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BLACK METAL: face-painting, da semplici metallari a figure mitologiche


Quando ero il solito ragazzino in avanscoperta del reame metallico più di confine, ricordo bene che un’immagine promozionale dei Satyricon dell'epoca "Nemesis Divina", più magari le sessioni fotografiche degli Immortal di "Pure Holocaust" e "Battles in The North", mi affascinarono moltissimo. Non solo quindi la musicalità vera e propria del black metal, ma anche certi aspetti a corollario, come l'immagine dei musicisti stessi o magari i loghi delle band (spesso ad opera di Christophe Szpajdel) accesero la mia fantasia, che da sempre era propensa alla ricerca del "mostruoso", dell'estetica nell'anti-estetica. Non più, come nell'heavy metal, o come nel thrash metal finanche al death metal, dei "normali" metallari con i capelli lunghi e il giubbotto di pelle che suonano un determinato genere, ma delle entità quasi sovrannaturali, degli spettri, la cui identità veniva accuratamente protetta non solo dal make-up cadaverico, ma anche dall'utilizzo di "nomi di battaglia" dal sapore demonologico o mitologico.

Per me questo era un must-have del black metal: un suono melodicamente minimalista, sgraziato, primitivo nella qualità di registrazione, maligno a livello di screaming vocals (il più possibile disumanizzate): un concept, insomma, che trovava perfetta auto-consistenza proprio nel presentare gli artisti come delle creature di una dimensione "altra". Naturalmente mi coinvolgeva un po' tutta l'estetica di queste band: le spade, i teschi, i bracciali con gli spuntoni... basti pensare che in questa foto dei Satyricon a cui accennavo prima, proprio Frost, con il suo bracciale chiodato davvero eclatante, finì con l'essere un mio riferimento per come ci si doveva presentare per essere in sintonia con l'atmosfera generale. Poi col tempo, mi resi conto che i gruppi black metal che presentavano questa scelta d'immagine iniziavano ad assomigliarsi un po' tutti, e come spesso accade, qualcosa nato per "distinguersi", divenne inflazionato.


Ma si finì anche peggio: complici involontari, forse, gli Immortal, ed Abbath in particolare, con le loro pose plastiche e le smorfie sopra le righe, tutta la questione si ritrovò bollata come auto-parodia. Una pagliacciata, insomma. Però sapete, quando riguardo certe vecchie foto dei gruppi black metal con cui son cresciuto, non posso negare che parte dell'attrazione esercitata dal genere nasceva proprio da quelle figure mortifere e misteriose che si immortalavano in qualche sperduta foresta innevata…


Autore: Luke Vincent

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