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While Sun Ends “The Emptiness Beyond”

Full-length, Self-released, 2011 
Genere: Death/Progressive Metal

Dopo un demo, “Exile”, uscito nel 2008, questi bergamaschi pubblicano nel 2011 il loro primo album autoprodotto, ovvero questo “The Emptiness Beyond”. Al di là delle definizioni che la band stessa si attribuisce (death/progressive metal), che potrebbero essere anche calzanti volendo, qui ci troviamo di fronte un disco a mio parere che mette in risalto alcuni aspetti così riassumibili: la band ha buone potenzialità, espresse soprattutto con una duttilità nel proprio sound, tale da farli passare da parti aggressive sottolineate dalla voce graffiante della singer Serena Caracchi, ad altre più aperte, con le chitarre che si dilatano e dove anche qui la voce cambia pelle e diventa pulita, malinconica.
A mio avviso è proprio nelle parti più riflessive e con voce pulita che la band fa intravedere tutto il potenziale ancora non pienamente espresso.

Certe soluzioni potrebbero addirittura rimandare a bands come i Deftones o addirittura rimandi ai Meshuggah (e al post-core in genere), con chitarre compresse e ritmiche scarne e a volte “scomposte”. Ma questi spiragli sono spesso alternati a quella che è la loro base principale, ovvero un death metal di stampo tecnico che non convince però appieno. Ad esempio io seguirei l’esempio di canzoni come “Reminiscenze”, per me è quella la via che i While Sun Ends devono percorrere maggiormente in futuro. Anche perché onestamente alcuni riff di stampo death made in Florida mal si sposano con questa voglia di andare oltre. E poi la voce della singer non risulta propriamente a suo agio nelle parti aggressive, cosa invece del tutto diversa nelle parti più “aperte”, dove troviamo belle melodie e buona interpretazione.

Dico che anche la registrazione seppur non male penalizza soprattutto l’operato della voce e ovatta un po’ tutto, ma non è una critica la mia, so cosa vuol dire pagare uno studio di registrazione e soprattutto far capire a chi sta dietro il mixer che tipo di sound si vuole ottenere. In questo senso la band ha poche colpe.
In definitiva un gruppo che ha la stoffa per dire qualcosa di veramente originale in un panorama piatto come una tavola da surf. Serve solo maggiore consapevolezza nei propri mezzi e inquadrare bene la via da seguire, partendo proprio da un netto taglio del cantato rabbioso, che ne esce maluccio e un incremento della loro vena più sperimentale. Questa è la mia umile opinione. Gruppo comunque interessante e da rivedere in futuro per capire la loro evoluzione.

Recensione a cura di: Sergio Vinci “Kosmos Reversum”
VOTO: 64/100

Tracklist:
1. Last Moments
2. The Stage
3. Reminiscence
4. Winter
5. Self Made God
6. Concubine
7. Sarvar
8. No Door Room

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