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EMYN MUIL "Afar Angathfark" (Recensione)


Full-length, Northern Silence Productions 
(2020) 

Il fantastico mondo partorito dalla geniale mente di J.R.R. Tolkien è sempre stato di grande ispirazione per la scena heavy metal, estrema e non, che si è fatta nel corso degli anni portatrice di un'eredità tematica e concettuale espressa attraverso stili musicali dalle sfumature più svariate e personali, finalizzate a rievocare l'epicità e a riprodurre le stupende atmosfere delle sue opere. A quasi cinquant'anni dalla sua morte continuano a proliferare all'interno del panorama black metal underground coloro che ne rielaborano le trame in chiave muisicale, riprendendone i temi e citando i luoghi immaginari e le epiche battaglie che ne rappresentano il fulcro. Tra i molti progetti che negli ultimi anni hanno ripreso le redini dei Summoning, precursori di quel movimento che potremmo definire Tolkienian Black Metal, si è distinto nel panorama italiano Emyn Muil, one-ma band della provincia di Bari fondata nel 2012 da Saverio Giove, alias Nartum, la cui proposta musicale è una rivisitazione dell'epic/atmospheric black metal in chiave dungeon synth con influenze folk e ambientali. 

Il progetto nato dalle ceneri del precedente Ymir, il cui nome significa "Colli tetri" ed è ripreso dall'immenso labirinto di rocce citato ne "Il Signore degli Anelli", ha rilasciato finora tre album in studio, l'ultimo dei quali si intitola "Afar Angahtfark" ed è uscito lo scorso settembre. Il lavoro, composto da sei lunghe tracce più intro e midtro per un totale di cinquanta minuti, è incentrato sulla figura del Signore degli Elfi Noldor Fëanor e sulla sua lotta contro il malvagio Morgoth, la cui corona di ferro adornata con i tre gioielli Silmaril è raffigurata nella copertina e contiene l'incisione in Cirth, l'alfabeto runico degli Elfi, del titolo dell'album; musicalmente prosegue il percorso tematico e stilistico dei due predecessori, unendo la potenza del primo alle atmosfere folkeggianti del secondo, e rappresenta un'ottima espressione di black metal epico e atmosferico nostrano. La terza fatica di Emyn Muil si apre con un'introduzione dark ambient seguìta da una maestosa sinfonia epica dai richiami folk su cui si ergono imponenti cori di battaglia, ad anticipare il crescendo iniziale di "Halls of the Fallen", ispirata alle Aule di Mandos ove dimorano gli spiriti degli Elfi caduti; il brano fonde brillantemente atmosfere sognanti e sinfonie coinvolgenti al tocco ambient delle tastiere, presentando in accompagnamento al sopraggiungere delle chitarre un cantanto rauco e indefinito che funge da strumento addizionale nel massiccio muro di suoni, e giunge tra passaggi acustici ed intermezzi orchestrali folkeggianti ad un finale in cui si susseguono la maestosa voce yodel di Hildr Valkyrie, il canto corale di David "Stargazer" Rubin e una travolgente unione dei due in chiusura di traccia. 

L'introduzione epica e sinfonica in crescendo di "Noldomírë" spalanca le porte a riffing di chitarra atmosferici su cui si eleva di nuovo la voce angelica di Hildr, seguìta dallo scream di Nartum, mentre un intervallo folk in crescendo dalle eco medievali rinnova l'unione tra le due voci in clean; chitarre fredde e cupe accompagnano un passaggio di organo ed anticipano un crescendo sinfonico in cui compare la voce recitata di David Seys, mentre il finale è affidato nuovamente all'incantevole yodel di Hildr. Più cupa e movimentata è "Heading Eastward", le cui chitarre tetre si uniscono al violencello di Laura Màrr in una suadente melodia dai contorni ambientali che accompagna lo scream aggressivo di Nartum nell'epico refrain del pezzo, mentre la voce malinconica di Hildr e il susseguirsi di sinfonie epiche e sognanti addolciscono il tutto, prima di una ripresa dal cantato aggressivo e dalla ritmica decisa che si esaurisce nella conclusione epica dalle eco folk e atmosferiche. L'ipnotico intermezzo strumentale "Udûn", dalle melodie tradizionali e sperimentali, anticipa una seconda parte di album in linea con la prima, a parire dalla folkeggiante e maestosa "Where the Light Drowns", memorabile nelle sue tastiere ambient e nel suo finale in cantato gregoriano, mentre l'ultima traccia "In Cold Domain" risulta essere forse l'episodio più riuscito della release, evolvendosi dall'epic/atmospheric iniziale al crescendo di cupe chitarre e di clean femminile fino all'accelerazione decisa centrale, esaurendosi in un epico assolo melodico ad anticipare la ripresa finale in scream, canto corale e tastiere a sfumare.

"Afar Angathfark" non vuole essere e non è un lavoro originale e distinto, poichè chiunque in ambito black si avvicini a sonorità epiche e folkeggianti di chiara ispirazione tolkeniana non fa che calcare le stesse orme dei Summoning e di altri colossi che lo hanno preceduto, risultando in questo modo una sorta di tributo. Emyn Muil nasce con il solo intento di proseguire la contaminazione del black metal con gli elementi che lo hanno reso la perfetta espressione musicale dell'Universo di J.R.R. Tolkien, e questo nuovo lavoro lo sta perfettamente adempiendo; il futuro della band è con ogni probabilità destinato a mutare col passare del tempo, poichè la coesione orchestrale, sinfonica e canora di "Afar Angathfark" è difficilmente ripetibile nella medesima forma senza scendere nel prevedibile e nello scontato. L'album risulta tuttavia maestoso e travolgente, sognante nel suo rincorrere melodie indefinite e favolistiche e variegato nel suo intervallare passaggi acustici e cori trionfali alle armonie epiche delle tastiere, senza quasi mai bisogno di accelerare perchè la sua struttura lo rende omogeneo e perfettamente definito, in grado di lasciar volare la mente tra le incontaminate pianure della Terra di Mezzo e fino alle sponde beate di Valinor, ove un orizzonte candido e pulito schiude agli occhi l'infinito. 

Alessandro Pineschi
Voto: 80/100

Tracklist:
1. Afar Angathfark 
2. Halls of the Fallen 
3. Noldomírë 
4. Heading Eastward 
5. Udûn 02:47
6. Where the Light Drowns 
7. Black Shining Crown 
8. In Cold Domain 
9. Arise in Gondolin

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