ENTROPY "Dark Signs" (Recensione)


Full-length, Metal Zone Italia
(2025)

Con "Dark Signs", gli Entropy riaffermano la loro identità con un lavoro che riesce a essere allo stesso tempo immediato e stratificato, aggressivo e contemplativo, radicato nel metal più diretto ma attraversato da una sensibilità moderna che rende ogni traccia parte di un percorso coerente. L’apertura con "Box 44" non lascia spazio a incertezze: un’introduzione cupa e pesante, che non ha bisogno di accelerazioni isteriche per colpire. Il brano costruisce una tensione stabile, quasi cinematica, con riff che scavano e un drumming solido, creando una cornice perfetta per l’ingresso di "End of the Time", dove l’urgenza aumenta e prende forma in linee vocali più taglienti e un groove martellante che non perde mai definizione.

Con "Perfect World" si percepisce un diverso tipo di inquietudine, più introspettiva: le chitarre, pur rimanendo aspre, si lasciano attraversare da un’ombra melodica che amplifica il senso di instabilità emotiva. È una delle caratteristiche che definiscono l’album: ogni canzone apre una variante del linguaggio Entropy senza tradirne l’essenza. "Time of the Peril" ne è un esempio, con i suoi cambi di passo, i fraseggi più nervosi e una struttura che sembra sempre sul punto di esplodere, ma lo fa con misura, lasciando emergere un’energia compressa che attraversa tutto il pezzo.

La title track "Dark Signs" rappresenta uno dei momenti più riusciti: un equilibrio tra oscurità, dinamiche incisive e una gestione sapiente degli spazi sonori, con un riffing che affonda e poi risale, come un respiro affaticato ma inarrestabile. La successiva "Saggy and Floppy" è una scheggia impazzita che rompe ogni linearità: volutamente ruvida, corrosiva, quasi disturbante, offre un lato più sporco e disallineato della band, dimostrando come gli Entropy non temano di inserire fratture e deviazioni. "The Four Tempters" riporta ordine ma senza smorzare la tensione, con un gioco tra melodia, groove e atmosfere più contemplative che apre una nuova sfumatura nel percorso narrativo del disco. Lovemeless, invece, rappresenta la parte più emotiva dell’album, con una voce che abbandona, anche se solo in parte, la sua ruvidità per lasciare filtrare una vulnerabilità che amplifica il senso di solitudine del brano.

Nel segmento finale, "Hellcop" torna a picchiare duro, con una scrittura più diretta ma arricchita da un’aura quasi apocalittica, mentre "T.O.T." racchiude in sé molte delle anime del disco: aggressività, controllo, attenzione ai dettagli e una tensione costante che rende il brano uno dei più incisivi dell’intero lavoro. La chiusura con "Black Metal" dei Venom non è un semplice tributo: gli Entropy prendono un classico primordiale del genere e lo ricodificano con il loro approccio, mantenendone l’essenza brutale ma conferendogli un peso sonoro più contemporaneo, trasformando la cover in una conclusione naturale e credibile.

Ciò che rende "Dark Signs" un album davvero significativo è la capacità del gruppo di essere riconoscibile senza rimanere immobile. Gli Entropy attraversano registri diversi, passando dalla furia più viscerale a momenti più atmosferici senza perdere coesione. Brani come "Saggy and Floppy" o "Lovemeless" mostrano chiaramente che la band non si limita a suonare duro, ma cerca anche un dialogo costante con ciò che sta attorno alla forma-canzone: dinamiche, spessore emotivo, costruzione degli spazi. Ogni traccia contribuisce a una narrazione interna che rende l’album compatto e mai prevedibile, segno di una maturità compositiva ormai pienamente raggiunta. Senza rinnegare le proprie radici, gli Entropy dimostrano di saper evolvere, con un approccio che lascia immaginare nuove direzioni possibili e un futuro artistico ancora ricco di possibilità.

Recensione a cura di Simone Lazzarino
Voto: 87/100

Tracklist:

1. Box 44
2. End of Time
3. Perfect World
4. Time of the Peril
5. Dark Signs
6. Saggy and Floppy
7. The Four Tempters
8. Lovemeless
9. Hellcop
10. T.O.T.
11. Black Metal (Venom cover)

Line-up:
Michele Antonio Coppola - Drums
Arnaldo “Al” Laghi - Vocals
Marco Campassi - Bass
Biagio Valenti - Guitars

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