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NOBLE BEAST "Noble Beast" (Recensione)


Full-length, Tridroid Records
(2014)

Torniamo un po’ indietro nel tempo, al 2014, ben dieci anni fa, e parliamo di una band che ha prodotto un solo album e poi s’è fermata, e ben pochi la conoscono e all’epoca, la prendevano in considerazione: i Noble Beast dal Minnesota! Li scoprii come quasi tutto quel che mi capita a tiro, per purissimo caso: eravamo in un periodo in cui andava ancora forte il revival dell’Heavy Metal classico, una corrente nota come New Wave Of Traditional Heavy Metal, NWOTHM, e quindi succedeva di incappare in band come questa! La copertina, col dinosauro che emette lava incandescente dalle sue fauci, era davvero accattivante, pur essendo assai fumettosa, e il logo ci riportava subito ai fasti di certo Speed Metal o Power Metal melodico della “classicità”!

E quale fortuna mi capitò! Se hai la costanza e il gusto di andare a pesca con dedizione, prima o poi qualcosa la tiri fuori dall’acqua, dagli abissi dell’underground, e potrebbe essere materiale davvero succulento, come in questo caso! Cosa abbiamo quindi in questo album di debutto e unica uscita per i Noble Beast? Power Metal in abbondanza, ovvero ben 10 brani per oltre un’ora di musica eccellente, senza nemmeno un momento debole, nessun calo, un riempitivo: solo canzoni favolose, una dietro l’altra, riempite tutte di riff micidiali, melodie memorabili, assoli epici, armonizzazioni e tutto quello che rende grande il più classico dei generi del Metal. Ma i nostri già osavano, e a volte potevi sentire delle parti in blast-beat e tremolo picking che vi riportavano ad ambiti estremi e vicini al Black Metal, e la cosa all’epoca non era così scontata.

Un’altra peculiarità della band è senza dubbio la timbrica baritonale del cantante, Robert Jalonen, che non cerca affatto di imitare i cantanti ultrasonici tanto popolari nel Power Metal, ma preferisce inserirsi in quel filone di voci quasi sgraziate, ma efficaci e peculiari, come il mai troppo lodato Hansi Kürsch dei Blind Guardian, che riescono a creare atmosfera proprio in virtù della loro timbrica anomala e della loro intonazione talvolta imperfetta. Quindi, quello che potrebbe sembrare un punto debole in prima battuta, è un realtà elemento di forza che caratterizza subito i Noble Beast, e li lancia come una delle più promettenti nuove leve del panorama Power Metal. Una promessa non mantenuta, però. Come mai? Perché se analizziamo, i canadesi Unleash The Archers erano sulla stessa barca, in quel periodo, e ancora non erano la band dirompente che si sarebbe rivelata in futuro. Diciamo che si partiva sulla stessa linea, quasi ad armi pari, con i nostri Noble Beast.

O forse no? Perché a parità sostanziale di qualità della proposta, che era pure molto simile, ovvero Power Metal evoluto, che guarda tanto all’Heavy classico che al Metal estremo, gli Unleash The Archers sono andati avanti e sono – giustamente – esplosi, e invece qui ci siamo fermati, nella quasi indifferenza di tutti. Che il trucco sia un’ovvia differenza di cantante dietro al microfono, non vorrei crederlo troppo, anche se a pensar male si fa peccato, ma raramente ci si sbaglia! Non fraintendetemi, credo che Brittney Slayes sia una delle voci femminili più belle, versatili e potenti dell’intero panorama Metal mondiale e di sempre, ed è una ragazza genuinamente nerd che gioca magari la sua partita che fa appeal e marketing, ma certo non la manda in vacca per questo, anzi: si presenta sempre come una metallara che crede in quel che fa, e lo sa fare anche molto bene.

Però sospetto che avere o meno una simile presenza come presentazione della band, possa fare la differenza, e per i Noble Beast la penalizzazione è stata evidente. Ripeto: tanti, tanti brani, anche molto lunghi e strutturati, come “We Burn” e la conclusiva “Nothing To Repent”, che non perdono un colpo, una nota, e sono infarciti di fraseggi che te li ricordi e li puoi cantare anche a distanza di anni: perfino gli assoli sono così ben scritti, da risultare memorabili, e ve lo dico, che si tratti di melodie vocali o di chitarra solista, o riff prettamente ritmici, tutto è inanellato con una perizia talmente squisita da lasciare di stucco. Tutto riuscitissimo: ogni singolo, maledettissimo riff! Quindi l’unica cosa che possiamo fare, in retrospettiva, è riscoprire questa band, che ha rilasciato un solo album, ma che per me è già un classico moderno e non teme il confronto per ben altri nomi blasonati che ti propongono lunghe discografie talvolta piatte e monotone, o incoerenti e dispersive. La qualità vince sempre sulla quantità, e qui di qualità ne abbiamo in quantità, e scusate i miei soliti giochi di parole. Una vera band e un album di culto, da non dimenticare!

Recensione a cura di Luke Vincent
Voto: 95/100

Tracklist:

1. Iron-Clad Angels 
2. Behold the Face of Your Enemy 
3. Master of Depravity
4. The Dragon Reborn 
5. We Burn 
6. The Noble Beast 
7. Peeling Back the Veil 
8. Disintegrating Force 
9. On Wings of Steel 
10. Nothing to Repent

Line-up:
Drew Sutphen - Bass
Matt Hodsdon - Guitars
Sir Robert - Vocals, Guitars

Web:
Bandcamp
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