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BANANA MAYOR "Primary Colours Part.II:The Blue" (Recensione)


Full-length, Frantic Mule

(2019)


Piccoli cenni biografici e note che potrebbero essere utili al lettore per introdurre questa band. Questo nuovo album, intitolato "Primary Colours Part.II: The Blue" rappresenta il secondo capitolo della "trilogia dei colori", iniziata col precedente “Primary Colours PT.I: The Red”. L’album è caratterizzato da un importante cambio di formazione, con Alessio Amatulli al posto dello storico bassista Federico Cacciapaglia, con la band già nel 2009 e presente in tutte i precedenti lavori (“Zombie’s Revenge”, 2014 e “Red”, 2016). ed è stato registrato a cavallo tra 2018 e 2019 presso le Officine Musicali di Castellana Grotte (BA). 
A differenza del passato, questa volta la band punta maggiormente su sonorità riconducibili al desert rock, allo stoner, allo sludge e a tutto quel filone di rock alternativo che tanto in voga andava negli anni Novanta, con influenze che vanno dai Soundgarden, ai Kyuss, ai Motorpsycho, ai Janes Addiction, almeno a parere di chi scrive.

La band descrive così il nuovo album: "“Blue” riprende il percorso già avviato in “Red”, ma con maggiore maturità, cura del songwriting e ricerca sonora. Senza dubbio il lavoro più maturo e completo della band, che alterna riff pesanti e minacciosi ad aperture melodiche, intermezzi psichedelici, armonie vocali e passaggi strumentali, il tutto condito dal solito groove di chiara ispirazione anni 90. Nei testi, scritti dal cantante Stefano Capozzo e dal chitarrista Alberto Pinto, sono affrontate tematiche perlopiù introspettive, con qualche divagazione su argomenti come il fascino della natura, la superstizione, l’emarginazione".

Ed è proprio un bel trip questo album, perchè non tradisce le influenze e le premesse che emergono dalla loro biografia. Ottimamente prodotto, e soprattutto prodotto coi criteri del passato, ovvero non usando chissà quali stratagemmi in sede di missaggio, ma privilegiando un sound naturale, corposo e con una batteria bella grossa che accompagna il tutto. Belle le voci e le liriche di Stefano Capozzo, capace di passare da toni melodici ad altri più aspri con molta naturalezza. I testi parlano di tematiche personali, introspettive, ma vi sono anche divagazioni sul fascino della natura, la superstizione, l’emarginazione. Il chitarrista Alberto Pinto partorisce riff polverosi e di grande feeling e d'impatto assicurato. Ci sono pezzi più variegati, come ad esempio "The Scarecrow Walks At Midnight" che mi hanno ricordato terribilmente i Down del secondo capitolo "Down II", con le sue svisate tra blues sporco ed heavy rock, e parti più rallentate, mentre alcune canzoni, come ad esempio "Bitter Smile" rasentano quasi il grunge d'annata, con qualche riferimento anche ai Pearl Jam, passando, perchè no, anche attraverso alcune realtà italiane come gli Afterhours e Verdena.

Questa mia sensazione viene ampliata in un episodio eccezionale come "Blue Men", dove però nella voce ci ho anche sentito un po' di Deftones, mentre la parte chitarristica rimane di altissimo livello, per la sua emozionalità e fantasia. Buonissima anche la prova del drummer Alessandro Fornari, ricca di tempi dispari e ghost-notes. 
Io ho citato gli episodi che mi hanno colpito di più, ma sappiate che l'intero album è da ascoltare con attenzione e concentrazione. Non è un disco facile, ma al contrario è un album profondo e pensato in ogni dettaglio. Un bel disco da parte di una band italiana, che ha preferito andare a ritroso di qualche decennio sotto ogni aspetto, capendo che forse solo così si poteva partorire del grande rock. Consigliati.

Recensione a cura di Sergio Vinci
Voto: 75/100

Tracklist:
1. Out Of My Shell
2. Bitter Smile
3. The Scarecrow Walks At Midnight 
4. Fall In Blue
5. Night Owl 
6. Blue Men 
7. Shades Of Dawn 

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