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TEARS OF BLOOD "A New Way Of Life" (Recensione)

Full-length, Independent
(2016)
 
“…A new way of life” interpreta un nuovo modo di concepire la propria esistenza. Un nuovo corso che per i Tears of Blood ha trovato la sua ragion d’essere nella vita di band, che diventa una seconda famiglia, e in senso più ampio nella musica, fonte di nuove speranze, capace di trasformare le proprie prospettive come una piccola ma fondamentale luce, per prendere il sopravvento sulla realtà e guardarla da nuove angolazioni…”. 
Questo è quanto ci arriva nel press kit di presentazione della band; incuriosito da quanto leggo decido di premere play ed iniziare ad ascoltare questo disco composto da 11 tracce più una bonus track finale.  
Il lavoro in studio si apre con un intro prolisso e dotato di una atmosfera idilliaca, come un panorama vuoto ma al tempo stesso colmo di sensazioni, emozioni e di atmosfera inquietante; una chitarra acustica guida l’ascolto attraverso una melodia doppiata da strumenti ad archi e, cadenzata, da percussioni elettroniche in soddofondo; stiamo parlando della prima traccia “Beginning of a new black world”. Al termine di questa inizia il vero e proprio disco, suonato e, come si suol dire, picchiato. “A new Way of Life” è la seconda traccia e la tittle track dell’album ed appare chiaro sin da subito quali siano le influenze della band; a livello vocale è chiara l’influenza Triumviana con growl/scream nelle strofe e voce più melodica al ritornello. Per quanto riguarda invece gli strumenti i “Tears” riescono ad avere uno stile intrecciato tra band come Avenged Sevenfold, Trivium e Bullet for my Valentine, che non risulta molto originale ma è ben riproposto. La canzone “passa bene” e sul finale ci propone la melodia suonata con una chitarra acustica che riprende l’intro dell’album e porta verso il ritornello conclusivo con tanto di coro melodico sulla stessa base e la ripetizione di versi di quest’ultimo.

Si passa quindi alla terza traccia; “Legion”. Traccia che sembra presa da un album dei Trivium; potrebbe tranquillamente essere inserita in un “In Waves” che farebbe la sua porca figura. La ritmica delle chitarre nelle strofe diventa melodica per caricare la tensione del brano e farla poi esplodere nel ritornello; intento non riuscito perché il ritornello sembra un bridge e quindi non ci sazia come ci eravamo immaginati. Arriviamo ad un solo che si passano le 2 chitarre prima a destra e poi a sinistra come in una partita di tennis, mentre una delle due lavora ad alta velocità l’altra gli fa da sfondo, idea buona realizzata bene, forse dura troppo questa parte e tende a distogliere l’attenzione dal brano nella sua totalità. Sul finale una mitragliata di doppia cassa fa capire che chi sta dietro alle pelli è un musicista che sa come si scrivono parti di batteria e sa cosa fare al momento giusto. Risultato; dopo una parte che mi ha creato confusione (solo), arriva una parte che mi carica a mina e che viene mixata senza stacchi alla quarta traccia: “Black Sea”. L’inizio della traccia a livello ritmico è identico a quello delle precedenti e le note che la chitarra suona sono pressoché le stesse, qui si sentono chiaramente i Bullet for my Valentine e nel ritornello i Trivium. Traccia, personalmente parlando, non particolarmente degna di nota, ho apprezzato tanto gli armonici naturali che vengono proposti e il “break down” che precede il solo della chitarra, stavolta in stereo, con tanto di wah-wah alla Kirk dei Metallica, che termina con una nota tenuta lunga che si tuffa nella ripresa del ritornello; anche qui ci sono i cori sul finale del pezzo.

Passiamo a “Cocito”, canzone che sembra creata per coinvolgere iil pubblico attraverso il ritmo saltellante che, devo ammettere, mi prende a pieno. Questa bella sensazione viene fermata dal classico “tupa-tupa” che precede il ritornello. Finalmente si sente anche il basso che fino ad ora avevo inteso a tratti, ma è ancora presto per dare un giudizio. Arriviamo al solo; il primo mi convince a pieno il secondo non mi affascina particolarmente nel suo modo di attaccare la melodia, mi sembra a tratti stonato. Canzone nel complesso buona, “passa bene” diciamo. Siamo giunti a “Drown”, qui le chitarre suonano in maniera percussiva ed accompagnano la voce che nel ritornello è qualcosa di epico, è il ritornello migliore dell’album, ti entra in testa e la melodia vocale è accompagnata dell’elettronica che ci dona una nuova chiave di lettura della band, meno “copiata” da altre e più originale, un pò alla Lacuna Coil, ma in chiave più cattiva. Spero che questa sia la loro sonorità e che venga riproposta nei prossimi pezzi. Parlando sinceramente trovavo il tutto eccessivamente monotono, ma questa canzone ha risollevato la mia attenzione. 
Altro mix con la successiva traccia “Never Forget” con un ritmo ballerino ed armonico al tempo stesso, nel ritornello non capisco se c’è dell’elettronica in sottofondo oppure delle chitarre acustiche che suonano contemporaneamente alle chitarre distorte. Altro solo con il wah, molto melodico e che mi piace davvero tanto. Nel complesso la canzone ricorda in maniera totale i “BFMV”.

