Vuoi qui il tuo annuncio? Scrivi a: hmmzine@libero.it

ALCEST "Les chants de l'aurore" (Recensione)


Full-length, Nuclear Blast 
(2024) 

L'Art Nouveau è stato uno dei movimenti artistici più caratterizzanti dell'inizio del secolo scorso. Uno stile totale, che abbracciava le espressioni artistiche più disparate e si diffuse in tutta Europa con diverse declinazioni, dalle delicate decorazioni floreali del Liberty italiano al disagio interiore comunicato da alcune opere della Secessione viennese. E certamente questa corrente artistica ha influenzato Neige, fondatore ed unico membro stabile del progetto Alcest, ormai giunti al settimo album e quindi realtà consolidata nel panorama post-black. 

Ispirate all'Art Nouveau sono senz'altro le copertine, poetiche ed enigmatiche, e la ricerca musicale sempre in bilico tra la fiabesca gioiosità e il dolore introspettivo. Per queste caratteristiche la loro proposta ha sempre diviso il pubblico: chi è in cerca di un stile definito resta spiazzato dalla loro proposta, troppo evanescente per l'ascoltatore dalle orecchie di titanio e troppo spigoloso per chi non è avvezzo alle voci sporche, sebbene occasionali. Ma se date a voi stessi la possibilità di cullarvi nel mondo fatato dipinto da Neige, con la disponibilità a raccogliere la varietà di suggestioni offerte da questo "Les Chants de L'Aurore", scoprirete che spesso la bellezza emerge dall'obliquità dei contrasti. 

L’apertura, “Komorebi”, riflette subito i colori dorati della splendida cover: le armonie in maggiore, sebbene sorrette dalle distorsioni e da una batteria sempre prominente che non disdegna i blast beat, rimandano ad una visione bucolica, sottolineata da una scintillante chitarra acustica che compare nella seconda parte. Il discorso prosegue nella successiva “L’Envol”, primo singolo estratto dall’album, che nel ritornello solare e nella pausa a metà con effetto “sgocciolìo” suscita la sensazione di un pigro tramonto estivo; nel finale, appaiono per la prima volta nel disco le voci scream che tratteggiano riferimenti post-black. Dopo i primi due brani sembra che sia delineato il tema dell’album, una sorta di “Shelter” (il loro album acustico) elettrificato, e invece con “Améthyste”, anche terzo singolo uscito in contemporanea, le carte sono rimescolate: il pezzo è decisamente mosso e i tratti distintivi black sono più marcati con harsh vocals più presenti. Il repentino cambio di registro a metà brano, con la quiete prima della tempesta nel finale in cui la tensione torna a salire, addirittura un organo che si affaccia tenue, lo rendono una piccola opera rock, sicuramente l’episodio più riuscito. 

Il secondo lato – per chi come me ha la versione in vinile, io ho optato per un suggestivo giallo trasparente in edizione limitata – si apre con il secondo singolo che ha anticipato l’album, quella “Flamme Jumelle” che al contrario è il pezzo più sensualmente catchy che nella sua struttura verse-chorus-bridge rivela tutte le intenzioni shoegaze del progetto di sostenibile leggerezza. “Reminiscence”, con un violoncello classicheggiante, e la conclusiva “L’adieu”, due brani acustici e contemplativi, racchiudono e, in un certo senso, proteggono come fosse un bocciolo di rosa l’altro episodio nello stile caratteristico degli Alcest, “L’enfant de la lune” in cui una melodiosa voce femminile sfuma nell’ultima corsa verso ritmiche frenetiche. 

Una summa della poetica della band e un album insolitamente breve per gli standard contemporanei, tale che terminato l’ascolto, sopraggiunge la voglia di rimetterlo su per mettere a fuoco – invano – le diverse sfumature. Accanto alla durezza e alla purezza delle diverse declinazioni del metal – in particolare del black metal – band come gli Alcest ne rappresentano l’eredità ed il frutto sapido, che già contiene i semi della futura generazione.

Recensione a cura di mu:d
Voto: 90/100

Tracklist:

1. Komorebi 
2. L'envol 
3. Améthyste
4. Flamme jumelle 
5. Réminiscence 
6. L'enfant de la lune (月の子) 
7. L'adieu

Line-up:
Neige - Bass, Guitars, Vocals, Synthesizers, Piano, Glockenspiel, Lyrics (tracks 1-4, 6), Songwriting
Winterhalter - Drums, Percussion

Web:
Bandcamp
Facebook
Instagram
Spotify

1 commento:

  1. Bella recensione, invidia l invoglia all'ascolto

    RispondiElimina