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HOATH "Codex III: Crown of the Mind" (Review)

Full-length, Saturnal Records
(2016)

I finlandesi Hoath sono un gruppo black/death metal attivo dal 2002, la cui ultima pubblicazione, ovvero l'album di debutto "Codex II: Kether" (preceduto l'anno prima dal demo "Codex I: I.R.E"), risale al 2004. I nostri sono quindi rimasti a lungo nel silenzio, mentre il loro tipo di sound tornava sempre più in auge tra le frange estreme del metal, ritrovando proseliti tra i cultori delle derive più occulte e violente, spesso legate alla fredda terra nordica grazie ad una tradizione che vede nomi quali Beherit, Archgoat, Anal Blasphemy come rappresentanti di un suono da guerra blasfema; ecco quindi il loro ritorno sotto etichetta Saturnal, segnato dal secondo full-length "Codex III: Crown of the Mind", il quale riprende il discorso la dove era stato interrotto.

Sappiamo quindi cosa aspettarci: un suono violento e veloce dove punte death si fondono ad oscurità black tra dissonanze, doppie casse e riff avvincenti come macchine da guerra che avanzano inesorabili; l'accordatura bassa e i toni grevi sono di casa, così come il growl più mortifero e i momenti debitori del thrash europeo più grezzo ed oscuro (Hellhammer e primi Kreator per intenderci). Una sequenza di attacchi che colpiscono duro, ma che non degenerano mai nella cacofonia più pura, mantenendo sempre un songwriting avvincente basato su una buona base tecnica; viene quindi evitato quindi quello che spesso succede in mani meno esperte, ovvero il rumore bianco dove tutto è indistinguibile, complice anche una produzione perfetta, non troppo pulita, ma nemmeno confusionaria o forzatamente lo-fi.

Il viaggio infernale inizia con "Embodiment Of Ultimate Existence" ed la sua corsa spacca ossa con giri circolari a motosega e doppia cassa impazzita, sulla quale il cantante dispiega il suo growl mortifero pieno di riverbero, completando perfettamente la mattanza sonora; tra dissonanze e riff stridenti la strada è ben precisa, come dimostrato anche dagli assoli epici e marziali. Gli stessi elementi li possiamo trovare in episodi quali "Crown Of The Mind", caratterizzato da un loop death oldschool martoriato da una batteria senza sosta, il quale si alterna con oscuri fraseggi, o la sincopata "Upon The Sixth Theorem" piena di attacchi decisi dalla matrice black/thrash alla Destroyer 666. "Proclamation of the Crowned And Conquering Child" usa suoni ancora più aspri e tellurici, con taglienti dissonanze e cavernose vocals alla Asphyx, aprendosi in striscianti percorsi sonori del dolore mantenuti su tempi controllati, mentre "Exultant Upon The Ruined Earth" rielabora ancora una volta la lezione del death europeo ed americano più malsano in chiave oscura: si pensi ai già citati Asphyx o agli Autopsy in chiave meno doom.

Un lavoro ben composto e suonato, il quale nulla rivoluziona (e nulla vuole rivoluzionare), ma che sa suonare avvincente, oscuro e violento, tra atmosfere solenni e movimenti di chitarra che traggono a piene mani dalla tradizione del metal estremo; caldamente consigliato agli amanti di queste sonorità, i quali troveranno qui sicuramente pane per i loro denti.

Recensione a cura di: Davide Pappalardo
VOTO: 88/100
 
Tracklist:
1. Embodiment of Ultimate Existence 02:47
2. With the Lightning of Eye 02:22
3. Crown of the Mind 02:31
4. Behold the Soul (Profane Research) 03:14
5. By Spell and Hoofs of Steel 03:44
6. Upon the Sixth Theorem 04:21
7. Of Virgin Moon and Serpent 01:47
8. Anael 02:54
9. Proclamation of the Crowned and Conquering Child 04:35
10. Courage, Pride and Triumph 02:25
11. To the Mother of Abominations 02:58
12. Exultant upon the Ruined Earth 03:30
13. Qliphoth 05:02

DURATA TOTALE: 42:10

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