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PAYSAGE D'HIVER "Im Wald" (Recensione)


Full-Length, Kunsthall Produktionen 
(2020) 

L'anno è il 1997 e in una piccola cittadina di qualche migliaio di abitanti di nome Schwarzenburg, nel Cantone svizzero di Berna, il diciannovenne Tobias Möckl dà alla luce sotto lo pseudonimo Wintherr il progetto solista ambient/black metal Paysage d'Hiver; agli albori del 2020, ventitrè anni, dieci demo e quattro split più tardi, esce finalmente il primo album in studio, dal titolo "Im Wald", a sette anni dalla sublime "Das Tor" di cui questo full si pone come degno successore. Lo stile della one-man band si è ormai definito col passare del tempo e lo si riconosce sin dalla prima nota, gelido e sognante nelle sue atmosfere innevate tipicamente invernali, brutale nelle intense mitragliate in puro stile black metal e tagliente nelle fredde e lancinanti vocals, che sembrano provenire da un lontano abisso di ghiaccio sepolto al di sotto della crosta terrestre, sul fondo di un lago gelato ove nessuno ha mai posato lo sguardo. Abbandonato il puro dark ambient dai contorni raw black metal degli esordi, a partire dalla quarta demo del 1999 "Kerker" questa è stata la ricetta vincente del progetto di Wintherr, che in quello stesso anno avrebbe formato con Zhaaral lo spaziale duo Darkspace; la discografia del progetto a quel punto è stata un susseguirsi di capolavori dalla lunga durata, che seppur sotto il nome di demo ne hanno definito l'evolversi senza mai cambiare gli ingredienti principali, quasi fosse una sorta di concept album ventennale in cui ogni singola traccia completa la precedente e si lega alla successiva, che ne riprende la claustrobica essenza gelata conducendola verso altri bianchi orizzonti. 

Tra brani strumentali di quasi venti minuti di durata, interminabili intro ed outro lunghe quanto un normale pezzo black metal, riflessivi momenti acustici di un'intensità travolgente, dal primo full-lenght targato Paysage d'Hiver, suddiviso in due parti per un totale di circa due ore di musica, c'era da aspettarsi un'altrettanto ed ancor più estrema tendenza all'introspettivo, in cui il main-man dasse libero sfogo alla propria ossessione da lungo minutaggio nel raccontare un viaggio musicale che cavalcasse infinite distese di ghiaccio alla ricerca di una città perdute nel cosmo, regalando infinite e tormentate attese nella bianca quiete della neve prima di un'improvvisa tempesta sonora. Invece "Im Wald" è l'album più diretto che sia mai uscito sotto il nome di Paysage d'Hiver, il meglio prodotto e mixato e il più marchiatamente black metal, senza dubbio il meno soporifero, figlio probabilmente più della tempesta di neve sopra citata che non del silenzio polare a cui Wintherr ci ha abituati. Del resto basta sfogliare la track-list per rendersi conto che qualcosa è cambiato dai cinquantacinque minuti divisi in tre tracce del self-titled o dall'ora e venti dei quattro brani di "Nacht", poichè troviamo ben sette canzoni nella prima parte e sei nella seconda; la copertina invece, firmata da Joanna Maeyens, è perfettamente nello stile del progetto, seppur definita nella tecnica e nei dettagli, ed accoglie l'ascoltatore all'interno del suo bosco notturno, tra i fiocchi di neve che cadono dal cielo e il manto bianco che ricopre il suolo, guidando lo sguardo verso l'abisso e il cuore verso l'ignoto.

La prima parte dell'album si apre con la sontuosa "Im Winterwald", la cui introduzione è incredibilmente breve e l'imminente esplosione semplicemente coinvolgente, a trascinare l'orecchio nella ferocia della sua batteria e nel gelo delle sue chitarre affilate, che inseguono armonie pregne di atmosfera e di intensità accompagnate prima da un cantato aggressivo e poi da meravigliose tastiere ambient dalla melodia epica e sognante che proseguono oltre la metà del brano, che sfuma con un tocco malinconico dopo poco meno di dieci minuti di musica ai quali subentra in un giro di lancetta la fredda e ragionata introduzione di chitarra di "Über den Bäumen". Il secondo capitolo esplode intorno al secondo minuto nella medesima furia del precedente, tra chitarre gelide, voce fuori dagli schemi e ritmica travolgente, per poi assumere con l'ingresso delle tastiere un'aura epica che lascia il posto a un riffing freddo perfettamente eseguito e dotato di altrettanta carica atmosferica, prima di rallentare e inseguire una ritmica cupa e quasi tragica, ad anticipare una ripresa senza interruzioni. La breve e ipnotica "Schneeglitzern", dotata di una leggerezza unica, con le sue dolci tastiere che sembrano riprodurre il lento cadere di autunnali fiocchi di neve rappresenta un'illusoria tregua che viene spezzata già dalla prime note della successiva "Alt", in cui l'impeto della batteria e il gelo delle chitarre dominano la prima parte, abbracciando sonorità atmosferiche che assumono ancor più freddezza nelle appena udibili note di tastiera che anticipano il rallentamento di metà brano, dal contorno epico e drammatico, prima della ferocia della ripresa della seconda parte. "Stimmen im Wald", forse il miglior capitolo dell'intera release viene aperta da un coro a cappella che prosegue nell'esplosione di chitarre della prima parte, di un'epicità travolgente, che assume una forma ancor più definita laddove subentrano le chitarre più gelide e sontuose ascoltate finora, ad anticipare un relativo rallentamento in cui riprende maestoso il coro iniziale e ne segue un altro altrettanto intenso, che a mo' di strumento musicale aggiuntivo duetta con il muro di chitarre creando una melodia epica e travolgente; intorno a metà brano l'epicità raggiunge un livello altissimo, unendo cori in clean con una ritmica riflessiva e atmosferica, talvolta accelerata e in altri frangenti ragionata, a costituire un'altalena di emozioni in cui non vi è mai tregua ma il mutamento è costante e fa precipitare l'ascoltatore in un freddo abisso di sensazioni discordanti che meravigliosamente si fondono l'una con l'altra. 

