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Nile “At the Gate of Sethu”

Full-length, Nuclear Blast, 2012
Genere: Brutal/Technical Death Metal

Siamo di fronte al settimo full-length dei Nile, uno dei gruppi death metal più apprezzati, discussi e originali degli ultimi anni. Ormai attivi da quasi un ventennio, quasi tutti più o meno sanno di che genere di band stiamo parlando, delle tematiche devote all’Antico Egitto che da sempre affrontano e del loro approccio brutale e tecnico al death metal. Inutile dilungarsi molto, queste più o meno sono le caratteristiche che da sempre contraddistinguono i Nile. Il mio intento, con questa recensione, è quello di fare una analisi del tutto scevra da possibili influenze dettate dalla reputazione della band, dal loro passato e dalla loro fan-base, sempre pronta a vivisezionare ogni loro opera in maniera maniacale. Quasi sembra di trovarsi di fronte ai fan boy di gente come Iron Maiden o Metallica, troppe volte accecati dal fanatismo, e quindi portati ad esasperare tutto quello che fanno i loro beniamini, nel bene e nel male.

Diciamo subito che in passato ho molto amato i Nile, i primi tre dischi per me sono degli assoluti capolavori di death brutale e “particolare”, poche altre band hanno raggiunto vette simili in questo genere. E diciamo anche che a mio avviso il loro apice risale ormai a dieci anni fa, cioè alla pubblicazione del perfetto “In Their Darkened Shrines”. Dopo quel disco abbiamo avuto ancora il più che buono “Annihilation of the Wicked”, e per me la loro carriera più importante potrebbe anche essere finita lì. Ma invece la band del South Carolina è andata avanti, ha pubblicato altri tre dischi, tutti più o meno apprezzati. Per il sottoscritto, i punti più bassi sono stati toccati con “Ithyphallic” (2007) e “Those Whom the Gods Detest” (2009). So benissimo che tanti non la vedono alla mia maniera, ma in particolare quest’ultimo per me era stato una delusione cocentissima, lo trovavo irritante, inconcludente, fatto su misura per un pubblico che si fa abbagliare da tanto fumo e poco arrosto. C’è anche da rimarcare che le vocals negli ultimi due dischi sono cambiate, ora non abbiamo più solo toni iper gutturali, ma un alternarsi di parti tipicamente brutal death metal e altre “urlate” e schizzate, ad opera dei due mastermind della band, Dallas Toler-Wade e Karl Sanders. Ad essere onesti questo mutamento non sempre sembra riuscito, soprattutto nel precedente “Those Whom the Gods Detest”, le voci diventavano insopportabili a tratti, rovinando quel poco di buono che si poteva trovare in quel platter.

Ma passiamo a questo ultimo “At The Gate Of Sethu”. Ebbene, io prima di recensirlo mi son preso il mio tempo. Me lo sono prima procurato in mp3 (tanto ormai legalmente o illegalmente lo fanno quasi tutti), e l’ho ascoltato molte volte. E poi me lo sono comprato dato che il disco a me è piaciuto. Sì, state leggendo bene, il disco mi è piaciuto e aggiungo anche che lo trovo di molto superiore ai due lavori precedenti. Sto usando questo tono perché negli ultimi 4 mesi ho letto in giro per il web tanti commenti, tanti giudizi su questo disco, ma molte volte non ne capivo il senso. A parte che, come al solito, ci si trovava a parlare di un disco 10 giorni prima che fosse uscito e a vedere recensioni affrettate, anch’esse poco a fuoco, proprio perché il disco non lo si era assimilato. Come si può assimilare un disco dei Nile, con le loro caratteristiche di complessità esecutiva e cerebrale, dopo 2 ascolti? Come si fa a stendere una recensione attendibile o a scrivere pagine e pagine di post sui forum dopo pochi ascolti? La risposta è semplice, non si può. Capisco si trattasse di un disco sempliciotto, ma per i Nile bisogna agire con cautela.
Troppi critici improvvisati hanno bocciato quest'opera, ritenendola deficitaria sotto molti aspetti: produzione sballata, composizioni banali e senza idee, vocals insopportabili e altro ancora. La mia visione su “At The Gate Of Sethu” è invece diversa. A posteriori posso dire che ho fatto bene ad aspettare un po’ di tempo prima di parlarne. A parte che da subito il disco mi è parso come ben assemblato, ne ho apprezzato la produzione nitida e non prettamente death metal, e ho percepito che i Nile avevano risalito la china rispetto alle due release precedenti, seppur credo si capisse da subito non fossimo di fronte ad un nuovo “In Their Darkened Shrines”…Ma fin dall’opener “Enduring the Eternal Molestation of Flame” ho sentito una band che finalmente ha avuto il coraggio di rinnovarsi senza snaturarsi, di rimanere ancorata al proprio stile, ma inserendo qualche ingrediente in grado di rendere il presente fresco, non riciclato. Ecco quindi che la produzione scarsa che tanti hanno riscontrato assume un significato ben diverso; lo stesso Karl Sanders in alcune dichiarazioni sui magazines (quelli cartacei, ovvero quelli che non compra più nessuno, vero?), ha ribadito che i suoni di questo nuovo platter sono stati pensati proprio in questa maniera, in quanto in passato le chitarre, a suo avviso, erano spesso penalizzate per una resa non ottimale, confusionaria, che non rendeva giustizia alle fitte trame chitarristiche della band. E come dargli torto! Se da una parte è vero che il sound dei primi dischi era devastante, è anche vero che effettivamente troppe volte non si capiva cosa effettivamente si stesse suonando/ascoltando. Chiariamoci, io amo ancora quelle produzioni e guai se venissero mai ritoccate, sono perfette così. Ma oggettivamente tendono alla confusione.

