perché in un contesto quale il rock/metal o il doom l’uso dell’italiano è rischioso, poiché essendo una lingua morbida non si adatta bene a certe durezze proprie di questi generi. Loro invece, senza contare band storiche come la Strana Officina, ci sono riusciti. Per il resto, nel poco tempo che ho continuo ad ascoltare la vecchia scuola del rock: Black Sabbath, Rush, il grande Micheal Schenker, Pink Floyd e tanti altri… Allo stesso modo di Alex, anche io apprezzo molto gli Alice in Chains, Jerry Cantrell è un musicista da cui continuo ad imparare ancora oggi.

9) Cosa deve possedere una buona doom metal band per colpire l'ascoltatore? C'è un ingrediente che ritenete fondamentale per esprimersi al meglio in questo genere e risultare credibili?

Alexander: Credo di avere già debitamente risposto con le riflessioni precedentemente espresse. 
Dom: Secondo me sono qualità basilari che dovrebbe possedere qualsiasi genere di band: sincerità, profondità e contenuto. Oggi come oggi siamo troppo schiavi dell’immagine e dell’apparenza. Che senso ha copiare l’immagine di cose relative a trent’anni fa? All’epoca aveva un senso ma credo che ora bisognerebbe essere più se stessi.

10) Ok ragazzi, concludete come volete e magari indicate tre (o anche più) buoni motivi per i quali il vostro disco, secondo voi, merita l'acquisto. A presto e in bocca al lupo!

Alexander: Tutto ciò che ho fatto e tutto quello che faccio è lo specchio della mia anima, io credo e spero che una luce, seppur fioca, illumini il mio pensiero e tutto ciò che ho da dire è "Maestosità di un disegno superiore, che lascia spazio a coloro che vorranno specchiarsi nel mio profondo. Tutto questo è qui, davanti ai vostri occhi. In fede, Alexander Scardavian". 
Dom: Per descrivere con pochi aggettivi il nostro album direi: sincerità, profondità e creatività. Quello che potete ascoltare sul disco è il frutto della nostra anima sincera. Nonostante le varie difficoltà giornaliere, per colpa dell’uomo stesso, abbiamo messo a nudo le nostre anime e la nostra ideologia. Siamo semplicemente persone stufe di vivere in un mondo plastificato, che vogliono esprimere la propria arte e i loro pensieri. Spero che chi leggerà queste parole possa quindi riuscire a capire il nostro modo di essere. 
Ciao Sergio, ti ringrazio ancora per questa intervista e a presto!

Intervista a cura di: Sergio Vinci "Kosmos Reversum"

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