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PRISON OF MIRRORS "De Ritualibus et Sacrificiis ad Serviendum Abysso" (Recensione)


Full-length, Oration
(2020) 

Un'ombra occulta e liturgica si aggira da ormai un decennio in un piccolo paese della provincia di Salerno. Risponde al nome di Prison of Mirrors, denominazione che rievoca l'aura sinistra e claustrofobica del brano di Xasthur che l'ha ispirata, ed è giunta da poco al suo primo album in studio, "De Ritualibus et Sacrificiis ad Serviendum Abysso", rilasciato nel giugno del 2020 sotto l'etichetta Oration. La band si forma nel 2011 per mano del cantante e chitarrista Lord Svart (mente del progetto depressive black metal Tears of a Forgotten Life e di Obscura Monotonia Animae), del chitarrista Anubis, del bassista Nocturnal Silence e del batterista Suicide, di recente rimpiazzato dall'ottimo Bestia (Absentia Lunae, ex-Acheronte). Il sound proposto dalla band è di quelli più oscuri e tenebrosi, che ascendono alle dimensioni più orrorifiche dell'animo umano e destano dal torpore i demoni e le creature dell'abisso, invocandoli con i più malsani riti prodotti dalla mente umana: l'occult black/doom atmosferico dell'EP di debutto "Nothing" del 2014 ha qui raggiunto una ferocia diabolica che travolge l'ascoltatore con la sua aura malvagia e sinistra, accompagnando alle cavalcate in blast-beat un'atmosfera opprimente spesso al confine col doom, che risulta essere un motore di elevazione spirituale e mezzo di locomozione per un viaggio senza ritorno verso l'Inferno, che traspare in ogni singola nota di questa release. 

"De Ritualibus et Sacrificiis ad Serviendum Abysso" è composto da quattro lunghe tracce per un totale di oltre cinquanta minuti di musica in cui la violenza del black metal si fonde con l'oscurità del doom e un sottofondo ambient partorisce atmosfere cariche di puro terrore, rese ancor più esasperate dai frequenti cori liturgici che rinnovano l'essenza occulta e ritualistica del lavoro. I Prison of Mirrors sembrano aver raggiunto una maturazione definita ed efficace, frutto dell'evoluzione del sound verso lidi sempre più feroci e diabolici, volti a travolgere l'ascoltatore sfuriata dopo sfuriata, grido dopo grido. La produzione è ottima e rende ogni singolo strumento pulito e definito, anche se il caos sonoro domina ogni traccia svolgendo lo scomodo ruolo di tramite tra il mondo terreno e l'abisso inferiore, ove ardono in eterno le anime dannate e gli spiriti perduti. La copertina del resto lascia poco all'immaginazione, mostrando teschi umani adattati a candele nell'oscurità di una grotta con una donna che giace distesa e una figura incappucciata armata di coltello che le si avvicina minacciosamente: il rituale dei Prison of Mirrors inizia qui, dalla stessa spaventosa immagine di presentazione che precede un'Apocalisse sonora senza interruzione nè possibilità di salvezza.

Il lavoro si apre con la bestiale "The Unquencachable Visions from the Abyss", che nonostante i suoi oltre nove minuti di durata risulta essere il brano più breve: lo scream diabolico di Lord Svarta urla di oscure visioni di demoni riemergono dalla tomba, odori nauseanti e macabri rituali, sopra un blast-beat iniziale su cui si ergono le chitarre fredde e oscure di Anubis, mentre la batteria di Bestia pesta con ferocia e si odono melodie sinistre riecheggiare nell'ombra, prima di un rallentamento cupo in mid-tempo che sfocia in un tetro black/doom dall'atmosfera orrorifica. Il finale del brano è anticipato da un'accelerazione gelida e bestiale accompagnata da un lungo passaggio atmosferico, dal contorno tetro e inquietante e dalle eco epiche, ma è con la violenza iniziale che si conclude il pezzo. La successiva "Blaze of the Ecstatic Liturgy" è assai più lenta e dall'andatura sommessa, ma ancor più inquietante: il suo black/doom iniziale assume connotati orrorifici grazie a un riffing ipnotico e disturbante e ad uno scream catacombale che narra di evocazioni in lingue sconosciute e di orride cerimonie, per poi esplodere nella inaudita violenza di un blast-beat in cui chitarre taglienti disegnano sinistre armonie, anticipando una serie di vertiginosi cambi di tempo tra sfuriate e claustrofobici passaggi doom che incutono angoscia e timore. Il brano genera un'atmosfera opprimente, scandita da un riffing a tratti funereo e disturbante e talvolta tagliente e glaciale, raggiungendo l'apice esoterico in un finale di cori gregoriani epico e tragico.

Con la terza traccia "Sigils for the Ritual Exhumation" i Prison of Mirrors si fanno ancora più intraprendenti, partorendo armonie disturbanti e azzardate volte a vomitare puro orrore con le loro note opprimenti; un canto in latino racconta di oscure presenze in tenebrose foreste, risalendo da un cupo e freddo black/doom sovrastato da cori liturgici a un'accelerazione veemente in cui lo scream di Lord Svart si fa bestiale e demoniaco, la batteria infuria senza tregua e le chitarre riecheggiano distorte e sinistre. Un intermezzo dai richiami ambientali rende l'atmosfera occulta e raggelante, con una batteria lenta quasi fino a spegnersi che sfocia in un black/doom dalle melodie folli e cupe, prima di un'ultima accelerazione prima della tregua finale. La conclusiva "Ascending Through the Majesty of the Dark Towers" è l'autentico picco dell'album, con i suoi ventidue minuti carichi di cambi di tempo e di atmosfere tenebrose, anticipati dalla bestiale ferocia dell'inizio e dall'urlo raggelante di Lord Svart, a cui seguono le affilate chitarre di Anubis a chiudere un muro del suono claustrofobico e orrorifico: la discesa negli Inferi prosegue alternando blast-beat a mid-tempo fino al cupo rallentamento in black/doom che apre un lungo passaggio atmosferico dai richiami ambient e dagli opprimenti suoni catacombali. Un riffing gelido in accompagnamento ad una batteria in crescendo spalanca la furia dell'ultima parte del brano, condita da blast-beat malvagi e diabolici e da uno scream lancinante, per poi spegnersi nel rallentamento conclusivo che lascia l'ultima parola ad una lunga sezione di cori liturgici. "De Ritualibus et Sacrificiis ad Serviendum Abysso" sancisce la progressiva maturazione della band campana, risultando uno dei migliori debut abum in ambito black metal della scena italiana degli ultimi anni, nonchè una delle migliori uscite del 2020: è un lavoro intenso e claustrofobico, perfettamente costruito e coeso nella sua essenza esoterica, rappresentata in ogni sua singola nota. 

È un viaggio spettrale e inquietante negli abissi incontaminati del regno degli Inferi, di cui acclama ed evoca le più spaventose creature per renderle protagoniste della sua trama di orrore e di blasfemia: disturbante e sinistro, inquietante e violento, è un album che intende sconvolgere e imprigionare l'ascoltatore in una morsa ritualistica di neri domini, senza lasciargli possibilità di fuga. 

Alessandro Pineschi
Voto: 86/100

Tracklist:
1. The Unquenchable Visions from the Abyss 
2. Blaze of the Ecstatic Liturgy 
3. Sigils for the Ritual Exhumation 
4. Ascending Through the Majesty of the Dark Towers

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