Finalmente con “The day I Die” ci viene proposto il basso con un suono aggressivo e ritmato grazie anche alla presenza della cassa in battere. La strofa è abbastanza simile alle canzoni precedenti, ma il ritornello è qualcosa di diverso con 2 clean vocals armonizzate a vicenda che potevano essere ragionate maggiormente a livello armonico, ma che sicuramente sono qualcosa di nuovo all’interno dell’album. Ennesimo Beak down che precede il solo di entrambe le chitarre insieme con il basso che fa da collante in un mid tempo che esplode nella seconda parte del solo attraverso pentatoniche ascendenti a gran velocità. Piccolo bridge che riprende successivamente l’intro della canzone che porta ad un ulteriore ritornello e la fine della canzone. “From Dark to Light” è la traccia ritmicamente (parlando di batteria) più veloce e martella nelle casse fino al solo momento in cui attraverso “HEY” viene incitato il pubblico e l’ascoltatore a muovere la testa fino al solo che a mio parere è stupendo, qui la melodia trova lo spazio adeguato ed entrambe le chitarre dialogano insieme. Attraverso un “custoff” che prima chiude e poi apre la traccia arriviamo all’ultimo ritornello che poi chiude il pezzo.

La decima traccia è “Death is near” che appare costruita su accordi e note che formano arpeggi diminuiti che esplodo nel ritornello passando al modo maggiore (si vede che studio in conservatorio eh?!). La canzone di per se è abbastanza incazzata a tracci Metalcore, ma al punto giusto. Il ritmo nonostante sia veloce e pestato rende l’atmosfera cupa e malinconica. Dopo il secondo ritornello c’è un bridge con accompagnamento al ride sulla batteria, ritmo decisamente alla Pantera; approvato così come il solo blueseggiante di chitarra. Ritornello finale e chiusura della canzone con la classica struttura. “Demon of the world” mi pare suoni in maniera decisamente differente a livello di mix dalle precedenti; canzone in perfetto stile Triumviano con ritornello melodico e tenuto dritto dalla doppia cassa continua. Bridge con chitarra pulita ed accenti della batteria che poi porta alla riproposta del tema della clean guitar in distorto con il solo di entrambe le chitarre. La seconda parte della canzone è in perfetto stile Machine Head. 
“Last step of Heaven” è il brano che a livello ritmico si differenza di più nell’intero album; il ritmo iniziale mi ricorda i Black Stone Cherry mentre nel ritornello tornano a fare visita i “BFMV” ormai le cose che scrivo sono sempre le stesse dato che la sostanza di quello che sento è abbastanza ripetitiva. Purtroppo, aggiungo… 
Arriviamo alla fine del disco con la traccia bonus intitolata “In my hands”, canzone che a livello di suono e registrazione è completamente differente dalle precedenti, devo essere sincero mi spiazza un pò. Nel suo complesso e molto originale sia a livello melodico ,per quanto riguarda la voce, che a livello armonico. Il ritornello però riprende lo stile delle precedenti canzoni in stile pop punk rock.

Dopo circa 60 minuti di musica il disco è finito e posso trarre le conclusioni con tanti contro ed altrettanti pro: il disco mi suona freddo, forse compresso in maniera eccessiva, la somiglianza delle canzoni eccetto “Drown” mi rende difficile la distinzione delle varie tracce e mi sembra un unica canzone con differenti parole della durata di quasi 50 minuti. Non sempre le scelte armoniche mi hanno soddisfatto, non ho sentito un lead di chitarra alla “TRIVIUM” e neppure un solo alla “BFMV”… peccato…la somiglianza tra i “tears” e le band appena citate è sorprendete, forse eccessiva. Posso concludere i contro dicendo che è un disco troppo uguale. Passiamo ad i pro; si sente che la band è navigata, da questo disco capisco che il loro stile musicale è consolidato e sono una band che si esprime bene con questa struttura dei brani (intro, strofa, ritornello, strofa, ritornello, bridge, solo, ritornello, ritornello+coro finale) che è la stessa in tutti. Vedendo la loro pagina Facebook noto che hanno un buon seguito e di conseguenza mi convinco che questa loro “caratteristica” sia effetto di quello che il loro pubblico vuole. 
Conclusioni, se siete amanti del Metalcore melodico è una band ed un disco che vale la pensa ascoltare e mettersi in macchina, se invece (come me) venite dal thrash e dal death metal potete dargli un ascoltata, ma penso sarete concordi al mio parere.
 
Recensione a cura di: Alle Code
Voto: 65/100
 
Tracklist:
1. The Begin of a New Black World S.V.
2. New way of Life 80
3. Legion 75
4. Black Sea 75
5. Cocito 70
6. Drown 80
7. Never Forget 70
8. The Day I Die 70
9. From Dark to Light 80
10. Death is Near 75
11. Demon in the World 70
12. Last step to Heaven


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