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Heavy metal agreste: VADE ARATRO (Intervista)


Un terzo album, "Agreste Celeste", che conferma l'originalità della proposta dei Vade Aratro, e noi non ci siamo fatti scappare l'opportunità di fare quattro chiacchiere con loro per scoprire meglio chi sono e quali sono i loro piani. Ah, il loro ultimo album lo trovate recensito QUI. Buona lettura!

01 – Con Agreste Celeste siete giunti al traguardo del terzo album. Lo considerate il lavoro della maturità? 
Anche se sotto certi aspetti i Vade Aratro sono nati già “maturi” (avevamo tutti alle spalle diverse primavere, altri progetti musicali e le idee piuttosto chiare) non posso negare che con questo terzo lavoro abbiamo provato tutta una serie di sensazioni che credo possano essere ben sintetizzate con la parola “maturità”. In altre parole, siamo dei vecchi di merda, iniziamo a rendercene conto e tentiamo pian piano di venire a patti con questa realtà, cogliendone i lati positivi. 

02 – Chi sono oggi i Vade Aratro? Sono la stessa band che ha iniziato oramai molti anni fa oppure oggi vi considerate una band diversa? 
Anagraficamente parlando siamo sempre noi tre e, come spero sia capitato a chiunque, in questi ultimi quindici anni siamo cambiati molto. Mi piace pensare che abbiamo acquisito un po’ di consapevolezza in più su chi siamo, cosa vogliamo fare e come riuscirci. L’idea di raccontare storie tramite melodie forti e un potente impeto sonoro ed emotivo è rimasta invariata. Quando riascoltiamo il nostro vecchio materiale siamo stupiti e orgogliosi della furia esecutiva e della complessità che riuscivamo ad esprimere e vorrei tanto tornare a suonare dal vivo per vedere di cosa siamo ancora capaci. Il fuoco è lo stesso. La carne al fuoco è tanta. La messa a fuoco è migliore. Nella peggiore delle ipotesi avremmo un arrosto ben fotografato… 

03 – Cosa contraddistingue un lavoro come Agreste Celeste dai precedenti lavori in studio? 
“Agreste Celeste” è il primo disco interamente registrato nel nostro nuovo studio (“Falce e Marcello”) e presenta tutti gli elementi dei lavori precedenti amplificati, distillati, macerati, estratti. I brani lunghi sono più articolati e complessi, quelli semplici hanno finalmente il coraggio di essere più “pop” e le storie brevi si fanno concise e dense. I suoni sono naturali, veri, vivi. Abbiamo reintrodotto il pianoforte, come sul primo disco “Storie Messorie”, dato che molte canzoni sono nate su quello strumento (che nessuno di noi sa suonare propriamente). Rispetto al precedente “Il vomere di bronzo”, dove Federico e Riccardo (bassista e batterista) hanno partecipato solo indirettamente, siamo tornati operativi come trio a tutti gli effetti, e si sente… 

04 – Ascoltando Agreste Celeste, vi vedo esibirvi in una qualsiasi piazza della bassa, in quegli stessi paesi di cui trapelano continui riferimenti nei vostri testi. Quanto vi manca la dimensione live e quanto vi ritrovate nella mia immagine? 
Grande! Hai centrato in pieno: abbiamo sempre pensato che la nostra platea ideale fosse più quella di una sagra di paese, che un rock club. Sia per l’occasione di stare all’aperto, sia per la possibilità di parlare a più persone possibile. Cantiamo in italiano proprio per poter essere capiti (o fraintesi) da chi ci sta intorno. Feste dell’aratura, musei della civiltà contadina, osterie… sarebbero cornici ideali per un nostro concerto. E lo dico non pensando ad una pantomima contadinesca, che risulterebbe patetica e che poco ha a che fare con la nostra reale proposta, ma in virtù di un riavvicinamento tra il fare musica, cantare storie, e la quotidianità, il confronto col pubblico, senza rinchiudersi in quelle autoreferenziali oasi protette con fauna a rischio estinzione. 

05 – Ci spiegate il significato di heavy metal agreste? 
Essendo gli unici esponenti di questo genere musicale, nonché gli ideatori di questa definizione tanto pertinente quanto paracula, potremmo far coincidere “l’Heavy Metal Agreste” con “la musica che fanno i Vade Aratro”, in una tautologia inattaccabile… Per provare ad essere più chiari posso dirti che l’Heavy Metal Agreste NON è un revival firulì firulà coi cappelli di paglia e gli ubriachi sul trattore (o almeno, non solo…), non è demenziale e non la butta in caciara. È uno sguardo sul mondo visto dalla campagna, è terroso, ironico, duro e crudele come solo la natura sa essere, magico e tenero come i cuccioli e i germogli. Non è Heavy Metal in italiano, ma musica italiana Metal. 

