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CANNIBAL CORPSE "Violence Unimagined" (Recensione)


Full-length, Metal Blade Records
(2021)  

Antefatto: scoprire in questi giorni che questo album è entrato nelle classifiche di vendita italiane ha dell’incredibile. O forse no? I Cannibal Corpse hanno avuto un percorso straordinario che dura oramai da oltre trent’anni. Sono il simbolo dell’estremo. Sono la parte orecchiabile dell’estremo. Hanno una capacità che ha forse del miracoloso. Nella loro musica, e parliamo di brutal death metal, loro da sempre sono riusciti a costruire delle canzoni con un senso, e non semplicemente impilando riff su riff senza alcuna logica. La musica dei Cannibal Corpse ha il pregio di essere estrema, e nell’estremo di essere fruibile ai più. Solo per questo meriterebbero un oscar. 

Ma veniamo a quest’ultimo lavoro. Prima di poggiare il disco sul piatto già sappiamo quale sarà il menù. E non potrebbe essere diversamente. Se vai in un ristorante vegano, già sai cosa troverai e cosa non troverai. Se ascolti un album dei Cannibal Corpse già sai che ascolterai un album di brutal death metal. “Violence Unimagined” è una conferma delle qualità della band. Qualità tecniche, ma non c’era necessità che lo dicessi io, ma soprattutto qualità compositive. Quest’album si ascolta benissimo. L’avvicendamento ad una delle due asce, per i noti eventi che hanno coinvolto Pat O’Brien, è forse la novità più importante. L’ingresso in pianta stabile di quel genio dell’estremo di Erik Rutan, mente degli Hate Eternal, e uno dei migliori produttori di estremo in circolazione, hanno portato una ventata di brutalità aggiuntiva alla musica. Oggi i Cannibal Corpse sono una macchina da guerra ottimamente rodata che non deve dimostrare più niente a nessuno. George “Corpsegrinder” Fisher sta invecchiando come il buon vino. Il suo growl è sempre più profondo, più denso. Il suo stile di canto ha fatto scuola nel tempo ed è un elemento essenziale nell’economia di questa musica. Con la sua prestazione dimostra che il growl è uno stile vocale che nulla ha da invidiare a stili più commerciali. Entrando nel vivo dell’album troviamo che la produzione, superba, permette un ascolto in cui la pesantezza si fonde alla perfezione con la nitidezza. 

Ad aprire le danze è un classico pezzo spaccaossa “Murderous Rampage”, che fa subito sentire chi sono i re incontrastati del brutal death metal. Lo stile dei nostri mischia sapientemente le ritmiche veloci, i blastati, con tanto groove, come accade in modo disumano su “Inhumane Harvest” e “Condemnation Contagion” in cui la voce di Fisher detta i tempi di una musica brutale. E se dei pezzi come “Surround, Kill, Devour” e “Ritual Annihilation” sono il classico esempio di brani alla Cannibal Corpse, che nulla aggiungono al loro stile, possiamo nel contempo godere della validità e della brutalità che riescono ad esprimere, attraverso un riffing serrato ed una sezione ritmica chirurgica. Ed in questo assalto sonoro emergono dei brani che rasentano l’eccellenza come “Follow The Blood” in cui la fusione tra elementi groove e riffing estremi trovano un equilibrio perfetto, in cui anche i solos sono di pregevole fattura. 

E se pezzi come “Bound and Burned” e “Slowly Sawn” sono cosiddetti brani di mestiere, che si ascoltano bene, ma nulla aggiungono alla qualità finale dell’album, con “Overtorture” abbiamo uno dei picchi compositivi di questo lavoro, con un assalto frontale che non lascia prigionieri. “Violence Unimagined” non è un album scontato, perché non è scontato che dopo trent’anni si possa avere una carica distruttiva di questa intensità. Concludendo non possiamo che constatare la qualità di un lavoro che riconferma i Cannibal Corpse sul trono della musica estrema. 

John Preck
Voto: 85/100 


Tracklist:
1. Murderous Rampage 
2. Necrogenic Resurrection 
3. Inhumane Harvest 
4. Condemnation Contagion 
5. Surround, Kill, Devour 
6. Ritual Annihilation 
7. Follow the Blood
8. Bound and Burned 
9. Slowly Sawn 
10. Overtorture 
11. Cerements of the Flayed

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