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DARKTHRONE "Eternal Hails......" (Recensione)


Full-length, Peaceville Records 
(2021) 

Il primo ascolto del nuovo album di una delle band che hanno scritto la storia di un genere musicale, e che ormai trent'anni or sono ne hanno determinato la nascita, richiede sempre una preparazione psicologica adeguata e una totale alienazione spirituale, volta ad eliminare qualsiasi preconcetto e a ridurre in cenere la benchè misera aspettativa, aprendosi ad un nuovo capitolo della saga nella più assoluta nudità cosciente, senza pudore alcuno. Tutto questo si amplifica se il genere musicale in questione è il tanto bistrattato black metal, sorto nelle gelate terre della Scandinavia come espressione musicale del male puro e della tenebra immonda, e il progetto di cui stiamo parlando risponde al nome di Darkthrone. La band fondata nel lontano 1987 da Fenriz e da Nocturno Culto a Kolbotn, piccolo villaggio della contea norvegese di Viken, nata dalle ceneri dei deathster Black Death, è tornata prepotentemente sulla scena estrema con il diciannovesimo album in studio "Eternal Hails......", che giunge a due anni di distanza dall'acclamato "Old Star" per siglare l'ennesimo colpo in canna del duo più famoso di Norvegia, ormai da tempo sfuggente ad una qualsivoglia etichettatura stilistica ed espressione dell'essenza più primitiva ed ancestrale di un genere da cui da tempo si è musicalmente allontanato, riuscendo tuttavia a ricalcarne alla perfezione lo spirito più arcaico. I Darkthrone hanno abbandonato le loro radici da ormai molti anni, intraprendendo soprattutto a partire dal controverso disco della svolta "The Underground Resistence" del 2013 un percorso stilistico vario e complesso, unione di heavy, doom, thrash metal e quant'altro, ma ascoltando la loro ultima creazione le eco lontane e indefinite di quel genere così oscuro e dalle numerose sfaccettature ancora giungono all'orecchio attento e privo di pregiudizio. 

Sicuramente i due di Oslo sanno meglio di chiunque altro cosa voglia dire fare black metal, e a loro modo continuano a farlo pur spazziando tra le sonorità più variegate e attingendo da un'epoca di molto precedente alla sua effettiva nascita, mantenendone intatta l'atmosfera nonostante le innumerevoli divagazioni stilistiche prodotte negli anni; del resto il genio di Fenriz non ha bisogno di essere messo alla prova ed è ormai come un freddo vento nordico impossibile da controllare, che si agita furiosamente tra le chiome degli alberi durante una tempesta e talvolta si acquieta, insinuandosi tra i fili d'erba come una placida brezza mattutina. "Eternal Hails......" prosegue il percorso di riscoperta e rielaborazione da parte dei Darkthrone delle origini della loro musica, reinventando a suo modo parte della First Wave di metà anni Ottanta con qualche incursione negli anni Settanta dei primi Black Sabbath, replicando la durezza del sound e la produzione grezza dell'epoca con l'aura oscura e opprimente del black metal. Il duo ha dato vita ad un opera oscura e dannata che in cinque lunghe tracce delinea un concept mistico e surreale, raccontando di maestosi viaggi spaziali, di Universi cosmici primordiali e panorami intergalattici, perfettamente riprodotti nell'onirico artwork, opera dell'artista visuale britannico David Hardy "Pluto and Charon". Si tratta di un album che suona sporco e che risulta minimalista nel riffing e nella composizione, nonostante gli oltre otto minuti di durata media dei brani; si compone di cinque oscuri inni al puro metallo, unione dei molteplici sottogeneri che ne hanno scritto le più gloriose pagine, per una durata di quarantadue minuti che risultano sufficienti per adempiere all'intento tributario dei due, che ancora una volta non si inventano nulla nè intendono sperimentare o creare sonorità innovative, ma si fanno portatori di un'eredità musicale che attinge al passato e che rappresenta il lievito madre della loro musica, rivista nella loro personale visione annerita.

