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CONNECT THE CIRCLE "Connect the Circle" (Recensione)


Full-length, Independent
(2020)

I Connect The Circle sono all’esordio con This Is Madness ad un anno dalla formazione. In verità gli strumentisti provengono tutti dai Forbidden Forest, ad eccezione del cantante Arild Fevang. La musica dei norvegesi si divide in due tronconi ben distinti. Da una parte abbiamo la versione dura, un puro concentrato heavy metal di scuola americana, e mi vengono in mente due band su tutte, Nevermore e Iced Earth. Dall’altra parte c’è la versione melodica che giunge in prossimità dei ritornelli, in cui la band prova a creare un’epicità che non arriva mai, con il risultato di affossare quanto di buono fatto nella parte più heavy delle canzoni (The Jester). 

I ritornelli spesso sono inutilmente melensi, complice anche una voce che si esprime meglio nei momenti più duri e che nelle parti melodiche risulta poco efficace. La percezione diffusa durante l’ascolto è di essere di fronte ad una discreta band, con buone idee ma a cui manca qualcosa (In My Darkenss Hour). Credo che debbano mettere ancora a fuoco la propria proposta, finalizzandola meglio. L’opener “The King Is Dead” è il momento più alto dell’album, un brano heavy, epico in cui la band riesce a centrare in pieno l’obiettivo. Di contro con la successiva “All My Life” ci troviamo di fronte ad un brano poco riuscito, sicuramente il peggiore dell’album, composto da riff scontati ed un ritornello che affossa definitivamente la canzone. Con “Burn The Sky” ci si sposta su territori AOR. Il pezzo, nella sua semplicità, risulta piacevole all’ascolto, anche se poco legato al resto dell’album, per suoni e atmosfere. “Black Feathers” è l’esempio di pezzo riuscito a metà. Un brano potente che quando dovrebbe fare il salto, si affloscia su sè stesso con un ritornello incomprensibilmente spompato, dopo una prima parte energica ed ispirata. Peccato! La conclusiva “United States Of Oppression” è uno dei pochi momenti, insieme all’opener, in cui la band riesce a scrivere musica con una buona dinamica per tutta la sua durata. 

Se la qualità dei brani fosse stata come la prima e l’ultima traccia, ci saremmo trovati di fronte ad un ottimo album di heavy metal, purtroppo in mezzo la band si è espressa con qualità alterna. In conclusione ho trovato This Is Madness riuscito a metà. La band deve ancora trovare la propria strada. Ed è un peccato perché i Connect The Circle hanno un buon tiro, ma quando si tratta di caricare, loro incredibilmente tirano il freno a mano! 

Voto: 55/100 
John Preck

Tracklist:
1. The King Is Dead
2. All My Life
3. The Jester
4. In My Darkest Hour
5. Hill of Skulls
6. Burn the Sky
7. Black Feathers
8. United States of Oppression

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