Il secondo aspetto che si nota, e che già avevo accennato prima, sono le vocals, ora molto cambiate. Le parti gutturali hanno meno spazio rispetto a prima. Adesso sono molte le incursioni di vocals “declamatorie” e dal tmbro strozzato ma acuto. Questo aspetto può piacere o meno, ma denota anch’esso che i Nostri guardano al futuro. A parte alcuni particolari come questo, la band ha realizzato un disco davvero buono, dove non mancano alcuni apici non da poco, in mezzo comunque a un insieme di canzoni decisamente valide, anche quando non fanno gridare al miracolo. La già citata opener “Enduring the Eternal Molestation of Flame”, seguita dalla devastante “The Fiends Who Come to Steal the Magick of the Deceased”, costuituiscono una doppietta che molte band possono solo vedere col binocolo. Qui troverete tutti gli ingredienti che avete sempre amato di questa band: tecnica, intricatezza, drumming forsennato e di gran qualità ed epicità (ma meno preponderante che in passato). Le parti più cadenzate sono presenti, basti ascoltare “When My Wrath Is Done”, ma la band sfiora il capolavoro con la title track “The Gods Who Light Up the Sky at the Gate of Sethu”, dove avrete tutto quello che aspettate da una band chiamata Nile. Il disco prosegue poi su binari piuttosto elevati, con episodi che vanno dal brutal puro (“Natural Liberation of Fear Through the Ritual Deception of Death”), e altri in cui la formazione fa riemergere quella vena quasi doom e epica che fin qui aveva un po’ latitato (“Tribunal of the Dead” ). Bella chiusura affidata alla quasi melodica “Supreme Humanism of Megalomania”, posta prima del sigillo finale chiamato “The Chaining of the Iniquitous”, lenta e asfissiante, ma non eccellente a dire il vero.

Chiudiamo il cerchio affermando quanto segue: “At the Gate of Sethu” è un disco che non eguaglia il periodo che va dal 1998 al 2005, ma denota una netta risalita da parte di questi fuoriclasse. Non comprendo ancora il marasma di critiche che ho letto in giro, forse tante anche viziate dal fatto che ormai i dischi si ascoltano solo sull’I-pod o sul pc, da mp3 di bassa qualità, e forse perché quando si ha a che fare con una band che ha sulla groppa almeno 3 capolavori, le aspettative sono sempre troppo elevate. Ma come sempre la pazienza e l’obiettvità vincono sulla chiacchiera facile, e questo disco si è rivelato per me come uno dei migliori album di death metal tecnico degli ultimi anni.
Ripeto, i capolavori dei Nile sono altri, ma dopo alcuni episodi piuttosto sottotono (e sopravvalutatissimi) è d’obbligo dire “bentornati”!

Recensione a cura di: Sergio Vinci “Kosmos Reversum”
VOTO: 78/100

Tracklist:
1. Enduring the Eternal Molestation of Flame 04:29
2. The Fiends Who Come to Steal the Magick of the Deceased 04:30
3. The Inevitable Degradation of Flesh 05:30
4. When My Wrath Is Done 03:11
5. Slaves of Xul 01:24 instrumental
6. The Gods Who Light Up the Sky at the Gate of Sethu 05:43
7. Natural Liberation of Fear Through the Ritual Deception of Death 03:30
8. Ethno-Musicological Cannibalisms 01:40 instrumental
9. Tribunal of the Dead 05:54 
10. Supreme Humanism of Megalomania 04:49
11. The Chaining of the Iniquitous 07:05 

DURATA TOTALE:  47:45     

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