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NE OBLIVISCARIS - Citadel

Full-length, Season Of Mist
(2014)

Siamo a Melbourne, in Australia. Una giovanissima band si sta affacciando sul panorama metal mondiale rivelando ottime doti tecniche e compositive, stiamo parlando dei Ne Obliviscaris. La giovanissima band che già dal nome è molto evocativa (in latino "Ne Obliviscaris" significa letteralmente "Non Dimenticare") è composta da ben sei membri: Tim Charles ai violini e alla voce pulita, Xenoyr alla voce in growl, Matt Klavins alla chitarra, Brendan "Cygnus" Brown al basso, Daniel Presland alla batteria e Benjamin Baret alla chitarra solista. Questo è un sestetto di tutto rispetto se consideriamo le altissime doti tecniche dei vari componenti. Ma ciò che più salta all'occhio è il loro particolarissimo stile che si nota già nel precedente lavoro "The Portal of I" del 2012. Il combo australiano decide, infatti, di proporre una soluzione particolarissima: un'unione di Black Metal, Death Metal, Progressive Metal e fortissimi riferimenti alla musica classica, sperimentale e la flamenco. La fortissima presenza del violino già imperante proprio in "The Portal of I", ha contribuito alla creazione di una musica molto personale e autentica capace di spaziare in tantissime influenze. Per semplicità definiamo questo loro intricato genere come Progressive Extreme Metal, proprio per raggruppare tutte le sfaccettature della band. 

Questo disco che si è rivelato ottimo ha però spinto la formazione a produrne un altro, ovvero "Citadel". Siamo nel 2014 e, proprio un anno fa, il combo australiano si mette a lavoro con la Season of Mist, etichetta indipendente famosa per aver fatto crescere band come i Carach Angren, per produrre quello che sarà uno dei dischi migliori dell'anno. Ciò rispetterà le aspettative? Citadel è un disco simile e differente allo stesso tempo rispetto ai predecessori. I Ne Obliviscaris hanno ricreato più o meno le stesse atmosfere dell'album precedente: cambi di tempo, ferocia alternata a momenti di quiete, parti in clean e in growl, forti virtuosismi di violino (immancabili). ciò che ne risulta è un prodotto raffinato, prezioso e articolato. I pezzi questa volta sono soltanto sei e alcuni rappresentano vere e proprie Suite con movimenti. 
Tutto parte con l'iniziale "Painters of the Tempest (Part I): Wyrmholes", una struggente strumentale che rivela tutta la perizia tecnica che rende la formazione speciale e unica nel suo genere. Le varie ritmiche si intrecciano armoniosamente con un'atmosfera sognante che, molte volte, rivelano una malinconia molto velata. In alcune soundtrack dei videogiochi, in particolare di Final Fantasy e Kingdom Hearts, si possono riscontrare analogie compositive con le parti di violino, cosa molto gradita. "Painters of the Tempest" non finisce qui poiché continua con la lunga suite di 16 minuti: "Painters of the Tempest (Part II): Triptych Lux". Questo brano è un autentico capolavoro all'interno di una perla luminosa. Nonostante la notevole durata del pezzo non ci sono mai momenti sotto tono poiché tutto è collegato da strutture raffinate e prestigiose. I growl si alternano con parti in pulito e portentose melodie di chitarra che sono coadiuvate dallo splendido violino dal sapore neoclassico / romantico. Scema, invece, il riferimento folk che aveva il precedente disco per far spazio a una maggiore vena progressive. 

Il successivo brano è la strumentale "Painters of the Tempest (Part III): Reveries from the Stained Glass Womb", una strumentale che procede stilisticamente con ciò che abbiamo riscontrato nei precedenti brani. "Phyrric", la quarta traccia, innalza ancora una volta il livello del disco portando momenti di ferocia alternati con attimi riflessivi e sognanti, degni dei migliori paesaggi di John Constable. L'album è di una raffinatezza totale andando a scavare tutti i meandri della psiche umana, portandola verso la schizofrenia e, al contempo, rilassandola e facendola immergere nel mare dell'immaginazione. "Devour Me, Colossus (Part I): Blackholes" è un'ulteriore prova di maestria con i suoi 12 minuti circa. Siamo di fronte a una track inferiore a "Triptych Lux" ma che ci saprà regalare, comunque, attimi di virtuosismi eccellenti. Il lavoro dei musicisti è sempre di ottimo livello grazie anche all'alternanza vocale (non molto esaltante quella in growl in alcuni frangenti ma è un difetto non considerabile). Vengono utilizzati molti registri e vi è sempre la corrispondenza tra l'atmosfera creata dagli strumenti e il cantato. Il disco termina con una terza strumentale "Devour Me, Colossus (Part II): Contortions" che non aggiunge nulla di nuovo a ciò che abbiamo assistito in precedenza. 

E' difficile determinare quale dei due lavori dei Ne Obliviscaris sia il migliore. Con "Citadel" abbiamo avuto scelte diverse in particolare sull'organizzazione dei pezzi (tre strumentali e tre tracce normali). Si è puntato più sulla qualità dei brani (e la loro lunghezza) che sulla quantità. Forse "The Portal of I" riusciva a trovare il perfetto connubio e equilibrio tra queste due cose ma siamo comunque di fronte a due lavori di ottima caratura. Per questi motivi "Citadel" si presenta come un lavoro maturo, ragionato e capace di appassionare notevoli amanti del settore e non, grazie a una raffinatezza tale che il disco si avvicina sempre di più a un'opera d'arte duratura e imperitura a ogni ascolto. 
"Citadel" è un capolavoro del metal moderno che conserverà il suo fascino probabilmente per sempre.

Recensione a cura di: Davide Cantelmi 
VOTO: 100/100

Tracklist:
1. Painters of the Tempest (Part I): Wyrmholes 03:08 instrumental
2. Painters of the Tempest (Part II): Triptych Lux 16:35 
3. Painters of the Tempest (Part III): Reveries from the Stained Glass Womb 03:34 instrumental
4. Pyrrhic 09:50 
5. Devour Me, Colossus (Part I): Blackholes 12:37 
6. Devour Me, Colossus (Part II): Contortions 02:27 instrumental

DURATA TOTALE: 48:11

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