Il lavoro si apre con la decisa "His Master's Voice", che dopo una breve introduzione atmosferica si accende con un riff oscuro dai richiami speed metal e con la batteria in crescendo di Fenriz, a inseguire una ritmica thrashy molto old-school su cui si scaglia la voce sporca di Nocturno Culto; il riffing è vario e ben riuscito e spazia tra l'heavy e il thrash metal di inizio anni Ottanta, per poi assumere connotati tipicamente doom sul finale, dalle eco sinistre ed opprimenti. La ben più lunga "Hate Cloak" ha un andamento più pacato e ipnotico, con un orecchiabile main-riff heavy/doom da cui si sprigiona un assolo lento e disturbante, prima della cavalcata centrale dalle eco oscure e gelide, ereditarie di un ancestrale black metal. "Wake of the Awakened" rappresenta uno degli apici del lavoro, con un andamento deciso dal riffing oscuro e dal cantato sofferto di Nocturno Culto, che alterna pasaggi tetri e atmosferici in puro stile black/doom a decise riprese thrash/speed, galleggiando in tumultuose acque oscure che decantano un abisso primordiale, teatro di orrori antichi come il l'Universo. "Voyage to a Northpole Adrift" è il brano più lungo e riuscito della release, che nei suoi dieci minuti di durata risale dal lugubre heavy/doom di apertura al deciso mid-tempo della seconda parte, guidato dalla cavalcante batteria di Fenriz; il brano si accende con un assolo tecnico dai richiami progressive di Nocturno Culto, che segue sfumando rallentate armonie prog rock anni Settanta duettando con una crescente batteria. 

Chiude il lavoro "Lost Arcane City of Uppåkra", ispirata all'omonimo centro politico e religioso svedese dell'età del ferro, sede di un antico culto pagano in seguito profanato e distrutto dal cristianesimo: il brano è un progressivo crescendo dal doom dalle tinte hard rock iniziale, passando per l'accelerazione in stile heavy centrale, fino al maestoso crescendo del finale, aperto da un lugubre passagio acustico su cui si alzano eco atmosferiche dai contorni space/ambient, che assumono poi un'aura carica di epicità e di influenze prog rock che concludono l'album, spiazzando l'ascoltatore e replicando perfettamente l'oniricità dei testi. I Darkthrone ancora una volta stupiscono per la loro capacità di sfuggire agli schemi e di inseguire le sonorità più disparate, senza preoccuparsi troppo del risultato finale: "Eternal Hails......" è un lavoro compatto e sincero, concreta espressione dell'attitudine di Fenriz e Nocturno Culto di suonare in modo semplice ed efficace, attingendo dalle loro origini musicali senza mai strafare. L'album risulta scorrevole e molto ispirato nel riffing, talvolta incalzante e in altri momenti tetro e sinistro, con un approccio tipicamente old-school che lo rende uniforme e dannatamente oppressivo. Non siamo di fronte a un capolavoro, questo è chiaro, nè ad un album dello stesso livello del suo predecessore, ma è comunque la conferma che i Darkthrone hanno ancora qualcosa da dire in ambito musicale e che continuano a sfornare album in linea con la loro attuale visione strumentale. 

Chi continua ad aspettarsi da loro un ritorno alle atmosfere aggressive del loro debut o ai diabolici riff di "Transilvanian Hunger" probabilmente dovrebbe smettere di ascoltare i loro nuovi lavori, o almeno non dovrebbe sorprendersi di scoprire in essi ciò che i Darkthrone sono e vogliono essere adesso, anzichè ciò che furono allora, ormai moltissimo tempo fa. 

Alessandro Pineschi
Voto: 80/100

Tracklist:
1. His Master's Voice 07:17 
2. Hate Cloak 09:16 
3. Wake of the Awakened 08:24 
4. Voyage to a North Pole Adrift 10:01 
5. Lost Arcane City of Uppakra 07:02 

DURATA TOTALE: 42:00

Line-up:
Fenriz: Drums, Bass, Vocals (additional), Guitars (additional), Lyrics
Nocturno Culto: Vocals (lead), Guitars (lead), Bass

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