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QUIET RIVER "Echo Chamber" (Recensione)


Full-length, Broken Bones Promotion
(2023)

Underground. Non serve che spieghi il significato del termine ma, date la sua espansione e varietà, non mi sorprenderebbe se prima o poi lo si iniziasse a chiamare Underworld. Slam, Brutal Slam, Brutal Death, Power Violence, Pornogore, Noisegrind, ecc.: l'elemento comune a tutti questi generi è il loro essere così estremi che, in alcuni casi, anche parlare di loro in termini di "musica" risulta quasi fuorviante (ad esempio, "You Suffer" dei leggendari Napalm Death potrebbe essere considerata come una vera canzone, o servirebbe una nuova nomenclatura? Ai posteri...). 

Eppure, tutti loro riescono ad aprire una breccia nel cuore di chi non si fa scrupoli ad uscire da territori sicuri. Eppure, dall'Underground provengono anche idee che mescolano quegli estremismi a musicalità al di fuori. E' il caso della band italiana Quiet River, il cui compositore e mastermind, con il suo debutto "Echo Chamber", realizza un album che mescola Iron Maiden, Finntroll, Black Metal e, perché no, anche un pizzico di Power Metal. L'album si presenta con una durata di quasi 32 minuti, fattore sicuramente positivo che rende l'ascolto fluido e sostanzialmente privo di tempi morti. Non appena parte l'intro "Switch On", lampante è l'influenza maideniana: i riff riportano prepotentemente alla mente le loro sonorità, che continuano imperterrite con la prima e propria canzone del lotto, "Octane Overload". Proprio quest'ultima, insieme a "Under The Spell" e la penultima "Mirage" rappresentano a parere di chi scrive le migliori composizioni. 

Le vocals, che a un primo ascolto risultano di volume più basso delle parti strumentali, dopo ulteriori ascolti invece risultano ben inserite nel contesto donando la sensazione, specialmente in "Under The Spell", di ascoltare un druido intento ad esercitare un rituale all'interno di una grotta. Lodevole è inoltre l'aver inserito delle sezioni strumentali all'interno di ogni brano, fattore che denota un certo amore per l'atto stesso di scrivere musica. Sfortunatamente, la perfezione non è, come si suol dire, di questo mondo. Le su citate influenze maideniane risultano ingombranti in più frangenti e le parti strumentali sono sì benvenute, ma avrebbero tratto sicuro giovamento da una maggiore varietà (magari con l'inserimento di qualche piccolo inserto orchestrale, che avrebbe donato un sapore più corale ed "epico" al tutto). Tuttavia, chi scrive consiglia sicuramente quest'album agli estimatori delle band citate e a chi cerca un ascolto, come detto, fluido e senza tempi morti. Magari in compagnia di un druido. 

Recensione a cura di Sergio Rubino
Voto: 70/100

Tracklist:
1. Switch On
2. Octane Overload 
3. Danger Zone 
4. Under The Spell 
5. Quiet River 
6. Agony and Glory 
7. Mirage
8. Switch Off

Line-up:
Luke Vincent - vocals, drum programming, songwriting
A. T. Merico - bass
R. R. Littorio - guitars

Links:
Bandcamp
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