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PRIMORDIAL "How It Ends" (Recensione)


Full-length, Metal Blade Records
(2023)

I Primordial, per chi non lo sapesse, sono un gruppo irlandese attivo esattamente da trent’anni e che, con questo “How It Ends” giungono a quota dieci album, senza contare ep e live album vari, e mantenendo quasi tutti i membri della formazione originaria (e questo è un traguardo non da poco, a mio avviso). Da sempre fautori di un celtic folk misto ad elementi black, i nostri portano avanti un discorso musicale che li ha portati a sviluppare uno stile ed un discorso musicale assolutamente personali, che puntano molto, a livello lirico, sulla perdita dei valori passati e sul legame con la propria terra. E la voce di A.A.Nemtheanga riesce ad incarnare pienamente quanto espresso dai testi, riuscendo ad esprimere, al testo stesso, tristezza e rabbia. 

La loro evoluzione ha raggiunto il picco in quei capolavori che rispondono ai nomi di “The Gathering Wilderness”, “To The Nameless Dead” e “Redemption At The Puritan’s Hand”. Poi, qualcosa ha iniziato a non funzionare. Nei dischi successivi ed in questo la loro ricerca sonora si è fermata e si sono assestati su uno stile che li rende sì riconoscibili ma che, al tempo stesso, tende a diventare ripetitivo. Il che non sempre è un male: tanti gruppi hanno creato uno stile loro e da lì non si sono piĂ¹ mossi ma hanno continuato a pubblicare album con canzoni convincenti. 

I Primordial, a mio avviso, negli ultimi albums non sono riusciti a ripetere quanto fatto in passato e le canzoni risultano spesso poco incisive ed ispirate. E questo è quello che accade anche qui. Se la opener/title track si presenta convincente sotto tutti i punti di vista, con un songwriting di ottima fattura, la successiva “Ploughs to Rust, Swords to Dust” non riesce a ripetere quanto di buono fatto nella traccia precedente, risultando fiacca e monotona. E questo problema si ripete un po’ in tutto il disco, con canzoni veramente belle, come “Nothing New Under The Sun” o “Call To Cernunnos”, miste ad altre molto sotto tono, come “All Against All” (forse la peggiore mai composta dalla band). Pur avendoli adorati in passato, devo essere obiettivo e dire quello che penso di questo disco. 

E quello che penso è che si tratta di un disco riuscito solo a metà, che, a differenza dei capolavori citati, finirà per essere dimenticato abbastanza in fretta. Ed è un peccato che un gruppo un tempo valido abbia fatto questa fine.

Recensione a cura di Marco "Wolf" Lauro
Voto: 60/100

Tracklist:

1. How It Ends 
2. Ploughs to Rust, Swords to Dust 
3. We Shall Not Serve
4. Traidisiúnta 
5. Pilgrimage to the World's End 
6. Nothing New Under the Sun 
7. Call to Cernunnos 
8. All Against All 
9. Death Holy Death 
10. Victory Has 1000 Fathers, Defeat Is an Orphan

Line up:
PĂ³l MacAmlaigh - Bass
CiĂ¡ran MacUiliam - Guitars
A.A. Nemtheanga - Vocals
Simon O'Laoghaire - Drums

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