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FLUKT "Darkness Devour" (Recensione)


Full-length, Dusktone
(2019) 

In un periodo storico particolare, in cui siamo spesso soliti accostare il termine "post" per considerare valida ed avanguardista una proposta anche se fatti alla mano poi effettivamente non è così, album come questo "Darkness Devour" dei Flukt rappresentano indubbiamente una manna dal cielo. I Flukt sono un combo norvegese giunto al sospirato full d'esordio dopo due EP e tanta gavetta on-stage. La proposta della band nordica pone le basi su di un black metal marcatamente old-school capace di rinverdire la tradizione di un genere immortale che, malgrado i sopracitati pastoni che il più delle volte siamo soliti ascoltare, dimostra come siano effettivamente le idee e la capacità compositiva a fare la differenza piuttosto che un'ostentata aura avanguardistica il più delle volte fine a sè stessa. 

Ma al di là dei preamboli, strettamente necessari per presentare un lavoro come questo "Darkness Devour", andiamo ad analizzare meglio quanto contenuto nelle pieghe dei 34 minuti complessivi di un lavoro che farà la gioia dei tanti seguaci del verbo nero. Parlavamo di una proposta ancorata al concetto più classico del genere, in cui i Flukt dimostrano di saperci fare seguendo una linea che, per quanto marcatamente ancorata al passato, presenta al suo interno una innata capacità di convogliare quanto di meglio il genere possa proporre senza risultare noiosi o scarsamente originali. Otto tracce che mixano alla perfezione la giusta dose di malvagità, accelerazioni improvvise sferzate da improvvisi rallentamenti ed un'epicità di fondo e per certi versi sprazzi di "melodia" capaci di fondersi in un'unica miscela sonora potente quanto oscura. 

L'opener "Serpent" alza subito i ritmi di un album che apre alla grande: un impatto sonoro subito diretto ed in your face che non lascia alcun scampo, vocals al vetriolo ma soprattutto un riff centrale epico ed evocativo che regala al brano una propria esaltante progressione che mostra le mille sfaccettature della band. "No Return" pezzo scelto dai norvegesi come primo singolo, punta maggiormente sull'atmosfera, inframezzato da un break centrale più monolitico e meno ferale, mentre "Wounds" recupera l'approccio più furente della prima traccia. La principale prerogativa dei Flukt è quella di riuscire a creare brani eterogenei pur senza stravolgere le strutture ma soprattutto senza tradire l'appeal che si richiede ad un album propriamente black. Nel mezzo l'affascinante intermezzo di "Azrael" pezzo strumentale giocato su atmosfere epiche e doomish che fanno da apripista agli ultimi pezzi del lotto, tra cui l'affascinante "Trolldom i mørket" di chiara ispirazione Darkthrone per concludere poi con la splendida "Trespass the Devil's Playground" brano che chiude il lavoro, leggermente più articolato rispetto al resto del lotto, più lungo nel minutaggio che si pone all'interno di un concetto più "atmosferico" di black metal. 

Un debutto più che positivo quello del quartetto di Vennesla che ci mostra alla perfezione di come sia ancora possibile suonare dell'ottimo black metal nel 2019. Alla faccia dei synth, ed alla faccia di chi creda che il concetto più duro e puro di black sia ormai roba passata. 

Recensione a cura Luca Di Simone
Voto: 75/100 

Tracklist: 
01. Serpent 
02. No Return  
03. Wounds 
04. Einsatz  
05. Azrael  
06. Trolldom i mørket  
07. Curse of the Nephilim  
08. Trespass the Devil's Playground 

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