Vuoi qui il tuo annuncio? Scrivi a: hmmzine@libero.it

MORBID ANGEL "Kingdoms Disdained" (Recensione)

Full-length, Silver Lining Music 
(2017) 

Solitamente non mi piace fare processi alle intenzioni: un disco non è il frutto di un esatto calcolo matematico e la sua qualità non dipende di certo dai buoni o cattivi propositi di chi lo scrive. In questo caso, però, farò un'eccezione: mi è infatti impossibile giudicare il nuovo lavoro dei Morbid Angel prescindendo dalla loro storia recente e da tutto quello che è successo negli ultimi tredici anni. “Illud Divinum Insanus”, si sa, non è piaciuto quasi a nessuno, ma per i motivi sbagliati.

A livello compositivo mancava qualcosa, ma quello che alla maggior parte degli ascoltatori non è andato giù è stata la decisione di mischiare metal ed elettronica – e che elettronica, proprio il famigerato tunz tunz! - cosa che da molti è giudicata un'eresia. I loro fans lo hanno considerato un peccato imperdonabile nonostante quel lavoro celebrasse il ritorno discografico del compianto Dave Vincent, e così le quotazioni della band floridiana sono tornate a scendere. Eppure quello era un disco a suo modo coerente: coerente con la passione musicale di Trey Azagthoth (il cui amore per l'elettronica estrema era ben noto), coerente con la storia degli stessi Morbid Angel, che sono sempre stati un gruppo di avanguardia, uno di quelli che ha sempre amato evolversi e sperimentare (in fondo sono trai primissimi autori di brutal death), e lo stesso Trey ha difeso “Illud...” richiamandosi alla loro natura di band di frontiera. 

Ed è così che, dopo aver perso tutto il resto della band, Trey Azagthoth decide di rifondare la sua creatura richiamando in partita Steve “banalità” Tucker, che già aveva contribuito ad appiattire il sound dei Morbid Angel negli anni novanta. La strada scelta è la più prevedibile: “Kingdoms Disdained” si ritrova a metà strada tra “Formulas Fatal To the Flesh” (che a sua volta era una riedizione impoverita di “Covenant”) e l'ottimo “Gateways To Annihilation”. E' quindi un disco che punta molto su atmosfere malsane, terremotanti ed ipercompresse, con la ritmica di Trey che grattugia lenta e pesante come un rullo compressore, sacrificando l'agilità sull'altare del titanismo. Purtroppo nella loro foga di tutto schiacciare e comprimere hanno del tutto appiattito quelle sfumature che, da sempre, hanno fatto la loro fortuna: “Kingdoms Disdained” scorre monocorde per quasi tutta la sua durata, e se i primi pezzi si fanno piacere, più si va avanti più si scivola in una tediosa uniformità. Scott Fuller fa un ottimo lavoro dietro le pelli, ma è solo un androide che è stato programmato per imitare il meglio possibile l'inarrivabile Pete Sandoval che, con il suo drumming, ha letteralmente forgiato il classico suono dei Morbid Angel; Steve Tucker è un onesto operaio del death metal, ma niente di più, ed ancora una volta impallidisce di fronte al carisma ed all'ugola maestosa del suo predecessore. 

Certo che, in un 2017 davvero memorabile per il death metal (Immolation, Broken Hope, Cannibal Corpse, Dying Fetus, Obituary, Six Feet Under), i Morbid Angel si presentano davvero fuori forma con un lavoro prevedibile e poco ispirato, che si preoccupa più delle etichette che non della sostanza. 

Recensione a cura di: Fulvio Ermete
Voto: 63/100

Tracklist:
1. Piles of Little Arms 03:44
2. D.E.A.D. 03:01
3. Garden of Disdain 04:25
4. The Righteous Voice 05:03
5. Architect and Iconoclast 05:44
6. Paradigms Warped 03:59
7. The Pillars Crumbling 05:06
8. For No Master 03:29
9. Declaring New Law (Secret Hell) 04:21
10. From the Hand of Kings 04:02
11. The Fall of Idols 04:49

DURATA TOTALE: 47:43

Nessun commento