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CULT OF LUNA / JULIE CHRISTMAS - Mariner (Review)

Full-length, Indie Recordings
(2016)

“Alla fine di Vertikal, ci elevammo dal freddo clangore della città meccanica e levammo lo sguardo verso le stelle. Ci perdemmo nella grazia che incutevano e pensammo che forse, la risposta , si potesse trovare lassù”.
Questo l'incipit che da il via a “Mariner” dei Cult Of Luna che, con il supporto d'eccezione rappresentato dalla figura esile ma complessa di Julie Christmas, ci invita a percorre i tortuosi meandri di un caleidoscopico e straniate viaggio interiore.
I Cult Of Luna sono l'astro più brillante della scena Post-Metal europea e forse, a tutt'oggi, la più longeva e duratura formazione stabile in un universo mutevole e frammentato quale è la scena alternativa del vecchio continente. Svedesi di nascita, ma praticamente realtà a livello mondiale, ritornano con un lavoro che dal mio punto visto alzerà di nuovo l'asticella dello standard qualitativo futuro dello stesso genere / movimento. Questo anche grazie all'apporto / complicità dell'ospite al microfono, l'americana Julie Christmas, (cantante degli Out of Babies e presente in super-gruppi come Battle of Mice e Spylacopa), che il suo supporto impreziosisce e completa “Mariner”su vari livelli, sia di approccio alla materia che nell'organicità d'insieme.

Versione al femminile più torbida ed umorale di Chino Moreno, la nostra Julie si integra perfettamente nelle spesse chitarre affilate e e tra le mura di suono solido dei Nostri, e arricchisce di aulico phatos la struttura complessiva, bilanciandosi perfettamente con l'ugola acida di Klas Rydberg. Visionari ed apocalittici come pochi, i Cult Of Luna ricreano con lucida e disarmante amarezza, tutto il peso delle nostre coscienze apatiche e narcotizzate della moderna società post - industriale e, con chirurgico e gelido zelo, ci sezionano l'anima con blocchi di riff pesanti ed asettici a cui nulla vi è rimedio, se non sbarrare gli occhi di fronte all'inevitabile fallimento di ogni possibile speranza nel futuro.“Mariner” vira verso le stelle e lo fa con la brutale consapevolezza che non v'è più nulla da salvare quaggiù. Tutto è destinato al fallimento, tutto è destinato alla rovina. Restano solo gli echi di una razza morente, la nostra, che è obsoleta a sé stessa, quindi vuota di significato e sterile di prospettive.

“A Greater Call” è l'inizio del viaggio dicotomico nella sua disperazione e languide promesse, ed è supportata da “Chevron” in cui gli arzigogoli vocali di Julie si fanno beffe della forma- canzone canonica e si lanciano in pirotecnici vocalizzi supportati da una sezione ritmica di puro cemento. “The Wreck of S.S. Needle” è anch'essa in risalto da linee vocali femminili e maschili liquide, in cui Post -Metal, Doom, e Post-Rock si fondono e si rincorrono per quasi 10 minuti di canzone. “Approaching Transition” eterea e intima, ci proietta su mondi sconosciuti ma privi di gioia, freddi, senza vita, pallidi come dei satelliti bagnati da soli spenti e dimenticati. Siamo alla fine del viaggio: “Cygnus” - traccia progressiva e dilatata di quasi 15 minuti, in cui si ha l'incedere industriale e psichedelico - sembra quasi suggerire che forse la risposta non è lassù, ma è sempre stata dentro di noi, in qualunque universo ci vogliamo nascondere od esplorare. Disco difficile, spigoloso e raffinato, è, dal mio punto di vista, il degno successore di “Vertkal”, e non mancherà di dividere l'opinione dei molti sui Cult Of Luna, per me assolutamente vincitori e sotto certi aspetti, giustamente superiori alle critiche becere di pochi. Complimenti!

Recensione di: D666
Voto: 85/100

Tracklist:
 
01. A Greater Call 8:19 
02. Chevron 8:53 
03. The Wreck of S.S. Needle 9:33 
04. Approaching Transition 12:59 
05. Cygnus 14:50
DURATA TOTALE: 54:36

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