Vuoi qui il tuo annuncio? Scrivi a: hmmzine@libero.it

GOAT VOMIT NOISE - East Coast Annihilation (Review)

Full-length, Independent
(2015)
Il power trio anconetano Goat Vomit Noise giunge al traguardo del primo full-length soltanto ad un anno di distanza dal proprio demo inaugurale, GVM, del 2014. Il Conero non è tra le culle storiche del black metal italico, ma i nostri non hanno timore a proclamarsi alfieri di sonorità maligne e attitudine intransigente. 
La proposta dei GVM è un black metal ad ampio spettro, per loro stessa ammissione influenzato dai mostri sacri scandinavi, albori del thrash metal tedesco, black metal latino-americano (Inquisition su tutti) e black-death metal statunitense. Il tutto confezionato in una produzione volutamente rozza ma ad ogni modo definita.

"East Coast Annihilation" è un lavoro ambizioso, di considerevole durata - oltre cinquanta minuti – e ogni estimatore del genere sa quanto questo rappresenti una sfida assai ardua. Come se non bastasse i pezzi sono soltanto sei, dalla durata media superiore ai sette minuti. Sono numerosi gli esempi di band estreme che scelgono di esprimersi attraverso composizioni lunghe, articolate e dalle influenze molteplici. Per rimanere in ambito riconducibile al black metal si pensi alle suites cui ci hanno abituato Negura Bunget, Oranssi Pazuzu e recentemente i cileni Missa Mortum con il formidabile "Et Lux Perpetua Luceat Eis". 
Il primo pezzo di East Coast è "Eternal Conflict in the deepest Abyss", oltre dieci minuti in cui R. Pest e soci alternano momenti di black metal granitico e ossessivo a momenti distensivi ugualmente sinistri. La successiva "Need More Ammonitions", più breve e diretta, presenta influenze teutoniche soprattutto per quanto riguarda le chitarre. "Terminal Gate of Mankind" è il capitolo più dilatato e in cui fanno capolino praticamente tutti i punti di riferimento della band, tra momenti di calma apparente, rantoli, esplosioni black death e momenti più rozzi alla Mgla. Il pezzo forse più interessante ed ispirato è la conclusiva "Introspective Deep Dark Devotion", una partenza che ricorda da vicino i migliori Marduk per poi tornare al martellamento black death cui i GVM ci hanno abituati sino a questo punto. 

Le intenzioni del terzetto marchigiano sono chiare, come le influenze e le ambizioni. Sul piano della realizzazione però non tutto torna, come è legittimo accada alla prima vera fatica discografica. Le capacità tecniche non sono in discussione, ma converrebbe optare per un percorso più definito e meno confuso. C’è tanta carne al fuoco in questi cinquanta e rotti minuti e altrettanta nelle singole tracce. L’eclettismo e il non volersi racchiudere nelle strette maglie di un genere sono ottime qualità, ma l’altra faccia della medaglia è la scarsa riconoscibilità, e quando si propongono pezzi di oltre dieci minuti, il rischio di annoiare è sempre in agguato. Mi sembra questo il caso di "Syphilitic Semen", pezzo di oltre nove minuti in cui le parti doom non suonano ispirate ma somigliano a semplici pause di attesa tra un’accelerazione e l’altra. 
Aspetto impaziente dunque R.Pest, Agares e Moloch al varco del secondo full lenght, quando avranno deciso con quale arma intendano mettere e ferro e fuoco le Marche e non solo.
Recensione a cura di: Nicola “El Mugroso” Spagnuolo 
VOTO 60/100
 
Tracklist:
1. Eternal Conflict in the Deepest Abyss
2. Need More Ammonitions
3. Terminal Gate of Mankind / Sundown Purification
4. Syphilitic Semen Urn
5. Daylight Desecrators
6. Introspective Deep Dark Devotion 

Nessun commento