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PRAGNAVIT - Skarby Zmiainaha Karala (Review)

Full-length, Crivia Records 
(2016)

Quando sono entrato per la prima volta nella pagina facebook dei Pragnavit, la prima cosa che mi ĆØ colpito ĆØ stato il nome della cittĆ  di provenienza, Mogilev. Un colpo di Google ed eccoci in Bielorussia, uno di quei posti che si studiano in geografia ma che raramente si visitano, una di quelle lande che probabilmente conservano intatto il valore delle tradizioni slave antiche, rispetto ad altri luoghi piĆ¹ “occidentalizzati” e lontanamente memori del passato zarista e sovietico, nonchĆ© del trapassato che legava queste terre alla natura piĆ¹ incontaminata.

Ci giro intorno, ma il succo ĆØ quello: i Pragnavit sono un combo dedito al piĆ¹ classico folk/ambient, e mi fermo alla definizione “combo” perchĆ© la tentazione sarebbe di definirli una one-man band, perĆ² ci sono varie foto che li ritraggono con due componenti (per i live, forse?) e qualsiasi nota biografica ĆØ in carattere cirillico, perciĆ² faccio di necessitĆ  virtĆ¹. Il disco appare di ottima fattura, con tredici tracce fortemente evocative che oscillano tra i richiami alla natura sottolineati dall’uso dei sintetizzatori (spesso sintonizzati sul flauto di Pan, come su “U Imrasi” o sull’opener “Suchavieja”), sferzate piĆ¹ concrete e vicine all’underground come la scelta di inserire un arpeggio di chitarra elettrica su “Zamknionyja Kouraty Jaryly”, sino al noise piĆ¹ rumorista (e al contempo piĆ¹ “naturale”) di brani come “Dzury”, su cui sembra davvero di percepire un falĆ² che brucia spezzando temporaneamente il gelo dell’Europa Orientale, prima di perdersi nell’eco di una delle tante nenie presenti su “Skarby Zmiainaha Karala”. GiĆ , il titolo… “la tomba del Re Serpente” recita secco il traduttore, e la presenza dell’uroboro nella simbologia della band rafforza una percezione che personalmente richiama sempre l’omonimo brano (omonimo in inglese, ovviamente) degli immortali Manilla Road.

Non mancano momenti inconsapevolmente piĆ¹ “canonici” come “Dziadouskaje Sonca”, caratterizzata da un arpeggio che strizza l’occhio alla world music, ma descrivervi il caleidoscopio di sensazioni che suscita questo disco dei Pragnavit sarebbe un compito immane e anche un po’ fine a se stesso: sapete bene di cosa parlo, se bazzicate il genere anche solo “di striscio”, perciĆ² mi sento in questa sede di consigliarvi decisamente di approfondire questo progetto. Sempre che le nenie non vi disturbino il sonno, eh!

Recensione a cura di: schwarzfranz 
VOTO: 75/100 

Tracklist:
1 Suchavieja 3:21
2 Zamknionyja Koŭraty Jaryły 3:12
3 Rasčynieńnie Bramy Niabiosaŭ 5:12
4 Visažar Zornych Nietraŭ 8:00
5 Zmiainy Ŭładar 5:54
6 U Imrasi 5:47
7 Dzury 12:13
8 DziadoÅ­skaje Sonca 6:42
9 Zier Viatocha 5:23
10 Suła 7:30
11 Marmytańnie Rassochi 3:39
12 Skirty Chałodnic 4:08
13 Achviarnaja Kroŭ Stodu Viečnaści 5:17

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