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ARCTURUS “La Masquerade Infernale” (Recensione)


Full-length, Misanthropy Records 
(1997) 

In vista dell’arrivo in Italia degli Arcturus andiamo a rendere omaggio a quello che quasi unanimemente è considerato il loro capolavoro. In verità per questa tornata i norvegesi optano per concentrarsi maggiormente sul precedente “Aspera Hyems Simphonia" segno che anch’esso ha diversi estimatori, come del resto anche quello immediatamente successivo a “La Masquerade Infernale”, “The Sham Mirrors"; ma l'album oggetto di questa recensione rimane di gran lunga il più citato, amato e idolatrato. E infatti è davvero difficile trattarlo come un disco normale: i suoi, forse unici, difetti - a volerli chiamare difetti - sono di appartenere a un filone e a un epoca che appaiono ormai lontani e di essere parto di un gruppo che forse non è mai esistito. 

Cos'è quindi l'avant black di metà anni Novanta? E perché gli Arcturus pur essendo un gruppo vero e proprio sono sempre sembrati più un side-project o meglio un supergruppo di residuati del black norvegese? Cerchiamo di dipanare la nebbia. Come ben noto, l'estate del ’93 è cruciale per il black metal, è il momento delle infamie ma anche l'inizio dell’ascesa commerciale; quasi in contemporanea, lontano dai riflettori e ancora più lontano dai fatti di sangue, sorge una maniera differente di intendere il black metal, più incentrata sulla ricerca musicale e lirica che altro, e i pionieri si chiamano In The Woods, Ulver e Arcturus. Quattro anni dopo, nel 1997, escono tre capolavori che marchieranno a fuoco il movimento, che godrà di un piccolo seguito negli anni a seguire: “Omnio” degli In The Woods, “The Linear Scaffold” dei Solefald e “La Masquerade Infernale". Usciranno poi alla spicciolata “666 International” dei Dødheimsgard, “Neonism", sempre dei Solefald, l'immenso “Vilosophe" dei Manes e una manciata di altri piccoli gioielli underground. “La Masquerade Infernale" è probabilmente il disco più iconico in assoluto di tutta l'epopea, insidiato - per chi scrive - dal solo ”Omnio”. 

Ma chi sono dunque questi Arcturus? Pochi sanno che Hellhammer, quando entrò nei MayheM nel 1988, era già nella formazione, assieme anche al geniale tastierista e maggior compositore Sverd, mentre Garm degli Ulver entrerà col primo E.P. “Constellation” e se ne andrà dopo “Sham Mirrors". Completano la line up della pietra miliare del ‘97 il bravo chitarrista Knut Magne Valle, che prende il posto di Carl August, troppo neoclassico come solista e troppo normale come ritmico, ma autore comunque di un paio di begli assoli come ospite anche su questo disco, e Skoll degli Ulver al basso. Altri ospiti sono Simen Hestnaes, che curiosamente sostituirà Garm sia negli Arcturus che nei Borknagar, e AivarikiaR, altro polistrumentista di area Ulver. Un bel casotto insomma: anche se tutto sommato il gruppo è rimasto in piedi onorevolmente fino a oggi, pur con alcune pause, l'impressione è che gli Arcturus siano Sverd e Hellhammer con vari aiuti esterni; fatto sta che la super formazione de “La Masquerade Infernale” non c'era prima e non è più esistita dopo. Anche il suono, peculiare, del disco non è più stato ripetuto e nemmeno lo sghembo e sinistro songwriting. Scelte volute di instancabili sperimentatori o semplicemente alchimia irripetibile tra questi fuoriclasse? Ognuno trarrà le proprie conclusioni. 

Rimane solo da dire cosa c'è effettivamente dentro questo album, che però risulta quasi impossibile a parole. Di tutto, di più, come si suol dire: l'inizio straniante per il metallaro medio del ’97 di Master in Disguise, il sinfonismo unico e ineguagliato di Ad Astra, la teatralità di The Chaos Path, il breve e perfetto intermezzo atmosferico della title track, la maestosità di Alone arricchita dai versi di Poe, uno dei pezzi più belli di sempre, la “cosacca" The Throne Of Tragedy, l'onirica Painting My Horror e il clamoroso finale luciferino di Of Nails and Sinners. Poi basta, niente più, finito; a meno che non abbiate a portata di mano il cd della Misanthropy Records: premendo Rewind all'inizio della prima traccia, dovreste trovare qualche altro secondo di puro godimento. 

Recensione a cura di Alessandro Attori 
Voto: 95/100

Tracklist:

1. Master of Disguise 06:42
2. Ad Astra 07:40
3. The Chaos Path 05:33
4. La Masquerade Infernale 02:00 instrumental
5. Alone 04:39
6. The Throne of Tragedy 06:33
7. Painting My Horror 05:59
8. Of Nails and Sinners 06:06

DURATA TOTALE:45:12

WEBLINKS:
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Bandcamp (Season of Mist)
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