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UNCTORIS "Shout Demise" (Recensione)


Full-length, Iron Bonehead Productions 
(2021) 

All'interno di un panorama musicale underground sempre più votato alla sperimentazione e alla contaminazione, in cui perfino sottogeneri quali il black metal e il death metal sembrano tendere ad una sorta di raffinatezza e di accuratezza tecnica quasi maniacale, è a dir poco rischioso proporre una forma primitiva di metal estremo che rintracci le proprie radici nelle molteplici sfumature sonore di fine anni Ottanta, quando formazioni come Morbid, Old Funeral o i nostrani Death SS e Mortuary Drape scrivevano la storia di questo genere. Ciò non sembra però rappresentare una preoccupazione per i lombardi Unctoris, trio del comasco nato nel lontano 2003 che ha appena rilasciato, dopo quasi venti anni della sua fondazione, il primo album in studio dal titolo "Shout Demise"; la ricetta sonora proprosta dai tre di Lamburgo è una versione di black/death old-school sporca e caotica, volta a rappresentare tutto il marcio e l'abominio che è proprio degli albori di questo genere con una produzione a dir poco approssimativa, quasi a replicare l'essenza nera e malefica di quegli anni cupi e bui che hanno dato vita al metal estremo come noi lo conosciamo. 

La musica degli Unctoris non è tuttavia un tributo alle formazioni sopra citate, ma una rivisitazione della loro musica in una chiave ancora più disturbante, che attinge talvolta al black/thrash e in altri frangenti ad una sorta di death/doom disturbante di matrice scandinava, arricchendo il tutto con vocals che rasentano il pig-squeal del successivo grindcore, espressione dell'aura malata e straziante perfettamente incarnata nella band. Gli Unctoris nascono per volontà del chitarrista e cantante Shapeless Mass e del bassista Faber "Shovel Head" Marsy , ai quali si aggiunge dietro le pelli Dave Grave; due demo e due EP in appena dieci anni di attività sono tutto ciò che va a comporre la loro scarna discografia, rimasta per otto anni orfana di uscite ufficiali, l'ultima delle quali è datata 2013 e rappresenta uno split album con la band sperimentale Orrenda Acciaieria. "Shout Demise", uscito sotto la tedesca Iron Bonehead, sancisce il ritorno sulla scena degli Unctoris, nonchè il loro effettivo debutto, che ci auguriamo possa essere un trampolino di lancio e non un fuoco di paglia destinato presto a dissolversi nel nulla; il lavoro si compone di sette tracce tutte diverse tra loro, per quanto tutte fortemente legate alle sonorità di un tempo, quando death metal e black metal erano nella sostanza un unico genere musicale. La caratteristica dell'album, evidente sin dal primo ascolto, è la volontà di riprodurre le atmosfere caotiche e disarmanti di allora attraverso cambi di tempo repentini, riff disturbanti, armonie pressochè inesistenti e tocchi sperimentali che logorano e tormentano l'animo, avvolgendolo nel suo mantello di orrore e di bestialià pezzo dopo pezzo.

