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RIOT "The Privilege of Power" (Recensione)


Full-length, Epic Records 
(1990) 

Siamo agli albori del secondo decennio di heavy metal, o terzo, a seconda dei punti di vista. Siamo proprio nel 1990, casualmente lo stesso anno in cui sono usciti gli altri due dischi “dal passato” di cui mi sono occupato per HMM. Ma si sa, la passione è passione... specie quella per certe sonorità legate alla propria adolescenza. Siamo ancora una volta negli Stati Uniti, patria di una concezione di power metal strutturalmente antitetica a quella che si sviluppa nel Vecchio Continente: la prima flirta con il prog, con partiture complesse e spesso ostiche, danzando sul confine con il thrash metal e senza perdere un grammo di quell'oscurità che va a braccetto con l'HM sin dai suoi primi vagiti; la seconda parte dalle stesse basi, per poi focalizzarsi sulla ricerca melodica a ogni costo, corredata dalle twin guitars di maideniana memoria e dall'onnipresente doppia cassa “a elicottero”. Ecco, al primo filone (che oggi definiremmo propriamente US Power o US Metal) i Riot appartengono di diritto, giungendo con questo “The Privilege of Power” al loro settimo album in studio. Un concept sulla comunicazione e sulle varie forme di potere realizzato con quello che era il terzo cantante della loro storia, Tony Moore, che in questa sede si affianca al leader Mark Reale e alla sezione ritmica costituita da Van Stavern e Jarzombek. 

Cosa mi ha spinto a scegliere “The Privilege of Power” per un ripescaggio “di lusso”? È presto detto: la formazione con Moore è universalmente nota nel mondo dell'HM classico per l'incredibile “Thundersteel” (un po' il “Painkiller” dei Riot, in quanto a blasone) nonché per il comeback “Immortal Soul”, l'ultimo disco realizzato da Mark Reale prima della sua scomparsa. Sebbene rivalutato ampiamente negli ultimi tempi, questo “The Privilege of Power” conobbe all'inizio alterne fortune, probabilmente per via del suo illustre predecessore, o forse per la presenza dei fiati (a opera della formazione R&B Tower Of Power) che veniva vista come un eccessivo strizzare l'occhio all'emergente movimento funk metal, o forse per la supposta pretenziosità di determinati arrangiamenti, fiati o no. Ricordo bene che anche una delle nostre riviste specializzate lo ritenne non all'altezza di “Thundersteel”, criticandone la carica sperimentale... Fatto sta che ritengo che questo sia uno dei dischi dei Riot invecchiati meglio (insieme al loro capolavoro assoluto “Fire Down Under”, ma questa è un'altra storia...), proprio per la sua carica avveniristica che non lascia mai troppo spazio al puro esibizionismo di tecnica. E sì che di tecnica ce n'è a profusione, tra i solchi di “The Privilege of Power”: il flirt con la fusion è evidente sin dalle note introduttive di “On Your Knees”, mutuate dal classicone di Al Di Meola “Racing with the Devil on a Spanish Highway” di cui i Riot presentano una loro versione proprio in coda al disco, ma la band fa bella mostra di sé anche nelle track al fulmicotone come “Dance of Death”, “Storming the Gates Of Hell” e la sincopata “Black Leather and Glittering Steel”. Ce n'è davvero per tutti i gusti, con le granitiche e anthemiche “Metal Soldiers” e “Little Miss Death”, le riflessive “Runaway” e “Maryanne”, fino alla chicca “Killer” dedicata al noto caso di Jeffrey MacDonald e cantata da Moore in duetto con l'icona Joe Lynn Turner di malmsteeniana (e rainbowiana) memoria. 

Ecco... alla fine le ho nominate tutte, ma è pur vero che la struttura “concettuale” di questo lavoro lo rende un continuum in qualche modo indivisibile, complici gli inserti introduttivi che vi invito a riscoprire. Una sezione ritmica di tutto rispetto disegna architetture complesse ma potenti, come è consuetudine nel genere (non a caso, Bobby Jarzombek è il fratello di Ron, chitarrista dei texani WatchTower), ma è ovvio che a risaltare sono i funambolici e taglienti assoli del compianto Mark Reale e le incredibili vocals di Tony Moore, una vera potenza, sia in studio che dal vivo (ascoltarne le performance sul Tubo per credere, anche quelle della reunion!). E poi, come rimanere indifferenti al refrain “Metal soldiers / And we're marching through the night / Metal Soldiers / Clenching fists of metal might”? 

Recensione a cura di: Francesco “schwarzfranz” Faniello 
Voto: 88/100

Tracklist:
1. On Your Knees
2. Metal Soldiers
3. Runaway
4. Killer
5. Dance of Death
6. Storming the Gates of Hell
7. Maryanne
8. Little Miss Death
9. Black Leather and Glittering Steel
10. Racing with the Devil on a Spanish Highway (Revisited) (Al Di Meola cover)

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