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DEVOURMENT "Obscene Majesty" (Recensione)

 
Full-length, Relapse Records
(2019) 

Poche bands hanno avuto una vita tanto travagliata come quella dei Devourment. Vi risparmio tutti i cambi di formazione, le sfighe e le interruzioni, aggiungeteci qualche morte sparsa e l'arresto del loro attuale frontman Ruben Rosas al termine di un festival tanti anni or sono, ed il gioco è fatto. Ciò non ha impedito alla band texana di assurgere al rango di band di culto, anzi possiamo dire che i Devourment sono la band di culto per antonomasia, quella conosciuta da pochi estimatori che, però, ne seguono i passi con grandissima attenzione. Eccerto, in quanto si tratta del gruppo che, a torto od a ragione, è noto per avere dato i natali al sottogenere di death metal noto come slam.

Dopo “Conceived in sewage”, disco ritenuti da molti un pò troppo...edulcorato (parliamo sempre del microcosmo di amanti di budella sparate in faccia), i Devourment decidono di recuperare l'assoluta intransigenza stilistica del seminale “Molesting the decapitated”, e lo fanno anche grazie ad alcuni strategici movimenti di formazione. Passato Ruben Rosas nuovamente al ruolo di growler (o sturalavandini vocale, fate un po' voi), e recuperato il batterista originale Brad Fincher, i quattro texani decidono di andare controcorrente rispetto al grosso delle produzioni discografiche odierne e seppellire i dieci pezzi del disco sotto una pesantissima coltre di marciume sonoro. La decisione di suonare una chitarra ad otto corde ha aiutato moltissimo nell'ottenere un riffing cupo e disperato, ma non quanto le scelte in fase di produzione: i suoni sono pesanti, sporchi e grezzi, e nei momenti di maggiore ed improvvisa furia belluina impediscono davvero una facile intelligibilità. Forse le nuove leve avranno difficoltà a districarsi in un ambiente così old-fashioned, ma bisogna riconoscere che è proprio grazie all'intelligente scelta di ricorrere ad una produzione demodè che “Obscene majesty” riesce a suonare violento sì, ma anche decisamente atmosferico e caldo.

In giro ho letto recensioni entusiastiche, gente che si straccia le vesti come le vecchiette in visibilio davanti al Justin Bieber dei bei tempi passati: sinceramente il disco è bello, come no, e sono sicuro che da qui a dicembre rimarrà un lavoro da ricordare per il 2019, ma in definitiva ritengo che il mio giudizio debba essere un po' più prudente. Un bell'album che dà la polvere a tanta concorrenza, ma ciò è in gran parte merito dell'incapacità di molti gruppi moderni di sapersi costruire un suono personale, invece di ricorrere al solito copia incolla di sonorità che vanno per la maggiore e che appiattiscono il songwriting. 
 
Recensione a cura di Fulvio Ermete
Voto: 77/100

Tracklist:

1. A Virulent Strain of Retaliation 06:06
2. Cognitive Sedation Butchery 04:53 
3. Narcissistic Paraphilia 04:17 
4. Arterial Spray Patterns 03:14
5. Profane Contagion 06:04 
6. Dysmorphic Autophagia 03:23 
7. Sculpted in Tyranny 06:31
8. Xenoglossia 02:31
9. Modum Sui Morte 04:13 
10. Truculent Antipathy 05:55

DURATA TOTALE: 47:07

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