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INFECTION CODE "In.R.I." (Recensione)


Full-length, Argonauta Records
(2019)

Settimo album per i piemontesi Infection Code. Il gruppo questa volta presenta alcune novità sia nella line-up (di cui discuteremo nell'intervista presente in questo numero della zine), e sia a livello di sound. Il loro annunciato ritorno ad un suono maggiormente influenzato da thrash e death metal si esplica in otto tracce che davvero mi hanno piacevolmente impressionato. 

Il loro sound ha seguito un processo di evoluzione anche in questo caso, seppure la band sia un po' tornata alle proprie radici, e questo lo dico perchè, a prescindere dal modo in cui si suona, dal genere, ecc., quello che distingue una band di talento da tante altre è la personalità, e in questo gli Infection Code non sono affatto carenti. Nei solchi di questo disco si respira nichilismo e morbosa cattiveria, malessere indotto e auto-indotto. La voce di Gabriele squarcia cieli già plumbei e grigi, mentre il lavoro di chitarra è semplicemente sublime, e stavolta si fa più quadrato, tagliente e thrashy. Tutto questo, unito ad una produzione di ottimo livello e ad una unità di intenti malevoli, fanno di questo "In.R.I." un prodotto di interesse e, soprattutto di qualità. 

Immaginate un viaggio tra i Kreator degli anni Novanta, Voivod, Neurosis e Red Harvest, e più o meno avrete capito di che disco stiamo parlando. Ma il tutto è solo Infection Code, e scusate se è poco. Bella legnata e bella lezione.

Recensione a cura di Sergio Vinci
Voto: 75/100

Tracklist:
1. Slowly We Suffer
2. Unholy Demo(n)cracy
3. Where The Breath Ends
4. The Cage
5. Alteration
6. New Rotten Flesh
7. Dead Proposal
8. 8Hz

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