06 – Ho ritrovato nella vostra musica tutta la nostra tradizione musicale che parte dai cantautori degli anni settanta ed arriva fino a quel hc alla Negazione. In realtà ho trovato poco metal, ma molto punk come attitudine. Vi ritrovate in questa definizione? Cosa aggiungereste e cosa cambiereste? 
C’è sicuramente del vero in quello che dici. Spesso, per semplificare, mi trovo a descrivere la nostra musica come un cantautorato Metal, dove la parte metallica può essere intesa anche solo a livello di intenzione, di retaggio, di espressione. La componente punk/hardcore (che sinceramente non mi sarebbe venuta in mente come ingrediente primario) probabilmente viene percepita grazie a una schiettezza, un’urgenza comunicativa e un disincanto che ci appartengono fortemente. Anche la forte prevalenza di parti cantate rispetto a quelle strumentali e la mancanza di assoli in senso canonico possono portare a quella conclusione. E forse anche il fatto che dal 1996 suono in gruppo punk tuttora attivo, in effetti… Credo però che l’attitudine, la melodia e la nostalgia del nostro suono abbiano forti radici nell’Heavy Metal, dagli anni settanta ai giorni nostri. O almeno questa è la mia sensazione. Per intenderci, “Ho sognato un barbagianni”, la ballata per solo piano e voce che apre il lato C, per me è decisamente un pezzo Heavy Metal, nell’intenzione. 

07 – Agreste Celeste è un album corposo pubblicato come doppio vinile. A me è sembrato che sia stato proprio pensato per essere pubblicato in questo formato fisico. Giusto? 
Sì. “Agreste Celeste” oltre ad essere un grande album è un album grande, ingombrante, impegnativo. Sappiamo di chiedere molto all’ascoltatore e ci sembra naturale dare molto, il più possibile. Volevamo fare qualcosa di importante. I tempi e la ritualità impliciti nell’ascolto di un doppio disco in vinile sono stati pensati proprio per accompagnare l’esperienza delle ventidue canzoni, con le dovute pause tecniche che servono a riflettere, far sedimentare le emozioni. Ci sono quattro brani di apertura e quattro di chiusura, in un doppio, e la scaletta è stata progettata appositamente. Le tre ante dell’album da aprire attorno all’altare del giradischi e il grande libretto dei testi, comodo da leggere, ma scomodo da portare in giro, invitano ad un ascolto concentrato e attento. Poi ovviamente c’è la versione digitale che ti puoi ascoltare in streaming ovunque! 

08 – Parlate del concept che sviluppate nelle ventidue tracce, che parte da “Al Sole” che in qualche modo rappresenta la vita e termina con “La nave dei morti” che sembra richiamare la barca di Caronte? Anche se “Agreste Celeste” non è un concept album in senso stretto, hai colto perfettamente il senso ciclico del disco. Ci sono tanti rimandi interni (ed esterni), tanti specchi e un contenuto simbolico molto denso e articolato che non credo abbia bisogno di essere spiegato, semplicemente ascoltato. Gli archetipi faranno il resto. I testi sono il risultato di un lavoro molto attento e documentato e ognuna delle ventidue canzoni è necessaria, organica. “Agreste Celeste” è un racconto di unione, è un matrimonio alchemico, è una soglia. È pieno di morte. Ed è pieno d’amore. 

09 – In questo periodo così incerto, in cui la musica sembra sia stata abbandonata a sé stessa, quali sono i vostri progetti futuri? 
Non vediamo l’ora di ricominciare a fare le prove perché in questo anno abbiamo composto un nuovo disco, tutto da collaudare e rifinire insieme in sala prove. Vogliamo riuscire a suonarlo al meglio per poi registrarlo il più possibile tutti insieme dal vivo in studio: vogliamo riportare la performance musicale al centro, l’emozione e la magia di tre persone che compiono il rito della musica. Sarà un concept album ambientato nel 1996 (sabato 10 agosto, per la precisione), probabilmente si intitolerà “I racconti del macero” e contiene dieci canzoni che, già solo in versione demo, ci mettono i brividi… Continua inoltre la collaborazione con il mitico Bruno Rubino dei Fiaba, con cui stiamo registrando dei brani per il progetto “IL CROCICCHIO”. Non so come si evolverà la questione della musica dal vivo, ma credo nella necessità di suonare in pubblico, a costo di portarsi il pubblico a domicilio in occasione di spettacoli speciali su invito diretto: una modalità più intima e ristretta, ma anche un acceleratore sociale per ripristinare legami e comunicazione tra le persone. 

10 – A voi l’ultima parola… 
Se i Vade Aratro vi hanno in qualche modo incuriosito, andate a vedere i nostri videoclip, potrebbero piacervi. Siamo presenti anche sui social network più sputtanati, dove potete tranquillamente iscrivervi al nostro profilo: pubblichiamo pochissimo e solo se proprio abbiamo delle cose carine o interessanti da condividere. Una scelta ecologica… Infine grazie a tutti quelli che hanno e avranno la voglia di dedicare tempo alla nostra musica, che è la cosa più gratificante che si possa desiderare. Ormai è tutta facilmente accessibile anche gratuitamente, non avete scuse! Soprattutto grazie a te, Daniele, per questo spazio e per l’attenzione che hai dimostrato nei nostri confronti. E quando tornate a casa, date una carezza ai vostri animali.


Intervista a cura di John Preck

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