SODOM "The Arsonist" (Recensione)
Full length, Steamhammer
(2025)
Le leggende dello speed metal (erroneamente ribattezzato thrash dagli americani) tornano a cinque anni da quel "Genesis XIX" che li aveva meritatamente portati in testa alle preferenze degli amanti di questo genere tornato ai vertici negli anni 2000, e sono chiamati a fornire un lavoro coerente con quella linea. "The Arsonist" rispetto al suo predecessore suona su tempi più moderati e continua a perdere qualcosa in fatto di produzione realistica. L’ennesimo concept sulla guerra, vera ossessione di queste leggende della Ruhr, regione che durante il secondo conflitto mondiale subì ripetuti bombardamenti alleati proprio a causa delle sue industrie e raffinerie, è eseguito con tempi in 4/4 più indicativi di un heavy metal classico alla Judas Priest rispetto all’odio, alla miseria (Tom Angelripper lavorava in gioventù in una di quelle miniere di carbone) che questi panzer tedeschi incarnarono in origine con il loro thrash atonale sporcato di punk.
Pionieri di almeno due sottogeneri di metal: il loro ep d’esordio “In The Sign of Evil” aveva dato il via al metal estremo con risultati difficilmente replicati perfino dai più diretti successori (Euronymous, Mayhem), mentre lavori speed metal “speciali” come “Persecution Mania” ed “Agent Orange” portarono lo stile a vette di eccellenza difficilmente raggiunte da band di questo filone a tratti populista come i Metallica. Impossibilitati a far guerra a un sistema sia musicale che reale verso il quale si sono posti in maniera non allineata i Sodom, in quest’album si muovono tra tributi speed autoreferenziali come “ Witchunter”, dedicata al primo batterista che su “In The Sign of Evil” schiacciò il Lars Ulrich di “Kill’Em All” a suon di skunk beat, soliti brani sulla scia dei tardi Slayer “Scavenger”, e bordate hardcore come “Trigger Discipline”, più l'ennesimo omaggio da "dad" metal in “A.W.T.F” (questa volta diretto al leader dei Tank).
Ciò che rende il lavoro interessante è il riffing di Frank Blackfire che recupera sonorità vicine al black della prima ondata che connotava gli esordi della band. Questo modo di accomodare in un metodo quei riff di powerchords primitivi è sintomatico di come Blackfire continui a costruire riff sempre inattesi pur restando entro i canoni di un genere rigido come il thrash. I due precedenti album seppur ben composti erano sostanzialmente un crogiolarsi in sonorità più bidimensionali; questo album porta invece il thrash su nuovi livelli riunendo questa musica con le sue radici oscure e punk.
E’ importante notare come artisti alla soglia dei 62 anni siano chiamati a replicare vecchie prestazioni perfino dal vivo, ma il nostro Tom Angelripper, in un’epoca di civilizzazione della musica metal dominata da live di ogni tipo da smerciare a masse affamate di svago sceglie di prendersi una pausa dalle esibizioni live, è anche questo un modo di porsi in netto contrasto con i villaggi della normalità e riaffermare quella civiltà intesa come primitiva barbarie. Se i Sodom non vogliono o semplicemente non possono più farlo attraverso la musica è un dato irrilevante.
Recensione a cura di Gabriel Althos Aldo
Voto: 75/100
Tracklist:
1. The Arsonist
2. Battle of Harvest Moon
3. Trigger Discipline
4. The Spirits That I Called
5. Witchhunter
6. Scavenger
7. Gun Without Groom
8. Taphephobia
9. Sane Insanity
10. A.W.T.F.
11. Twilight Void
12. Obliteration of the Aeons
13. Return to God in Parts
Line-up:
Tom Angelripper - Bass, Vocals
Frank Blackfire - Guitars
Yorck Segatz - Guitars
Toni Merkel - Drums
Web:
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