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NEGURA BUNGET "Zău" (Recensione)


Full-length, Lupus Lounge
(2021)

Sono alcuni anni che non scrivo recensioni. Si potrebbe pensare che sia come andare in bicicletta - “una volta imparato…”, si dice. Non credo sia così, in realtà. Penso piuttosto che fare recensioni e ascoltare musica in privato siano due cose profondamente diverse; quando si recensisce ci si mette in mostra e ci si apre al confronto e alla critica perché, bisogna ricordarlo, al di là della valenza oggettiva di un disco, c’è molto di personale. Ho deciso, per inaugurare la mia nuova stagione da Re-censore, di confrontarmi con il lavoro di chiusura di una band che amo particolarmente: i Negură Bunget. L’opera in questione è il lavoro uscito alla fine dell’anno scorso (2021) dal titolo “Zău” – che rappresenta il capitolo conclusivo della trilogia transilvana (“Tău”, “Zi”, “Zău”). Proprio per verificare che il mio orecchio non si fosse arrugginito troppo, mi sono ascoltato l’album in momenti differenti e in stati d’animo differenti, poi mi sono andato a leggere qualche recensione. Devo dire che mi trovo in linea con una valutazione generale sopra la sufficienza, il classico sei e mezzo, per intenderci…ma, come spesso succede, c’è un ma…

Sono profondamente convinto che ogni album sia il frutto di un percorso e di un contesto, la sua valutazione, quindi, non può prescindere da questi elementi che ne sono, di fatto, parte integrante. Innanzitutto bisogna sottolineare che su “Zău” non troviamo – ahinoi – la presenza della mente, nonché fondatore del progetto Negură Bunget, Gabriel Mafa alias Negru scomparso prematuramente nel 2017; secondo poi dovremmo contestualizzare la proposta musicale del gruppo di Timișoara e la sua evoluzione, sempre in bilico tra black metal rude (lavori degli anni Novanta) e riscoperta dell’anima ancestrale e tradizionale del proprio paese (gli album da “Om” in avanti) e, da ultimo, essendo un album di commiato e terzo e ultimo capitolo di una trilogia, considerare che vale come opera conclusiva, quasi pietra tombale, laddove la fine, nella tradizione funebre rumena, rappresenta non una rottura, ma un passaggio che assicuri al defunto una riuscita integrazione nel mondo dell’al di là. Ecco, “Zău” (che tradotto significa “veramente”) è un cerimoniale conclusivo, è un album rituale, vive di atmosfere e suggestioni, non si esaurisce in un genere ma sconfina a macchia d’olio in territori limitrofi (d’altronde, il black metal è, per vocazione, un genere che tende a sconfinare e allargarsi, a sperimentare e osare – “Ulver” e “Mayhem” potrebbero essere due esempi, tra i nomi noti). “Zău” è un crogiuolo in cui si fondono e mescolano sonorità agli antipodi, a volte con discreti risultati, a volte meno; sonorità di matrice fortemente ambient e ritualistica, caratteristici della ricerca sonora che parte dall’imprescindibile “Om”, si mescolano con parti corali, tastiere ariose, cantati puliti e voci femminili (“Brad”) o, alternativamente, con incursioni dal vago sapore black che restano, però, sempre un po’ troppo morbide, senza assumere mai i tratti ferali dei quali i nostri hanno pur dimostrato di essere capaci su tutta la produzione degli anni Novanta.

Paradossalmente le tracce che non vengono “sporcate” da attacchi di matrice estrema, sembrano anche quelle più riuscite. La purezza ancestrale di suoni tradizionali, materici, legnosi e ossei di corni e flauti, danno vita ad atmosfere rarefatte dal sapore silvano, in questo senso la già citata opener “Brad” (Abete) è il pezzo più riuscito del disco in quanto riesce a fondere in maniera armonica le anime che la abitano, laddove invece “Obrăzar” rappresenta l’esempio di commistione mal riuscita tra sonorità di non facile fusione: la parte iniziale e quella finale della traccia, in cui l’assenza del cantato, grazie alla commistione delle tastiere, crea un’atmosfera onirica e invocativa/evocativa, mal si congiunge con la parte centrale caratterizzata da una deviazione su territori più estremi, lasciando la sensazione che le due anime del brano viaggino parallele e scoordinate, con soluzione di continuità. Ad ogni modo, nel valutare questo disco, bisogna tener conto del fatto che “Zău” è il canto del cigno di una perla della musica estrema underground e, come tale, deve essere considerato. Non può essere un compendio dei trascorsi della band perché non rende giustizia alle varie fasi creative che questa ha attraversato ma, nel bene o nel male, è un’opera di chiusura e un omaggio funebre a quel Negru scomparso nel 2017. 

“Zău” è un passaggio verso un “altrove”, ma “i riti di passaggio sono complessi e concernono sia colui che se ne va che quelli che restano e si protraggono nel tempo”. Sconsigliato a chi si avvicina per la prima volta alla band, consigliato per i feticisti.
Per approfondire la tradizione funebre rumena: https://www.oltremagazine.com/site/tradizioni-funerarie-romania.html

Recensore: Re-censore
Voto: 70/100

Tracklist:
1. Brad 
2. Iarba fiarelor 
3. Obrăzar 
4. Tinerețe fără bătrânețe 
5. Toacă din cer

Line-up:
Gabriel "Negru" Mafa (R.I.P. 2017) - Drums, Percussion, Lyrics
Petrică Ionuţescu - Kaval, Nai, Tulnic, Duduk
Adi "OQ" Neagoe - Guitars, Keyboards
Tibor Kati - Vocals

Web:
Bandcamp 1
Bandcamp 2
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1 commento:

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