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DODECAHEDRON "Kwintessens" (Recensione)

Full-length, Season of Mist Underground Activists
(2017)
 
I Dodecahedron, nel 2012, hanno visto il loro omonimo album entrare nelle fila di altre band del genere, forse visti ingiustamente come imitazione dei Deathspell Omega, portando avanti le loro fatiche all’interno del mondo del Black Metal d’avanguardia. Era decisamente imperfetto anche se in gran parte la band ha rispettato i propri obiettivi, evitando di essere orribili, presentandosi come una piccola sorpresa. “Kwintessens”, come il predecessore omonimo dei Dodecahedron, ha un solo vero obiettivo: la proliferazione di angolare e spargere terrore deforme attraverso un prisma d’avanguardia. Tuttavia, il risultato non è certamente così netto e asciutto. Detto questo, i Dodecahedron non ci sono esattamente andati leggeri, hanno perfezionato la loro capacità di concepire l’ingegno nei soli cinque anni che separano il loro omonimo da “Kwintessens”. La traccia “Tetahedron” dimostra quasi instantaneamente l’affermazione appena detta, le chitarre aracnidee tessono telai anarchici e la batteria quasi con aria di sfida muta costantemente, prima di lasciarsi consumare dalle loro controparti percussive.Non ci sono particolari cambi di tempo, la loro propensione per scattare tra le sezioni a basso e alto tempo è un trucco comunemente utilizzato nel loro songwriting; per fare un esempio, “Octahedron” si dirige lentamente verso il basso in un snervante tronco cavernoso, solo per assaltare l’ascoltatore ancora una volta verso la sua fine. La seconda parte del disco si incentra più sul Progressive, in particolare “Icosahedron”, dallo stampo quasi Doom.

Non è tutto covato dalla violenza, da sangue o tuoni, ci sono piccoli dettagli nascosti nel suo disordine calcolato che fanno di “Kwintessens” un album umano. “Octahedron – Harbinger” raggiunge una sorta di orgasmo precoce (a soli due minuti), che emerge dalla consueta melange di drumming furioso e l’indecifrabile lavoro di chitarra-lavoro. Un gemito lamentoso di chitarra emana dallo sbarramento, simile ad un bambino che piange in centro di uno scontro a fuoco. Diversi altri momenti come questo esistono all’interno del disco, ma è sorprendente l’utilizzo di parti elettroniche che disegnano “Kwintessens” verso l’individualità. L’effetto è bizzarro e un po’ stridente, ma è un tonico fondamentale per un album così orgoglioso del suo clima opprimente.

A loro credito, i Dodecahedron mantengono le canzoni misericordiosamente brevi. Come dovrebbe essere evidente, ormai, questa non è una insinuazione di qualità di “Kwintessens”, ma un’ ora del loro approccio distorto di Black Metal sarebbe una prova di concentrazione anche per i più fanatici del genere. Mentre le insidie del loro stile scelto prestano a periodi quasi intrinsechi di omogeneità, il quintetto olandese sta lentamente forgiando un ambiente rumoroso, di nicchia. L’inventiva c’è, pur mantenendo le tendenze d’avanguardia entro i loro confini sgradevoli. 
 
Recensione a cura di: Benito Stavolone
Voto: 79/100
 
Tracklist:
1. Prelude 02:15
2. Tetrahedron - The Culling of the Unwanted from the Earth 04:34
3. Hexahedron - Tilling the Human Soil 07:21
4. Interlude 03:40
5. Octahedron - Harbinger 06:36
6. Dodecahedron - An Ill-Defined Air of Otherness 07:16
7. Finale 03:43
8. Icosahedron - The Death of Your Body 05:59
 
DURATA TOTALE: 41:24

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