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THE DILLINGER ESCAPE PLAN "Dissociation" (Recensione)

Full-length, Party Smasher/Cooking Vinyl 
(2016) 

Dopo aver distrutto ogni cosa, hanno deciso di fare a pezzi anche se stessi. Al sesto full-length “il gruppo più pericoloso della Terra” secondo NME saluta tutti e si scioglie, forse per sempre. I Dillinger Escape Plan chiudono una storia ventennale senza compromessi, fatta di sperimentazioni che intrecciano hardcore, jazz e math-rock riuscendo sempre a sbalordire. Hanno spezzato ritmi e smontato generi musicali, diviso sia critica che pubblico, spaccato i palchi di tutto il mondo.
Mentre scrivo, i nostri stanno attraversando l’Europa per il loro ultimo tour (due date in Italia). Pur essendo ormai lontani dai caotici esordi di "Calculating Infinity", attitudine e personalità sono rimaste le stesse. E parliamo di personalità piuttosto disturbate. Questa è gente che suona arrampicata a testa in giù dai tralicci del palco, per dire. "Dissociation" riprende i principali tratti sonori del precedente" One of Us Is the Killer", ma spostando ancora in là i confini, ridefinendo gli "estremi" in ogni direzione. 

È un susseguirsi di pensieri senza controllo, continui sbalzi d'umore tra quiete e furia, delirio e lucidità. Un lavoro tecnicamente e concettualmente complesso, impossibile senza le abilità strumentali sovrumane dei Dillinger e la loro ispirazione sempre accesa. Nell'ascolto di quest'album si fanno subito largo le analogie tra le dissociazioni mentali e l'altra dissociazione, quella della band. Sebbene non possa dirsi un concept, direi che gli si avvicini parecchio. Addentrarsi in un track-by-track sarebbe da maniaci, mi limiterò su alcune considerazioni. È chiaro fin dalla prima traccia "Limerent Death" che si sta aprendo un un dialogo. Tra se stessi, tra sé e il mondo. Tra la band e il pubblico, anche. Comunque rivolto a qualcosa o qualcuno. Così l’iniziale riffing granitico di Weinman e i versi di Puciato sono reazioni rabbiose al distacco, alla sofferenza da attaccamento ossessivo che porta allo scoppio nevrotico finale, cui subito replica l'amareggiata "Symptom of Terminal Illness", la seconda traccia. Paure irrazionali. Bisogno di lasciar andare qualcosa di importante, forse qualcuno, forse se stessi. L’abbandono di ogni fiducia trova la sua melodia. I continui spostamenti d'accento della batteria di Rymer danno la straniante sensazione che "qualcosa non torni" in un discorso che suonerebbe altrimenti coerente. Si va avanti con crescente intensità alla ricerca di una ragione nelle cose, che però sfugge. Tra equilibri quasi trovati e subito persi, scatti di violenza fermati come da improvvisi affioramenti di lucidità. Le declamazioni suonano come “voci nella testa”, le contorsioni ritmiche riflettono idee incongruenti, frammentate, in continua mutazione. 

L'ironia suona spesso sinistra, grottesca più che beffarda. Rispetto al passato l'elettronica trova maggiore spazio, con getti dubstep e perfino breakcore. Come in Fugue, strumentale e che quasi ricorda Squarepusher di “Go Plastic”. Sarà poi suggestione, ma viene anche in mente Venetian Snares, negli archi di apertura della title-track. Il disco scorre in un'insana progressione. Attraverso momenti vagamente crimsoniani e sempre più stralunati. Le esplosioni di furia cieca arrivano sempre più frequenti. Le urla crescono sempre più esasperate fino alla conclusiva, trascinante "Dissociation", che in cerca di una conclusione sussurra in ultimo “finding a way to die alone”. 

Certo, non è un disco dall’ascolto immediato, ma riesce a coinvolgere con magnifiche rappresentazioni del turbamento umano e nel quale ognuno può riconoscere certi propri conflitti. Un disco che si potrebbe recensire col DSM sottomano, che quasi "si diagnostica". Il responso è genialità allo stadio terminale. Il voto sotto è indicativo: per quel che riguarda me, sto ancora cercando di calcolare l’infinito. 

Recensione a cura di: Ivo "Mutilio" Palummieri 
Voto: 95/100

Tracklist:
01. Limerent Death - (04:06)
02. Symptom of Terminal Illness - (04:03)
03. Wanting Not so Much to as To - (05:23)
04. Fugue - (03:49)
05. Low Feels Blvd - (04:04)
06. Surrogate - (05:04)
07. Honeysuckle - (04:22)
08. Manufacturing Discontent - (04:23)
09. Apologies Not Included - (03:23)
10. Nothing to Forget - (05:15)
11. Dissociation - (06:14)

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