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BARONESS “Gold & Grey" (Recensione)


Full-length, Abraxan Hymns
(2019) 

I primi pezzi dei Baroness sembravano delle piccole jam di stampo stoner/sludge, poi l'amore per la forma canzone – e per i Mastodon – hanno preso il sopravvento; ma ciò non è stato un male, tutt'altro, se si considera il valore del penultimo “Purple", pregno di hit clamorose e di numerose citazioni del gruppo di Brent Hinds e Brann Dailor, che però non snaturano il suono dei Baroness, sempre riconoscibile, né diminuiscono il valore del gruppo; e comunque se si parla di Mastodon si parla di uno dei pochi gruppi degni di fare i capofila oggidì; senza contare che se quest'ultimi sono di Atlanta, John Baizley, leader incontrastato e unico membro originario dei Baroness, è di Savannah. Sud degli Stati Uniti costa atlantica insomma, ed è già una dichiarazione di intenti: suoni caldi, grassi, contemporanei ma anche fortemente legati alla tradizione, un po' in continuità e un po' in contraddizione con gli altri poli dello stoner/sludge: California, Texas e Louisiana. 

Ma con questo “Gold & Grey” i Baroness cambiano nuovamente le carte in tavola: se il precedente “Purple" fu il disco della rabbia, della sofferenza scaturita dal noto incidente stradale che minò l'esistenza del gruppo e le stesse vite dei quattro musicisti, con l'ultimo lavoro si ritorna piuttosto sui registri intimisti del terzo lavoro “Yellow & Green", quasi stessa lunghezza, un'ora di musica contro 75 minuti, stesso bilanciamento tra momenti soffusi e arrembanti, consueto utilizzo degli intermezzi, persino i colori hanno tonalità simili. Per il resto però le differenze, come si diceva, non mancano. Si può azzardare, generalizzando, che queste novità scaturiscano tutte dalla stessa idea di fondo: i Baroness vogliono, con questo ultimo lavoro, allontanarsi da lidi sicuri, ampliare il loro spettro d’azione, investigare mondi lontani dal metal, dare ancora più spessore alla loro musica, alle atmosfere che imbastiscono, ai testi; basta ascoltare le toccanti “I'm already gone", “Tourniquet" e “I’d do anything" per sincerarsene, oppure il folk apocalittico di “Emmett - radiating light”, il power pop di “Cold-blooded Angels” o ancora la psichedelia dell'ultima traccia “Pale sun”. Anche il già tanto criticato suono di questo “Gold & Grey”, per molti troppo “sporco”, va giudicato alla luce di questa mezza dichiarazione d'intenti; oltretutto in sala comando siede Dave Friedmann, noto per lavori lontani dal metal con Mogwai, Tame Impala e Flaming Lips. Vi è giusto qualche eco dei Mastodon più acidi nelle parti metalliche, che non rendono come dovrebbero, ma pezzi come “Front toward enemies", “Seasons" o “Throw me an anchor" tutto sommato fanno la loro porca figura. 

In conclusione “Gold & Grey" è un disco anche molto melodico, dalle velleità commerciali, suonato alla grande - sezione ritmica veramente da capogiro - ma difficile, imperfetto, di passaggio; secondo John Baizley è anche l'ultimo a tema cromatico (a proposito: altra stupenda copertina, neanche a dirlo). Inoltre, è il primo disco con la nuova chitarrista e cantante Gina Gleason, molto brava, anche se ogni tanto un po' di nostalgia di Pete Adams mi è venuta. Ma ancora una volta è impossibile stroncarli questi ragazzi, perché tutto ciò che fanno, anche sbagliando, lo fanno a fin di bene, che in questo caso significa regalare musica nuova, diversa, personale e sentita. 

Recensione a cura di Alessandro Attori
Voto: 75/100

Tracklist:
1. Front Toward Enemy 03:44
2. I'm Already Gone 03:50
3. Seasons 04:26
4. Sevens 02:05
5. Tourniquet 05:45
6. Anchor's Lament 01:39
7. Throw Me an Anchor 04:00
8. I'd Do Anything 04:10
9. Blankets of Ash 01:04
10. Emmett - Radiating Light 04:12
11. Cold-Blooded Angels 05:38
12. Crooked Mile 00:41
13. Broken Halo 04:24
14. Can Oscura 02:01
15. Borderlines 06:16
16. Assault on East Falls 02:19
17. Pale Sun 04:14

DURATA TOTALE: 01:00:28

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