BLUT AUS NORD "Memoria Vetusta III: Saturnian Poetry"
Full Length, Debemur Morti Productions
(2014)
I Blut Aus Nord sono, insieme ai Deathspell Omega, i rappresentanti più conosciuti del Black Metal sperimentale (o Avantgarde dir si voglia) francese; nati come one-man band del polistrumentista Vindsval con il nome "Vlad" ad inizio anni novanta, dopo la pubblicazione dei due demo In The Mist del 1993 e Yggdrasil del 1994 il progetto cambia nome in quello attuale.
Inizia la pubblicazione di vari album che toccano vari aspetti e stili del Black Metal con un' insolita variazione che sin da subito caratterizza la band, ma sarà con "The Work Wich Transforms God" del 2003 che il nostro si farà notare come artista sperimentale grazie alla commistione di Industrial, Dark Ambient e Black Metal meccanico, in un suono disumano e dissonante che molti assoceranno per lungo tempo al gruppo. In realtà si tratta di una delle molte facce dell' enigmatico musicista francese, che già in precedenza con "Memoria Vetusta I: Fathers Of The Icy Age" del 1996 aveva intrapreso una trilogia votata a melodie epiche e malinconiche dal sapore grandioso ed operistico, la quale era continuata molti anni dopo con "Memoria Vetusta II: Dialogue With The Stars" del 2009, che aggiungeva connotati progressivi e psichedelici di tipo cosmico con tastiere sognanti ed eteree, arricchendo ancora di più il suo suono.
Nel frattempo la trama si è fatta fitta, tra la serie "777" composta da tre uscite sperimentali che univano pulsioni industriali e dissonanti con parture melodiche, e quella sotterranea "What Once Was..." più selvaggia e contaminata con un Black/Death primordiale; sono anche usciti in poco tempo due EP, l' ultra limitato "Debemur MoRTi" che con due tracce inedite vicine all' Industrial Black Metal e una cover dei Pitchshifter celebrava la centesima uscita e il decennale della label legata al gruppo, e il grandioso SPLIT con P.H.O.B.O.S, gruppo Industrial/Doom francese, "Triunity" che presentava una nuova formazione dove un drummer fisico, il livornese Gionata Potenti alias Thorns, sostituiva le tipiche drum machine della band, in un suono più organico di grande effetto, che manteneva però intatte le dissonanze avvicinando i nostri in alcuni frangenti ai colleghi Deathspell Omega. E' chiaro quindi come fosse molta la curiosità per la direzione che il progetto avrebbe preso dopo questa raffica di uscite diverse tra loro, e come la presenza del nuovo batterista fisico avrebbe influito sull' evolvere sul loro suono. Ora la risposta è qui davanti a noi: "Memoria Vetusta III: Saturnian Poetry" è il nuovo tassello della lunga e convulsa discografia del gruppo francese, nonché conclusione della saga melodica che è durata con le tre uscite sparse el tempo quasi vent'anni. L' Industrial viene quindi messo da parte, e si ritorna alle origini, ovvero un Black melodico, arioso e sinfonico ricco di tastiere, ma anche di cavalcate fredde e classiche dal sapore atavico e misterioso, che crea affreschi sonori carichi di un' atmosfera onirica e surreale che trascina l' ascoltatore in mondi lontani e allo stesso tempo vicini, rappresentazioni di legami ancestrali e criptici che hanno sede nell' animo. La formazione vede qui Vindsval alla voce, chitarre, e Thorns alla batteria, almeno tra i musicisti dichiarati, ma è facile credere che anche il fido W.D. Feld e forse anche il bassista Ghöst abbiano partecipato in qualche misura, data la presenza delle tastiere all' interno delle composizioni (purtroppo non è mai molto chiaro negli album dei nostri chi davvero ha fatto cosa, essendo principalmente il progetto di Vindsval); si può non citare inoltre l' artwork stupendo ad opera di Necrolord, ovvero lo svedese Kristian WÄhlin, storico autore della copertina di "In The Nightside Eclipse" degli Emperor, nonché di molte altre uscite storiche di Dark Tranquillity, At The Gates, Dismember. Dissection, Dark Funeral, e molti altri. Esso completa perfettamente l' opera e si lega alla musica con la sua bellezza crepuscolare e malinconica.
