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JASIFE "Roots" (Recensione)

Full-length, Independent
(2018)

Riportiamo delle note biografiche per introdurre questa band ai nostri lettori. Mi permetto solo di dire che la nostra webzine tratta soprattutto metal ma è anche attenta a tutto ciò che in un certo senso è "alternativo", e la musica dei Jasife per noi è stata una sorpresa. Con il loro rock venato di elettronica ci hanno ammaliato, tantochè abbiamo deciso di metterli comunque in evidenza sulla nostra webzine, nonostante siano tutto fuorchè metal (ma nemmeno così distanti, a conti fatti...). Ecco la biografia fatta dalla band stessa, che funge da introduzione alla recensione:

"I Jasife sono un trio strumentale nato dall'incontro tra JAder (tastiere), SIzzy (batteria) e FEde (basso). Influenzati da ogni musica che porti con sé una buona dose di groove e sentimento, abbiamo sviluppato la nostra personalità musicale sulla voglia comune di giocare con suoni e ritmi. La ricerca ha portato ad un sound contaminato con l’elettronica, che abbiamo chiamato meltronic. Nel dicembre del 2016 abbiamo registrato il nostro primo EP autoprodotto, cercando di dare una direzione alla nostra musica: tre brani con caratteristiche molto diverse, ma che lasciano intendere il nostro modo di concepire la musica. Il trio è al servizio della canzone. La tecnica è funzionale alla composizione, mentre la melodia cerca di spaziare verso molteplici orizzonti sonori. 
L'assenza di un cantante e di un testo lasciano libero spazio all'immaginazione dell'ascoltatore così da instaurare un intimo rapporto con il brano. A distanza di due anni dal nostro incontro abbiamo registrato il nostro primo disco. È il risultato di un anno di lavoro in sala prove, con otto composizioni che, da un punto di vista strutturale, si potrebbero definire riorganizzazioni di jam session. Il nostro primo approccio infatti è sempre di tipo improvvisativo e il risultato musicale viene poi elaborato in brani veri e propri, che alternano momenti più aggressivi ad atmosfere distese e rilassate. Il titolo dell'album è Roots, con riferimento alle radici di qualcosa che vogliamo far nascere, crescere e coltivare il più possibile, cercando soprattutto di condividerne i frutti con voi ascoltatori. Grazie al successo della campagna di Musicraiser, siamo riusciti ad autoprodurci questo disco aprendoci la strada nel mondo della musica indipendente. Abbiamo avuto l'occasione di suonare in palchi importanti nel panorama vicentino tra cui il Ferrock aprendo il concerto ai ONE DIMENSIONAL MAN nel luglio del 2018".

Cosa aggiungere ancora a queste esaustive parole, che già rendono bene l'idea di cosa ci propone questa band? In pratica tutto è stato detto ma quello che rimane a noi è il piacere di aver scoperto un gruppo fuori dagli schemi, che non ha paura di azzardare, passando da brani più rock ad altri dove abbiamo una molteplicità di influenze, dal funky, al blues e alla quasi sempre presente elettronica. Quest'ultima a volte lascia spazio a note che sembrano provenire da organo hammond, o comunque da tastiere e sintetizzatori che danno una forte identità retrò ai Nostri. Potremmo quasi azzardare un paragone improbabile tra i Jasife e altre grandi band degli anni Settanta, ma sebbene la band giochi molto a rinverdire certe sonorità calde di quegli anni, sarebbe ingiusto nominare qualche band a caso, perchè la caratteristica principale di questi tre ragazzi è quella di non fossilizzarsi nè su uno stile standard e nemmeno su un periodo, immettendo nel proprio sound sempre qualche elemento sorprendente in grado di spiazzare l'ascoltatore. Ma al tempo stesso questi brani hanno la innata capacità di far viaggiare con la mente l'ascoltatore, di portarlo in una dimensione senza tempo parallela sospesa tra sogno e realtà. 

Personalmente ho apprezzato leggermente di più gli episodi dal piglio più "deciso", come l'iniziale "Breath", col suo basso distorto in primo piano, la successiva "Roots", molto ritmata  e ricca di sfumature e la spumeggiante "Leaves", che in pratica chiude il trittico iniziale dell'album.
Nella seconda parte del disco spicca a mio avviso un episodio come "Rising", che riesce magicamente a passare da momenti molto ritmati ad altri di più ampio respiro, per passare poi ad un finale vagamente oscuro e misterioso dove le tastiere e l'organo hammond si mescolano per dare un tocco di chiaro-scuro davvero stupefacente e che sfiora l'hard rock di gente come Depp Purple, ma con guizzi di modernità tanto inaspettati quanto azzeccatissimi. 

Nel finale abbiamo più o meno ancora una alternanza tra riflessione e ritmi incalzanti, che va dalle sornione e sognanti "Ocean" e "Flow" fino alla potente e nuovamente hard rock "Strive".
Finale quindi che conferma la bontà di un album e di una band che sicuramente ha delle grandi capacità tecnico-compositive e la cui musica potrebbe calzare a pennello in qualche colonna sonora cinematografica. 
La natura progressiva della band è la ciliegina sulla torta ad un album che lascia stupefatti ad ogni ascolto in più che gli si dedica, perchè tanta è la carne al fuoco al suo interno. Consigliatissimi ai più aperti di mente!

Recensione a cura di: Sergio Vinci: "Kosmos Reversum"
Voto: 80/100

Tracklist:
1. Breath
2. Roots
3. Leaves
4. Chood
5. Rising
6. Ocean
7. Strive
8. Flow

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