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NUNSLAUGHTER "Red is the Color of Ripping Death" (Recensione)


Full-length, Hells Headbangers Records 
(2021) 

Tuttto cominciò nel lontano 1987 a Pittsburgh, in Pennsylvania, e dopo trentaquattro anni la trama di sangue e blasfemia che risponde al nome di Nunslaughter ancora continua a spargere marciume senza sosta, tessendo una tela di pura e incorrotta violenza sonora che non sembra affatto essersi affievolita col tempo. La band death metal fondata da Don of the Dead e poi trasferitasi a Cleveland, in Ohio, è tra le più longeve e proficue del panorama estremo d'Oltreoceano e ritorna sulla scena con il quinto album in studio, dal titolo "Red is the Color of Ripping Death", che arriva a sette anni di distanza dal suo predecessore "Hex"; nel mezzo troviamo qualcosa come dieci EP, 20 split e 17 live album che sono andati a completare una discografia praticamente interminabile, composta da poco meno di duecento release ufficiali. 

Il lavoro contiene alcuni pezzi scritti anni fa dal fondatore e dallo storico batterista Jim Sadist, scomparso in seguito ad un malattia nel 2015, rielaborati e completati per essere inseriti in questo nuovo lavoro a lui dedicato, il primo realizzato in studio a non vederlo partecipe nella line-up, pur trovandolo più che mai presente nell'incontaminato spirito della band. Don of the Dead ed il compianto Sadist sono stati gli unici veri punti fermi della formazione dei Nunslaughter, che nel corso degli anni ha cambiato un numero alquanto elevato di componenti; in questo quinto lavoro sulla lunga distanza lo storico vocalist è affiancato dal chitarrista Tormentor, dal batterista Wrath e dall'ultimo arrivato Detonate, al basso. "Red is the Color of Ripping Death", in uscita a fine agosto sotto la statunitense Hells Headbagners Records, si compone di quattordici tracce di durara compresa tra i due e i tre minuti, brevi ma disarmanti inni blasfemi di aggressività sonora e lacerante brutalità, ennesimo esempio di un "Devil metal" che è ormai diventato il marchio di fabbrica di una band che non ha minimamente intenzione di adagiarsi sugli allori e ritirarsi dalle scene. L'inedita line-up ha dato vita a un album compatto e ben strutturato che sa unire la ferocia del death metal old-school al marciume dell'hardcore punk, fino a sfiorare il grindcore, concedendosi passaggi in puro stile thrash e rallentando fino al death/doom, assumendo melodie sinistre e accattivanti senza mai abbandonare la propria identità.

L'album si apre con i tre minuti e mezzo complessivi di "Murmur" e di "Broken and Alone", due pezzi tirati sparati a violenza inaudita in cui la batteria di Wrath viaggia forsennata e macina pura ferocia, accompagnata dal riffing tecnico dai richiami thrashy di Tormentor e dal growl diabolico di Don of the Dead. Nei successivi episodi la furia rallenta fino ad incontrare il death/doom lugubre e disturbante di "Banished", che si evolve in una ripresa in mid-tempo e nell'accelerazione hardcore punk del finale. A seguire troviamo la title-track, anticipata da un riff lento e sinistro e da una batteria funerea, su sui risuona la voce cavernosa del cantante; il brano progredisce in un thrash/death metal serrato e martellante, chiudendosi con una veemenza quasi grindcore. "Annihilate the Kingdom of God" prosegue sulla falsa riga degli episodi precedenti, esordendo in modo lento per poi sprigionare tutta la sua rabbia in una brutale accelerazione su cui il growl di Don of the Dead assume tonalità scream infernali, per poi stridere con un riffing sinistro guidato dal basso lugube di Detonate; la breve e incisiva "Beware of God", scelta come brano di lancio, si apre con un riff dai richiami thrashy a cui segue una decisa accelerazione accompagnata dalle chitarre disturbanti di Tormentor, fino alla sfuriata thrash/death e il finale urlato dalla ritmica vertiginosa. 

Assai più lenta e sinistra è "Dead in Ten", episodio più lungo della release, con un'introduzione dai richiami heavy/doom che progredisce in un thrash/death tecnico e martellante dal riffing serrato fino ad un'esplosione di pura violenza hardcore. Sul finire troviamo "Casket Lid Creaks", il brano più lento e alienante dell'album, lugubre e dagli spiccati richiami doom; chiude il lavoro la brevissima "Below the Cloven Hoof", meno di un minuto di ferocissimo deathgrind e di riff taglienti e fulminanti, scanditi dalla voce infernale di Don of the Dead, condottiero di un'altra Apocalisse musicale firmata Nunslaughter. "Red is the Color of Ripping Death" è l'ennesima perla blasfema e diabolica dei veterani di Cleveland, tornati a macinare putridume ed orrore nel ricordo del loro storico batterista, che certo avrebbe apprezzato questa brutale dedica alla sua memoria. La batteria di Wrath picchia duro e viaggia a velocità nauseanti, ma sa rallentare fino a farsi lugubre e funerea, duettando brillantemente con la tecnica di Tormentor, che disegna armonie serrate e talvolta sinistre dimostrando ottima preparazione. Don of the Dead è la vera mente del lavoro e i suoi vocalizzi spaziano dal growl cavernoso allo scream diabolico, variando fino ad inseguire note dissonanti e blasfeme, in un'estasi di terrore e di diavoleria. Non sbagliano un colpo i Nunslaughter, che continuano a sfornare lavori e a seminare una furia mai doma, facendosi ambasciatori di un death metal infernale che non smette di stupire e tende sempre più alla distruzione totale della cristianità, a suon di martellate e di massicce dosi di incondizionata e inarrestabile violenza. 

Alessandro Pineschi 
Voto: 82/100

Tracklist:
1. Murmur 
2. Broken and Alone 
3. To a Whore 
4. Banished 
5. Red Is the Color of Ripping Death 
6. Eat Your Heart 
7. Annihilate the Kingdom of God
8. Beware of God 
9. Black Cat Hanging 
10. Dead in Ten 
11. The Devil Will Not Stray 
12. The Temptress 
13. Casket Lid Creaks
14. Below the Cloven Hoof 

DURATA TOTALE: 34:17

Line-up:
Don of the Dead: Vocals
Tormentor: Guitars
Wrath: Drums
Detonate: Bass

Weblinks:
Bandcamp
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