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DESPISED ICON "Purgatory" (Recensione)


Full-length, Nuclear Blast 
(2019) 

Come anche confermato dalla band stessa in una intervista, il loro sesto album è anche quello più vario della loro discografia. Anche se il carattere generale è quello che da “The ills of modern man” li ha portati al successo, ovvero un death metal dalle forti componenti metalcore, non mancano i rimandi alle origini più classicamente death, mai totalmente rinnegate, dei loro primi due album, in cui le influenze di Cephalic Carnage e Dying Phetus erano predominanti. Che poi, potremmo parlare per ore se il cosiddetto “deathcore” abbia o meno dignità di stile a sé stante, in quanto il death metal americano è già di per sé il risultato della stratificazione di numerosi generi tra loro anche diversi, tra cui ha sempre figurato anche il punk/crust/hardcore, e la band di Montreal semplicemente ne mette in luce alcuni a scapito di altri – in fondo, i tanto caratteristici breakdown si ritiene siano stati introdotti dai tradizionalissimi deathster Suffocation. 

Comunque, con “Purgatory” i Despised Icon dimostrano di avere ben meritato il successo che si sono ritagliati negli anni: non so se si tratti del loro lavoro migliore, come pure qualcuno ha scritto, ma di sicuro è un disco con tantissimi pregi e ben pochi difetti. Non dura nemmeno quaranta minuti, ma è ricchissimo di influenze: non solo i citati breakdown e l'irruenza vocale ai limiti dell'hip-hop, ma riffoni crust-punk (“Vies D'anges”), bastonate groovy (“Apex predator”), accenni sinfonici (“Moving on”, che inizia come un omaggio ai The Monolith Deathcult), ricami quasi svedesi (la seconda metà di “Dead weight”), polarizzazioni e gorgoglii slam sparsi un po' ovunque. 

Se proprio dovessi scegliere il portabandiera dell'album, direi che la title-track è il pezzo che più mi è piaciuto, ma bisogna riconoscere che la qualità media e la tensione artistica sono alte un po' ovunque in questo lavoro, che diventa subito un ottimo viatico per introdurre sia i Despised Icon che il loro genere anche agli amanti del metallo estremo più tradizionalisti. In fondo diciamocela tutta, gruppi come loro sono brutali ed assassini tanto quanto i numi tutelari del death, anche se meno disgustosi e più urbani. 
E poi, che copertina! 

Recensione a cura di Fulvio Ermete
Voto: 76/100

Tracklist:

1. Dernier souffle
2. Purgatory
3. Light Speed
4. Slow Burning
5. Snake in the Grass
6. Vies d'anges
7. Moving On
8. Unbreakble
9. Apex Predator
10. Legacy
11. Dead Weight

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