Troviamo infine la strumentale "Flug", l'episodio più lungo della prima parte, che con i suoi undici minuti di durata cavalca con rispetto e cautela una marea ormai morente di emozioni, suonando drammatica e intensa, come a salutare con garbo l'ascoltatore e lasciarlo nelle mani della seconda ora dell'album. La seconda parte si apre con "Le rĕve lucide", brano in francese che illude con la sua quiete iniziale per poi accelerare immediatamente seppur in modo più ragionato attraverso una melodia atmosferica che si arricchisce di timide note di tastiera in sottofondo e di cori lugubri e indefiniti, restando pressochè immutata fino alla fine, nella sua costante ricerca onirica dell'intima coscienza umana, valicando le frontiere del suono senza bisogno di accelerare nè di mostrarsi arrendevole ma inseguendo una melodia carica di intensità e di emotività. La stessa perfetta fusione di aggressività e di riflessione la riscontriamo in "Kälteschauer", in cui il riffing di chitarra risulta ben più gelido e affilato seppur in sottofondo risuoni una batteria furente alla quale si aggiunge sul finale una crescente atmosfera ambient prodotta da intriganti tastiere. Dopo la puramente ambient "Verweilen" troviamo il gelido black/doom di "Weiter, immen weiter", in cui le chitarre risultano cupe come non mai e il cantato si erge sinistro e lugubre alla testa di una ritmica oppressiva dall'alta componente atmosferica, ipnotica come solo certi pezzi firmati Paysage d'Hiver sanno essere. Il capitolo più lungo dell'intera release, con i suoi quasi venti minuti di durata, lo troviamo in chiusura: "So hallt es wider" mostra un'inedita dolcezza nella sua intima introduzione acustica dai sapori ambient, che prosegue laddove chitarre insolitamente caotiche e discordanti duettano con un crescendo di batteria fino ad assumere un'aura gelida, rallentando intorno a metà brano laddove il tutto diviene più pacato e anticipa il delirio atmosferico della seconda parte, la cui lunga e lenta chiusura riprende la melodia iniziale fino ad un torpore di neve e di ghiaccio in cui sembra impossibile poter tornare a percepire di nuovo le proprie emozioni e il suono dei propri pensieri.

Im Wald" è un viaggio senza meta tra le folte chiome degli alberi di un bosco innevato, laddove il gelo e la paura di mostruose creature della notte ridestano antichi timori, rendendo l'animo schiavo della paraonia e in balìa delle più tumultuose sensazioni; le note gelide e sinistre, l'inedita ferocia delle chitarre e il cantato che come l'ululato di un lupo si eleva tragico nel silenzio della notte assopiscono i sensi, rendendo difficile al primo ascolto cogliere la meraviglia del lavoro e l'intensità delle sue atmosfere, specialmente per chi non è avvezzo a simili sonorità. Nelle due ore di durata delle release sono poche le tracce delle lunghe e intense escursioni ambientali dei lavori precedenti, così come le pause e i momenti di riflessione, ma non c'è spazio in questo album per la quiete e i turbamenti dell'animo umano vengono a galla in ogni singola nota, risultanto feroci e solo a tratti offuscati e indefiniti; l'egregia produzione del resto non permette all'ascoltatore di riposare nè di smarrirsi nell'oblio del caos, perchè in "Im Wald" ogni cosa è parte del tutto che la circonda così come un albero della foresta a cui appartiene, come il fiocco di neve al manto bianco a cui tende, che è pronto ad accoglierlo e cullarlo nel torpore del gelo finchè non giunga il sole primaverile a dissolverlo, lasciando di esso soltanto uno sbiadito ricordo invernale. 

Alessandro Pineschi
Voto: 89/100

Tracklist:
1. Im Winterwald 
2. Über den Bäumen 
3. Schneeglitzern 
4. Alt 
5. Wurzel
6. Stimmen im Wald 
7. Flug 
8. Le rêve lucide 
9. Eulengesang 
10. Kälteschauer 
11. Verweilen 
12. Weiter, immer weiter 
13. So hallt es wider

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