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SAXON "Inspiration" (Recensione)


Full-length, Silver Lining Music
(2021) 

E venne anche per i Saxon il momento di raschiare il fondo del barile. Mai mi sarei aspettato di accostare questa frase ad un lavoro del caro buon Bill, eppure questo "Inspiration", con tutto il rispetto del caso, lo avremmo decisamente evitato di certo nessuno ne avrebbe sentito la mancanza, così come di certo qualcuno non si accorgerà neppure della sua uscita. Sono passati tre anni dall'ultimo discreto "Thunderbolt", ventitreesima (!!!) fatica in studio della storica band di Barnsley, sei invece dall'ultimo ottimo album quel "Battering Ram" che ai tempi mi fece riflettere sul fatto che i Saxon erano probabilmente il miglior esempio di band "storica" attualmente in attività, capace com'era di rinverdire sempre i fasti del passato con un'occhio sempre attento ad una pulizia del suono ed una capacità di graffiare sempre al passo coi tempi. 

E del resto sempre questo è stato il minimo comun denominatore di un lavoro dei Saxon: da quel sound tipicamente british che ha posto Byford e soci come i padrini della NWOBHM, alle inflessioni più commerciali e più easy listening della seconda metà degli eighties dove l'inserimento di qualche soluzione più radiofonica, sulla scia dell'esplosione di bands quali Europe o Def Leppard, passando per il ritorno ad un heavy metal solido tipico della nuova ventata dei primi 2000, quando lavori come "Metalhead" o "Killing Ground" facevano riscoprire alle nuove generazioni quello che era il metal degli esordi, solo in parte affievolito dall'invasione del nu-metal sul mercato discografico internazionale. Ebbene, arriva anche per i Saxon il noiosissimo momento di dare alle stampe un album, totalmente inutile, fatto solo ed esclusivamente di cover. Pochi sono i casi in cui una band ha fatto parlare di sè per un album formato di soli pezzi altrui rivisitati: ricordiamo il famoso "Garage Inc." dei Metallica, il sottovalutato "The Spaghetti Incident" che rappresentò il canto del cigno dei primi Guns 'n' Roses, ma più di ogni altro quel capolavoro che risponde al nome di "Undisputed Attitude" degli Slayer in cui la violenza tipica dell'hardcore fuso al sound spacca ossa di King e compagni, ha dato alle stampe probabilmente uno dei migliori esempi di come un album di cover può contenere al suo interno una ricerca non da poco. Ma purtroppo ritengo sia anche inutile scomodare vecchi esempi dal passato per descrivere questo "Inspirations" che in 35 minuti di musica non riesce a tirare fuori alcun segno, se non quello di macchiare con un'uscita totalmente a vuoto una discografia importante come quella del combo del South Yorkshire. 

Non sarebbe stato il caso di ridurre il tutto ad un ep, prendendo quei 4-5 pezzi magari più usciti ed ispirati, in attesa del prossimo full che, conoscendo la prolificità del quintetto britannico, sicuramente non si farà attendere molto? Ai posteri l'ardua sentenza verrebbe da dire, ma per quanto ci riguarda non possiamo far altro che limitarci ad analizzare gli undici pezzi presenti all'interno di questo album in cui i Saxon omaggiano la "crema" della scena hard-rock internazionale. Si parte con la storica "Paint it Black" dei Rolling Stones, già lanciata dalla band come singolo promozionale che purtroppo metteva già in luce il difetto principale di questo "Inspiration" che è un album scialbo, suonato male, prodotto peggio ed a dircela tutta anche piuttosto "alieno" rispetto a quello che è il sound che siamo abituati a sentire dagli inglesi. Il pezzo in questione non incide, le chitarre sembrano ovattate, Byford tira fuori una prestazione vocale al limite del sopportabile, ma soprattutto i Saxon riescono a far perdere completamente tutto il mordente e l'attrattiva tipica del pezzo originale, coverizzato da qualche migliaio di band nel corso dei decenni sempre con risultati apprezzabili visto che, in tutta onestà, è il classico brano che "si suona da solo"... 

"Immigrant Song" permette di rialzare un pò la testa, se non altro forse perchè i ritmi tipicamente hard dell'originale sono quasi impossibili da smussare in quanto intrinsechi al pezzo stesso, con "Paperback Writer" si torna punto e a capo, con "Evil Woman" dei Crow (pezzo da molti conosciuto maggiormente nella versione dei Black Sabbath) si scade addirittura nell'insopportabile con il ritornello di base che assume i crismi di una cantilena ossessiva ed in cui le solite chitarre ovattate non incidono. "Speed King" ma soprattutto "Bomber" dei Motorhead rappresentano forse i picchi qualitativi del lavoro, ma parliamo di altri due brani di per sè difficili da snaturare specie per la sezione ritmica decisa e veloce che impone un certo ritmo mentre con "Hold the Line" si torna a livelli ahinoi imbarazzanti. A chiudere il lavoro "See my Friends" dei The Kinks pezzo che finalmente riesce a seguire una logica di fondo con Byford che sembra più a suo agio dietro al microfono ma che tutto sommato non può regalare ulteriori punti ad un lavoro ch potremmo riassumere con un solo termine: inutile. Mai mi sarei aspettato insomma di dover criticare così aspramente una della mie band preferite, ma con tutto il rispetto di lavori come "Inspiration" assolutamente non ne ha bisogno proprio nessuno, nè i fans, nè tantomeno la band stessa. 

Luca Di Simone
Voto: 40/100 

Tracklist:
1. Paint It Black (The Rolling Stones cover) 
2. Immigrant Song (Led Zeppelin cover)
3. Paperback Writer (The Beatles cover) 
4. Evil Woman (Crow cover) 
5. Stone Free (The Jimi Hendrix Experience cover) 
6. Bomber (Motörhead cover) 
7. Speed King (Deep Purple cover) 
8. The Rocker (Thin Lizzy cover) 
9. Hold the Line (Toto cover) 
10. Problem Child (AC/DC cover) 
11. See My Friends (The Kinks cover)

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