L'urlo atroce di Shapeless Mass in apertura di "Come stabilire se ci sei ancora" sembra il giusto preludio ad un album di questo tipo, che scaglia subito dopo la violenza martellante della batteria di Dave addosso all'ascoltatore in un forsennato death/black vecchia scuola; il growl di Shapeless è malefico e spaventoso e il riffing gelido e avvilente, in puro stile black, mentre tra un cambio di tempo e un'accelerazione si giunge alla sontuosa ripresa finale, dettata da distorsioni di chitarra che partoriscono un effetto "space" lugubre e alientante. La successiva "Cercherò il passaggio di ritorno o sarò cancellato" risulta quasi logorante con il suo predominante death/doom dal riffing tetro e rallentato, intervallato da linee di chitarra fredde e taglienti prima del blast-beat finale, mentre assai più intrigante è "Violet Velvet", che dopo la ferocia inumana e devastante della prima parte, caratterizzata da riff lugubri e da una batteria forsennata, presenta un intermezzo acustico assolutamente inatteso su cui si alzano vocalizzi animaleschi atroci e pregni di sofferenza; il brano si conclude con una calvalcata black/thrash classica e dominata dal caos e dai cambi di tempo, a rendere l'atmosfera dell'album ancor più carica di negatività e di un senso di oppressione quasi insopportabile. La strumentale "Non tornare" spezza in due il lavoro, interrompendone la ferocia grazie al suo sorprendente assolo di sax, evocativo e sognante, che duetta brillantemente per oltre quattro minuti con un riff gelido e cupo prima del blast-beat finale che schiude una seconda parte di album dal minutaggio dei brani ben più consistente, a partire dai quasi otto minuti di "Rites of Grey Isolation"; il brano è forse il più riuscito e complesso della release, un crescendo di intensità dal death/black dal riffing sinistro e tagliente della prima parte al passaggio centrale dai richiami doom, le cui urla strazianti e logoranti anticipano il riff spettrale in puro stile black della seconda parte, per poi giungere tra accelerazioni forsennate e passaggi disturbanti ad un finale blackened death. 

I dieci minuti e mezzo della lunghissima "Sideral Sojourn" sono guidati per buona parte dal basso di Faber Marsy, protagonista di una serie di accelerazioni caotiche e indefinite che riproducono in pieno l'essenza malvagia e primitiva dell'album, conducendolo in maniera monotona e logorante fino all'assolo di chitarra del finale, tetro e disturbante, ai confini della psichedelia. Chiude il lavoro "Is an Anechoic Chamber", altra manifestazione del caos sonoro del terzetto lombardo intervallata da una serie di urla animalesche agghiaccianti che trascinano l'ascoltatore in una dimensione infernale senza via d'uscita. L'album di debutto degli Unctoris rappresenta senza dubbio una forma di metal estremo malato e disturbante, volto a sconvolgere più che ad ottenere consensi, che si fa ambasciatore di un ritorno ad un passato privo di virtuosismi e di innovazioni e orientato al recupero delle atmosfere oppressive e caotiche dei primi anni Novanta. La batteria di Dave sprigiona accelerazioni al limite della tollerabilità, raggiungendo velocità inaudite per poi rallentare bruscamente in una serie di cambi di tempo da capogiro; il riffing di Shapeless Mass è oscuro e tagliente, talvolta lento e disturbante, e i suoi vocalizzi spaziano tra uno scream infernale e un growl sporco e rauco, talvolta tendente al grind, per poi divenire grida strazianti assolutamente annichilenti. "Shot Demise" è in sostanza un lavoro senza pretesa alcuna, se non quella di trafiggere l'ascoltatore con i suoi effetti disturbanti e con le sue insane melodie, tanto nelle forsennate accelerazioni quanto nei lugubri rallentamenti, avendo come principale pregio quello di contenere sette tracce diverse tra loro ma con un'essenza comune, carica di malvagità. Non siamo di fronte ad un capolavoro, ovviamente, ma più ad una sorta di ironica riproduzione di un death/black metal vecchio stile con un'aura quasi goregrind, tra l'osceno e il pietoso, ben distante dalle raffinatezze della contemporaneità e con un'idea musicale, per quanto opinabile, assolutamente ben definita. 

Recensore: Alessandro Pineschi
Voto: 70/100

Tracklist:
1. Come Stabilire se ci Sei Ancora 
2. Cercherò il Passaggio di Ritorno o Sarò Cancel 
3. Violet Velvet 
4. Non Tornare 
5. Rites Of Grey Isolation 
6. Sideral Sojourn 
7. Is an Anechoic Chamber

Line-up:
Faber "Shovel Head" Marsy - Bass
Dave Grave - Drums
Shapeless Mass - Guitars (lead), Vocals

Web:
Bandcamp
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