Dopo l' intro Ambient costruita su tastiere spettrali ed eteree "Prelude", dal sapore solenne e tristemente delicato, l' album ci accoglie con le grandiose raffiche fredde e sature di melodia atonale di "Paien" sulle quali si distribuisce la doppia cassa serrata di Thorns e le vocals in screaming maligno di Vindsvall; le variazioni però sono dietro l' angolo, con cori puliti ed esercizi tecnici di batteria con rullanti e rallentamenti cadenzati, dove si districano grandiosi arpeggi dissonanti sviluppati in giri circolari e dove fanno la loro comparsa le tastiere oniriche, per un songwriting complessivo struggente che tra corse e rallentamenti offre un Black Metal melodico rigoroso nei suoi ritmi e che riesce ad evitare ogni pomposità eccessiva, creando vera emozione nell'ascoltatore grazie alle melodie notturne ricreate anche tramite assoli sognanti dal sapore progressivo. "Tellus Mater" prosegue in grande stile con la sua cavalcata frostbitten in pieno stile "second wave", ricca di momenti melodici e supportata dalla fida doppia cassa, che si evolve in colpi serrati che si legano perfettamente con le chitarre discordanti e con lo screaming ancestrale; assoli appassionati strutturano e prolungano la linea melodica in un gioco avvincente che coniuga potenza ed atmosfera in un Black classico, ma allo stesso indiscutibilmente legato al suono dei nostri grazie al gusto per l' atonalità e le scale in crescendo, con tastiere epiche in sottofondo percepibili nell' andamento incalzante e sognante. La lunga "Forhist" ci accoglie con melodie dissonanti e beat serrati in un suono che ci coglie ad azione inoltrata, con un corsa selvaggia e pregna di sentite atmosfere, dove si staglia lo screaming di Vindsval, e dove grazie a grandiosi arpeggi si instaura un epico crescendo emotivo che richiama i primi Ulver e gli Emperor, quest' ultimi però in una chiave molto più intima che gioca più su implosioni che su esplosioni; verso i tre minuti una pausa progressiva anticipa un bellissimo fraseggio onirico e delicato che fa da ponte sonoro verso la ripresa della corsa dissonante iniziale e degli assoli stridenti e melodici, in un grande impatto aumentato dai cori sacrali in sottofondo che sottolineano le scale dissonnati dei giri di chitarra, in un crescendo costante che da prova del songwriting articolato raggiunto dai nostri negli anni, qui legato alla tradizione, ma capace di distinguersi, come nell' improvvisa corsa fitta del settimo minuto con buzzsaw vorticante e doppia cassa, dove lo screaming si riempie di riverbero in un momento Black perfetto anche questa volta supportato da tastiere e melodie atonali sviluppate in arpeggi tecnici.
