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CONFINE "C.I.O.D.E." (Recensione)

Full-length, Tanato Records
(2017)

I veneti Confine sono in circolazione da un paio d’anni circa con l’attuale monicker, ma i singoli componenti vantano una gavetta ben maggiore nel circuito hardcore del nord-est italiano. Prima di giungere al presente full length il gruppo dà alle stampe la demo “Nemico Escatologico”, produzione di ottimo livello e parecchio debitrice sia dell’hardcore nostrano della metà degli anni ottanta sia della scena bostoniana classica (Gang Green su tutti).
Con il presente C.I.O.D.E. i Confine operano un cambiamento più radicale di quanto possa sembrare alla propria proposta. Sul versante musicale e attitudinale il nucleo resta fedelmente hardcore, ma gli strati esterni si arricchiscono di metalli pesanti.

Vengono in mente varie realtà della scena heavy da sempre confinanti e ibride con il punk hardcore come Suicidal Tendencies e Sacred Reich e in tempi più recenti e per restare nel Massachusetts ai Death Before Dishonor. Le saltuarie incursioni Grindcore erano invece già presenti su “Nemico Escatologico”.
L’hardcore italiano è da sempre caratterizzato da un’attitudine politica forte, spesso imprescindibile. Anche nei casi in cui una band optasse per una via disimpegnata o meno schierata rispetto alla scena (Nerorgasmo e Negazione su tutti), tale virata, per quanto nichilista, non prescinde da una radice “anarco-extraparlamentare”. Una radice che molte formazioni hardcore giovani mantengono a dispetto di anagrafe e contesti sociali. I Confine fanno esplicitamente del disimpegno un manifesto, ma non un disimpegno ingenuo o qualunquista. Il loro è un disimpegno goliardico e consapevole, una reazione ad una impostazione politica vacua e standardizzata di parte della scena hardcore italiana e non solo.
Tutto questo si capisce dai testi dei nove brani di C.I.O.D.E., testi urlati con rabbia e solidità su una musica ben prodotta e dai suoni netti e definiti senza suonare eccessivamente imbellettata. “Porto Viro” e la title track mettono subito le cose in chiaro: riff efficaci, taglienti, composizioni potenti e agili che dosano con maturità hardcore, thrash, sporco deathcore e grindcore intermittente. “Fate i Nabat” è un pezzo significativo, musicalmente compatto e catchy, è un anthem che stigmatizza i luoghi comuni e la fossilizzazione di certi ambienti che si limitano a invocare grandi nomi del passato hardcore italico. “Gesù Il Cristo” e “Maurizio II” sono pezzi potenti e massicci dal songwriting vario ma scorrevole, “Nel 2015” è la canzone in cui i Confine esplicitano a chiare lettere la loro visione, disimpegno consapevole ben lontano da essere appiattimento apatico e pacificato. 

La conclusiva “Cavarzere”, dedicata alla proprio comune natale, è uno spassoso inno hardcore al campanilismo paesano che dimostra una volta di più l’autoironia goliardica dei Confine.
I tredici minuti di C.I.O.D.E. sono un esempio di come sia possibile proporre hardcore fresco, incazzato, sfaccettato e genuino nell’ispirazione e nell’esecuzione. Non ci sono rischi che dal vivo i Confine lascino il pubblico appoggiato pigramente al muro, qui si esce madidi di sudore.

Recensione a cura di Nicola “El Mugroso” Spagnuolo
Voto 90/100

Tracklis:
1 - Camonata
2 - Porto Viro
3 - C.I.O.D.E.
4 - Grondayah
5 - Fate I Nabat
6 - Gesù Il Cristo
7 - Maurizio II
8 - Nel 2015
9 - Cavarzere

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