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LIVE REPORT: Behemoth + Bölzer +Thaw @ Rock & Roll Arena

Behemoth!, Behemoth!, un nome che risuona in lungo e in largo incutendo terrore e ammirazione, critiche e adorazione nel panorama del metal estremo ormai da più di un decennio… Un gruppo che ha forgiato la propria gloria concerto dopo concerto, album dopo album, e che ha saputo rialzarsi dopo la leucemia di Nergal (per i probabilmente pochi che non lo sapessero, voce e chitarra) e l’appendicite di Inferno (batteria). Eccomi dunque a descrivere il loro concerto del 12 Aprile alla Rock’n’Roll Arena di Romagnano Sesia (NO), facente parte del Satanist Tour part II. 

Thaw

Grazie all’ora di anticipo sull’apertura dei cancelli, ho la fortuna di guadagnare, insieme al mio compagno d’avventura, la prima linea, e mi piazzo saldamente sotto una spia. Aprono le danze i polacchi Thaw, nome sconosciutissimo, un mistero totale per probabilmente il 95% almeno dei presenti, con una formazione composta da due chitarre, basso-voce, batteria e sintetizzatore-voce. 
Noise-ambient senza compromessi: tecnica zero, cura dei suoni maniacale, non una singola parola al pubblico, non una canzone annunciata, batterista con istinti omicidi nei confronti dei suoi piatti (sinceramente mi sono stupito nel vederli interi a fine concerto), testi minimali, e mai una volta che i chitarristi si siano voltati verso il silenzioso ammasso di persone. Non è musica da considerare in termini di intro-strofa-ritornello, e un concerto dei Thaw non è certo roba per molti… di certo, non per il pubblico: compito degli spettatori è “subire” in silenzio quel che i cinque han da offrire: atmosfere allo stato puro. Eccezionali, da tenere d’occhio… e diamogli un 9/10. 

Bölzer 

Il nome degli svizzeri Bölzer, per quanto altrettanto sconosciuto, almeno compariva su biglietti e manifesti, e quindi immagino che qualcuno, come il sottoscritto, abbia tentato di informarsi a riguardo… ebbene, posso dire che sia su CD che dal vivo i Bölzer non sono esattamente esaltanti. Duo (chitarra/voce e batteria) autore di un Black Metal puro e crudo, occupano la scena per un tempo che sembra non finire mai, senza riuscire a coinvolgere il pubblico e, anzi, annoiandolo alquanto. 5/10, o poco di più. 

Behemoth 

Una volta che gli svizzeri abbandonano il palco, il pubblico comincia a fremere. Un’eccitazione palpabile, fisica si diffonde come la peste mentre le scenografie, i sovrapalchi e la maestosa batteria immacolata del feroce Inferno vengono rivelati. Vengono montate le immancabili aquile bicefale, i portamicrofoni armati di cobra egizi… Calano le luci, e i Behemoth fanno il loro ingresso sul palco, dapprima Inferno, poi Seth (la cui mole mi sovrasterà per gran parte del concerto, essendo la spia a cui sono “aggrappato” quella della sua postazione) e Orion in tutta la sua sconcertante possanza. Poi, ultimo e brandendo palle di fuoco, Nergal, accolto da un boato. 
Non potevano che cominciare che con “Blow your Trumphet, Gabriel”, opener del loro ultimo album “The Satanist”. L’esecuzione è eccellente, i suoni perfetti, l’atmosfera creata, tra macchine del fumo, incensi e lumini, assolutamente straordinaria, e l’energia e la potenza che scaturisce dal quartetto sono inesauribili. Seguono “Ora pro nobis, Lucifer” e la vecchia gloria “Conquer All”, presa a una velocità supersonica, prima di scavare ancora nel passato con “Decade of Therion”, che scatena il primo pogo della serata. “Messe Noire” è invece il terzo estratto dall’ultimo album, e le fanno seguito “Christians to the Lions” e “Ov Fire and ov the Void”, per poi tornare ancora a “The Satanist” con “Ben Sahar”. 
La macchina da guerra Behemoth macina una canzone dopo l’altra, mostrando di godere dell’adorazione dei fan sporgendosi dal palco per lasciarsi toccare dalla folla in visibilio. Megafono alla mano, è il turno di “Alas, the Lord is upon me” e poi di una canzone che personalmente attendevo con ansia, “At the Left Hand of God”, purtroppo unico campione del capolavoro che è “The Apostasy” a essere incluso in questa scaletta. In dirittura d’arrivo, i Nostri ci ricordano quale sia il compito degli schiavi (ovviamente, nel linguaggio figurato che caratterizza i Behemoth) con “Slaves Shall Serve”, e paiono chiudere il concerto con l’epica “Chant for Eschaton 2000”. Paiono, perché è chiaro a tutti fin da subito che, nonostante i saluti e i ringraziamenti, nonostante le strette di mano direttamente dal palco e la scomparsa di tutti i musicisti… manchi qualcosa. Manchi quella canzone che tutti attendono. Manca “O Father, o Satan, o Sun!”. 
Ed eccoli riapparire, mascheroni cornuti, nebbie e luci atmosferiche, a compiere quest’ultima parte del loro dovere, chiudendo in meraviglia e bellezza quello che è stato un concerto assolutamente perfetto. Ai Signori della serata, un 10/10 senza compromessi: esecuzione, qualità sonora, potenza e atmosfere da far impallidire qualunque altra cosa sulla faccia della Terra. 

Live Report a cura di: Lorenzo Stelitano

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