La seconda parte del disco ci assalta subito con una nuova corsa vorticante con drumming pestato e chitarre in loop, ovvero "Henosis", senza naturalmente far mancare le melodie atonali e prolungate dei freddi movimenti di chitarra, veri protagonisti dell' album e perno della struttura dei brani; il crescendo ottenuto è sempre costante e sottolineato da cori in voce pulita epici che non fanno altro che dare ancora più spazio all' atmosfera grandiosa che domina il pezzo, in un madrigale crepuscolare dalle melodie straziate ripetute in loop in tremolo ossessivi che ipnotizzano l' ascoltatore. Un particolare plauso va a Thorns che si dimostra un perfetto professionista grazie alla capacità di aprirsi a parti tecniche che però non distraggono dall' andamento generale del brano evitando virtuosismi inutili, sapendo anche pestare duro in una martellante doppia cassa; le chitarre discordanti mantengono il marchio di fabbrica del gruppo, mutuato però questa volta in un suono organico che rinuncia ad incubi e claustrofobie industriali in nome di un sogno epico e ancestrale che parla di mondi incontaminati e antichi, in un atavico richiamo costante. "Metaphor of the Moon" parte subito con fitte dissonanze quadrate ancora più marcate che incalzano l' andamento e lo rendono più tagliente, mentre il drumming in doppia cassa sovrasta il tutto insieme allo screaming gorgogliante, in una nota decisamente più sinistra rispetto ai pezzi precedente, che però non rinuncia a melodie atonali, qui dal gusto più "meccanico", ma sempre pregne di atmosfera malinconica, ampliata dalle tastiere cosmiche e dai cori puliti che mantengono alto il quoziente epico ed ammaliante, in un contrasto perfetto con i momenti più violenti ed ossessivi che si intersecano in un gioco delle parti che produce un dinamismo marcato dove viene toccato tutto lo spettro emotivo, tra loop malvagi e aperture ariose che semplicemente rapiscono l'ascoltatore. "Clarissima Mundi Lumina" conclude l' opera con tastiere spettrali e lunari coniugate con un vortice violento di rifting serrato e discordante frostbitten. che produce tempeste costanti insieme ai beat serrati del drumming; la corsa non ha soste, ma viene integrata da bellissimi cori in cantato pulito che si alternano con i ruggiti costanti dello screaming, in un andamento spezza ossa che questa volta ci colpisce con un assalto costante e cacofonico, dimostrando ancora una volta come i Blut Aus Nord amino comunque la furia delle chitarre atonali lanciate in piena corsa, perfettamente coniugata con l' elemento organico e con le sofferenti melodie che trovano spazio in epiche pause sognanti dove però la tensione è alta in un costante crescendo, che si mantiene anche nei fraseggi più tecnici, supportata anche dalla doppia cassa costante e che non perde mai di presa. La lunga coda finale raggiunge l' apice epico in un loop atonale e glaciale che prosegue a ripetizione bombardato dalla parte ritmica e sottolineato da tastiere eteree in sottofondo, scemando man mano in una digressione che conclude in maniera impeccabile il pezzo, e l' opera nella sua totalità .
"Memoria Vetusta III: Saturnian Poetry" non è solo un perfetto completamento di una trilogia, non è solo una dimostrazione di quanto negli anni il progetto sia maturato, e sia ora pronto a ritornare in versione aggiornata al suo primo suono arricchendolo, ma è semplicemente uno degli album Black Metal più belli degli ultimi anni: epico, freddo, veloce, melodico e allo stesso tempo graffiante e potente, sa essere grandioso senza strafare, progressivo nella lunghezza dei brani e negli andamenti, senza annoiare o essere prolisso, essere violento e allo stesso tempo delicato, senza indugiare troppo ed eccedere nelle pause, e soprattutto sa essere un album Black Metal melodico ed epico che usando i canoni del genere costruisce un' atmosfera veramente sentita e non tocca mai il cattivo gusto e non snatura il suo suono in favore di elementi commerciali o pacchiani. Qualsiasi pronostico su come proseguirà la carriera del gruppo, o meglio progetto, è inutile: non sappiamo se la batteria umana rimarrà , se verrà esplorato ancora il Black più "convenzionale" (virgolette d' obbligo più che mai), o se torneremo nei territori del Black industriale futuristico e claustrofobico; l' unica cosa certa è che questo è uno dei momenti più alti della loro lunga esistenza, e se nel breve, o nel lungo tempo, rivisiteranno questo suono, magari anche ampliandolo ulteriormente e proseguendo la propria evoluzione tecnica, avremo un capolavoro incontrastato del genere che sarà un classico al pari dei mostri sacri vecchi e moderni. Per ora "accontentiamoci" di questa perla che conferma il 2014 come un anno di grazia per il Metal estremo.
Recensione a cura di: Davide Pappalardo
VOTO 97/100
Tracklist
1. Prelude 01:22
2. Paien 07:55
3. Tellus Mater 06:20
4. Forhist 08:56
5. Henosis 07:28
6. Metaphor of the Moon 08:12
7. Clarissima Mundi Lumina 08:27
DURATA TOTALE 48:40
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