Vuoi qui il tuo annuncio? Scrivi a: hmmzine@libero.it

DARKTHRONE “Old Star" (Recensione)


Full-length, Peaceville Records
(2019) 

18 dischi più una manciata di singoli, EP e raccolte, questi sono i Darkthrone, numeri da grande gruppo nonostante lo status fieramente underground. 18 dischi che spaziano dal death degli esordi all'allora neonato black metal norvegese, dal thrash al punk, dallo speed al metal classico, sempre con lo stesso filo conduttore però: l'abrasiva chitarra e la voce sgraziata di Nocturno Culto e la batteria "calda" di Fenriz, sempre al servizio delle marcissime composizioni del dinamico duo. 

Nel 2016 il maestro Ted e il postino Gylve decidono di dare in pasto ai propri fan il metal oscuro e rallentato del penultimo “Arctic Thunder", album che si discosta leggermente dagli immediati predecessori, all’insegna di un metal classico molto vicino ora ai Cirith Ungol, ora ai Motörhead, ora ai Bathory periodo “Viking“, e che pur non facendo gridare al miracolo, riscosse un buon successo di critica e pubblico. Questo nuovo “Old Star" pare un connubio degli ultimi lavori con un pizzico in più di atmosfere alla vecchi Darkthrone; inoltre, per ammissione dello stesso Fenriz, il gruppo preso più di mira stavolta, più dei Celtic Frost, più degli Hellhammer, più dei Manilla Road, sono i Candlemass, e infatti c’è da dire che un suono così nitido e ordinato i Darkthrone non l'hanno mai avuto. Un altro parallelo lo si potrebbe fare con gli ultimi Satyricon, che, da quando Nocturno Culto suonò su "Nemesis Divina", risultano una specie di Darkthrone per le “masse"; ma, per maggior chiarezza, andiamo a fare una rapida analisi delle singole canzoni di questo “Old Star". 

Si parte con “I Muffle Your Inner Choir", simile a “Burial Bliss” del penultimo album, e poi è subito il momento di “Hardship Of The Scots” primo pezzo caricato sul web, caratterizzato da un inizio Heavy Metal tradizionale e da un finale talmente epico da risultare il punto più alto del disco nonché tra le migliori cose ascoltate negli ultimi tempi, provare per credere – vale da solo il prezzo del biglietto. Si prosegue con la titletrack, pezzo doom dall'andamento ipnotico, quasi stoner, con la rocciosissima “Alp Man”, col suo funereo finale alla Candlemass di “Nightfall“, e con il secondo apripista “Duke Of Gloat” vicina agli Immortal di Abbath, un tripudio di black norvegese anni Novanta, thrash e metal classico. Il disco si chiude con la sesta traccia “The Key Is Inside The Wall", unico pezzo a inglobare elementi punk tipici di dischi come “The Cult Is Alive" e “F.O.A.D" – anche se sfocia poi in un mid-tempo spaccaossa alla Manilla Road – quindi quanti avessero apprezzato nel passato tale vena dei norvegesi potrebbero rimanere delusi da questo meno scanzonato “Old Star" (oltre a chi i Darkthrone non li ha mai digeriti, ma questo è ovvio). 

In ogni caso, riuscire a rimanere interessanti dopo così tanti anni e così tanti dischi non è facile, nemmeno per due mostri sacri come Fenriz e Nocturno; i tempi di “A Blaze In The Northern Sky" sono andati ed è giusto guardare avanti, prendendo atto che un capolavoro epocale come quello rimarrà – probabilmente, ma chi può dirlo con certezza? - irripetuto. Rimane invece un'attitudine che, nel bene e nel male, non è mai cambiata, un'attitudine che, se all'inizio dei Novanta li portò ad avvicinarsi dal crescente death metal al nuovo suono senza compromessi di Euronymous, li obbliga oggi a fregarsene delle mode del momento e continuare a suonare questo black metal contaminato, sincero e personale; non resta quindi che inforcare gli occhiali da sole più grandi che troviamo e immergerci in questo ennesimo capitolo di intransigenza underground targata Darkthrone. 

Recensione a cura di Alessandro Attori
Voto: 75/100

Tracklist:
1. I Muffle Your Inner Choir 06:26
2. The Hardship of the Scots 07:36
3. Old Star 04:28
4. Alp Man 05:27
5. Duke of Gloat 06:49
6. The Key Is Inside the Wall 07:24

DURATA TOTALE: 38:10

WEBLINKS:
Facebook
Spotify

Nessun commento