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HATE "Auric Gates of Veles" (Recensione)


Full-length, Metal Blade Records
(2019)

Questi ragazzacci polacchi sono in giro ormai da diversi anni. Sì perché gli Hate da Varsavia, sono giunti al loro undicesimo disco in studio. La ricetta musicale è molto interessante; violenta ma ricoperta da un mantello di oscurità che la rende alquanto affascinante. Ne viene fuori un Black/Death Metal che i sapientoni chiamerebbero Blackened Death Metal. 

L'apertura del full-length è affidata a "Seventh Manvantara", brano farcito di atmosfera con dei suoni tesi e dilatati. Il growl di Sinner sembra voler penetrare fin nelle viscere della Terra, alla radice del male, il riffing della sua chitarra è drammatico, nella sua evidente potenza evocativa. Pavulon alla batteria è invece forsennato con la sua serie di blast-beat, sa anche però rallentare il ritmo, quando sono le chitarre di Sinner a forgiare l'umore centrale del brano. Andiamo avanti con "Triskhelion" che sembra essere un brano più crudo e spietato; in effetti ha un'indole più selvaggia e vuole comunicarci una netta urgenza espressiva. La velocità salta all'orecchio ed alla fine si rimane frastornati. "The Volga's Veins" riprende il clima drammatico della prima traccia, grazie al growling disperato di Mr.Sinner. C'è spazio per rifiatare ma sono momenti che ci preparano ad ulteriori corse folli, sul terreno del Metal più estremo. Il quarto brano fa risalire in alto le mie emozioni; in "Sovereign Sanctity" troneggiano infatti sonorità cariche di pathos. La melodia accompagna il drumming misurato di Pavulon, mentre le due chitarre di Sinner modellano un sound decisamente accattivante. Sono questi gli Hate che preferisco, in quanto sanno dosare le proprie forze a vantaggio di una maggiore resa emozionale. Giunti a "Path To Arkhen", si assiste ad un risveglio dello spirito bestiale della band, il growling si fa più cattivo, l'adrenalina sale lungo il mio corpo sino a scuotermi totalmente. 

Passiamo alla seconda metà dell'album con "Auric Gates Of Veles". L'andamento è pesante e cadenzato, il growl diviene più cavernoso. L'approccio è minaccioso; è come se i nostri dovessero prepararci a qualcosa di spaventoso. Il pezzo però non cambia nella sostanza, se non nel drumming di Pavulon che assume contorni frastagliati. "Salve Ignis" esordisce timidamente ma poi libera una furia incontrollata; quindi rallenta per assestare bene sul finale i suoi ultimi colpi. La terzultima traccia, "Generation Sulphur", ci porta in una dimensione caotica, dove la frenesia musicale prende forma in un clima vorticoso. "In The Shrine Of Veles" è inserito nel disco come brano in fase di pre-produzione e si sente. Il sound è più grezzo e non si distinguono bene i singoli interventi strumentali. Il pezzo è discreto ma non brilla certo per fantasia. In coda c'è "Parh To Arkhen", in versione di pre-produzione anch'esso. Migliore risulta rispetto alla penultima traccia, per chiudere degnamente un lavoro discografico di tutto rispetto. 

La mia esperienza di ascolto con "Auric Gates Of Veles" è stata altamente emozionante, non mi rimane che invitarvi a scoprire quest'ultima fatica degli Hate. La materia Black/Death Metal è solida più che mai, nelle mani di questi audaci metallari. 

Recensione a cura di Andrea Bottoni
Voto: 80/100

Tracklist:
1. Seventh Manvantara 04:28
2. Triskhelion 04:03
3. The Volga's Veins 04:16
4. Sovereign Sanctity 06:31
5. Path to Arkhen 04:59
6. Auric Gates of Veles 05:30
7. Salve Ignis 04:57
8. Generation Sulphur 04:29
9. In the Shrine of Veles (Pre-Production) 05:06
10. Path to Arkhen (Pre-Production) 05:08

DURATA TOTALE: 49:27

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