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SOLUS - Solus

Full-length, Dark East Productions
(2015)

Ungheria, terra dove il caldo torrido penso si conosca ben poco, e dove il freddo comanda. Ed è proprio questo che trasmette il primo, vero e proprio full-length per la one-man band Solus capitanata da tale D. Un freddo che entra dentro e non molla più, con un senso di malinconia e desolazione che ammanta l'anima.
In realtà non si inventa nulla di nuovo in questo album, in quanto questo genere di musica e di approccio è molto simile a quello del miglior Burzum, quello di dischi come "Hvis Lyset Tar Oss" e "Filosofem".


I pezzi sono sei in tutto e dalla durata media elevata, con riff ripetuti e dilatati, e inserti di tastiere non preponderanti ma che fungono molto bene nell'intento di creare un'opera atmosferica, dove l' ambient si unisce alla base depressive black metal dei Solus. Anche la voce si esprime su tonalità vicine a quelle di Vikernes, sebbene risultino meno gracchianti e leggermente più profonde. La prima traccia, lunga circa 12 minuti ed intitolata "Visszatérés" colpisce per la sua semplicità, che rimane il tratto distintivo di tutta quest'opera, sebbene si mantenga su toni dimessi e ritmi lenti e ossessivi per tutta la sua durata. Invece la cattiveria si fa notare con la successiva "Világok közt vándorló", dove la doppia cassa incessante fa da sfondo a riff maligni ed avvolgenti. Abbiamo anche un vago alone dei primi Mayhem in questa canzone, anche per qualche inflessione nella timbrica di voce di D. 

Si procede con molta qualità arrivando a "Elfeledett utak", che forse colpisce meno delle precedenti, per un riffing leggermente meno ispirato, ma la canzone in esame si riprende dopo la seconda metà, aprendosi a riff più malinconici ed emozionali. In tutto questo c'è da rimarcare il fatto che, nonostante questo disco abbia un solo ed unico compositore-esecutore, non inficia minimamente il risultato finale, in quanto nulla risulta approssimativo, ma anzi, è tutto suonato e curato molto bene, comprese le parti di batteria, semplici ma d'impatto.
Solenne ed epica appare "Path Of Wisdom", con il ritorno di tempi molto cadenzati, ed è così che la canzone va avanti fin dopo i cinque minuti, per variare un po' il riffing nella seconda parte ma mantenendo la base ritmica essenziale e lenta. Ad esempio in questo episodio Solus mostra un po' dei limiti, in quanto incapace di mantenere costante il feeling per gli oltre nove minuti di durata della canzone, finendo un po' con l'annoiare. 

E si giunge alla fine con la lunga suite ambient "Lebegés", completamente realizzata con synth, senza l'aggiunta di alcuno strumento. 14 minuti che potrebbero piacere ai fan del puro ambient, così come annoiare chi non è avvezzo a queste sonorità. C'è anche da dire che forse un quarto d'ora di musica su questi toni sono leggermente azzardati, ma si sa che l'ambient non è nuovo a queste dimostrazioni, quindi si tratta di opinioni, ed in ogni caso la buona riuscita di questo album non è in discussione.
Quest'opera eponima del musicista ungherese si può tranquillamente ritagliare una grossa fetta di ammiratori, che possono andare sul sicuro se cercano un buon disco di black-ambient fatto alla vecchia maniera.

Recensione di: Sergio Vinci "Kosmos Reversum"
Voto: 78/100

Tracklist:
1. Visszatérés 12:19
2. Világok közt vándorló 05:10
3. Elfeledett utak 08:15
4. Az örök körforgás 04:51
5. Path of Wisdom 09:16
6. Lebegés 14:38

DURATA TOTALE: 54:29

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