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SLAYER “World Painted Blood” (Recensione)


Full-length, American Recordings
(2009)

Anno 2009. Ecco tornare una delle realtà più longeve, più apprezzate, oserei dire quasi leggendarie della scena thrash metal internazionale: gli Slayer. Poco o nulla ci sarebbe da dire per presentare questa band, oramai diventata un simbolo per tutto il metal, e che può oramai essere considerata come nome rappresentativo di questo genere musicale al pari di gente come Iron Maiden, Metallica, Motorhead, Judas Priest e pochi altri. Ogni loro uscita è ancora oggi attesa al varco con trepidazione e verrà inevitabilmente accolta con critiche contrastanti, e questo nel caso degli Slayer avviene soprattutto dall’uscita del controverso “Diabolus In Musica”. Dieci anni fa gli Slayer ci consegnarono un disco alla Slayer, con tutti gli annessi e connessi. e senza girarci troppo attorno. “World Painted Blood” mostrava una band non statica e con un bel carico di soluzioni accattivanti, e mettendo sul piatto un disco classico ma allo stesso tempo non odorante di naftalina.

La prima cosa che ha attirato la mia attenzione è la produzione (a cura di Greg Fidelman), davvero asciutta e molto “live”. In prima istanza non ho molto apprezzato tale caratteristica, ma col tempo e dopo una bella serie di ascolti sono entrato in sintonia con tale scelta di resa sonora, sapendo anche che è stata una volontà precisa della band, come chiarito ad esempio da Lombardo in qualche intervista del periodo. Superato questo scoglio iniziale (ma comunque gli Slayer non hanno mai optato per produzioni super cristalline e artefatte nemmeno in precedenza, quindi si tratta solo di una estremizzazione di quanto Rubin aveva fatto già con loro), ci si rende conto che il disco segue il percorso “all’indietro nel passato” intrapreso col precedente “Christ Illusion”, ma si presenta meno irruento e più vario. Infatti viene facile, ascoltando l’abum, tracciare un parallelo tra “South Of Heaven” e “Season In The Abyss”, con una spruzzata di elementi quasi hardcore presenti in alcuni loro lavori del recente passato. Chiaramente sarebbe stato molto difficile raggiungere le vette compositive degli album che ho appena citato, ma i Nostri si difendono molto bene grazie ad un tiro che ancora miete vittime e che non teme confronti, e una capacità compositiva meno scoppiettante rispetto a molti anni fa, ma che in ogni caso è ancora irraggiungibile dal 90% delle bands in circolazione.

Si affiancano infatti ad episodi di violenza e brutalità (la title track, “Snuff”, “Hate Worldwide” o “Psychopathy Red”), altri in cui la band cerca di riportare in auge le atmosfere malsane degli album citati in apertura, come in “Beauty Through Order”, “Human Strain” o “Playing With Dolls”. Abbiamo quindi di fronte un platter abbastanza eterogeneo nel quale di episodi davvero scadenti non se ne trovano, ma solo qualche filler, comunque gradevole. La coppia Hanneman (RIP)/King non fa più male come in passato, ma riesce in ogni caso a dimostrare che il proprio mestiere lo sanno ancora fare alla grande, Tom Araya io non l’ho trovato peggiorato (ma nemmeno migliorato) rispetto alle altre prove della band e anzi, non mi pare avesse mai dimostrato di essere questo gran cantante o bassista, ma semplicemente questa volta come le altre imprime il suo classico trademark. Certo non urla più come negli anni Ottanta, ma chiunque a quarantotto anni suonati (oggi siamo quindi vicini ai 60!)  non ha la stessa grinta, i polmoni, e le corde vocali della gioventù, soprattutto se calcoliamo che quest’uomo ha martoriato la sua ugola in studio e sui palchi per più di metà della sua vita! Lombardo si riconferma come grande batterista, pur non facendo nulla di eclatante, ma marchia a fuoco come sempre questo disco con il suo lavoro preciso, potente e con qualche guizzo degno del passato.

Tirando le somme, posso dire che a me il disco è piaciuto e non mi stufa ascoltarlo ancora oggi, di tanto in tanto. Mentre “Christ Illusion” sembrava inizialmente una bomba, ricordo però che molto presto finì a prendere polvere, per cui ne deduco che questo “World Painted Blood” fu un album più pensato e che non venne fuori in maniera immediata, complici anche dei suoni che non vogliono aggraziarsi i ragazzini cresciuti col metal degli anni ’90 e del 2000, anni in cui molta gente anche piuttosto scarsa ha cominciato miracolosamente a diventare sfavillante in studio di registrazione con produzioni super-laccate (ma molte volte deludendo in sede live).
“World Painted Blood” suonava molto retrò e questo l’ho apprezzato non poco quando uscì, perché state sicuri che se gli Slayer potevano permettersi addirittura di “sminuirsi in studio” con una produzione a dir poco “vecchia”, è perché erano sicuri del fatto che vi avrebbero spaccato il sedere poi in sede live rendendo il triplo. Questo è un disco per gente che sa come si suonava negli anni ’80 e per coloro che non disdegnano un minimo di sorpresa in un sound oramai diventato trademark. Un disco a mio avviso un po' troppo snobbato all'epoca, ma che andrebbe perlomeno rivalutato di qualche punticino, se confrontato al piattume thrash del giorno d'oggi, con tutta una serie di band che negli ultimi 15 anni circa non hanno aggiunto nulla al genere, ma anzi forse tolto qualcosa a livello di furia e genuinità. 

Recensione a cura di Sergio Vinci
Voto: 75/100

Tracklist:

1.World Painted Blood
2.Unit 731
3.Snuff
4.Beauty Through Order
5.Hate Worldwide
6.Public Display Of Dismemberment
7.Human Strain
8.Americon
9.Psychopathy Red
10.Playing With Dolls
11.Not Of This God

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